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Un pozzo petrolifero in Val D’Agri

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POTENZA – «Signori sindaci, mentre la minaccia di una nuova Val D’Agri, di una nuova Tempa Rossa, di una nuova Val Basento, avanza concretamente, su quali allori pensate di dormire?».

Sono queste le parole di una lettera aperta rivolta ai sindaci del Vulture-Melfese e scritta dai rappresentanti dei movimenti “No Triv Vulture-Melfese, coordinamento No Triv Basilicata, Liberiamo la Basilicata, Rivista “Valori”, associazione “Venosa Pensa”, Collettivo “Dtutti” Venosa e La Basilicata Possibile Vulture-Melfese. L’appello è a tutti gli amministratori dell’area, dai consiglieri, ai sindaci e al presidente dell’Anci.

«Il senso dell’assedio, il sospetto della morte prossima, l’agonia che avanza sottopelle – si legge ancora nella lettera – e tutti tacciono, tutti dormono e sognano magari di fare affari, magari di vendere al nemico terre grasse e generose di frutti unici per un pugno di dollari. Signori sindaci, noi cittadini di piccole e meno piccole comunità che insieme costituiscono uno dei pochi territori urbanizzati della Basilicata, a noi che abbiamo più volte bussato, sollecitato, insistito, perché fossimo ascoltati, voi, numi tutelari, funzionari della pubblica cura, di cosa, di quale risposta, di quale rassicurazione, di quale sollecita presa di posizione, di quale azione concreta vi siete fatti carico finora? A guardar bene, negli ultimi anni, poco è arrivato da pochi di voi».

Secondo le associazioni, quindi, dopo la stagione delle lotte contro l’articolo 38 dello “Sblocca Italia”, «delle 71 delibere comunali su 131 Comuni (di cui la maggior parte di convenienza e di circostanza), dopo l’assedio dei 10.000 alla sede della Giunta regionale del dicembre 2014, è prevalso, raggelante, il nulla, da noi percepito alla stregua di un irresponsabile, indecente silenzio».

«Mentre alcuni si azzuffano su beghe di lana caprina riguardanti l’istituzione del Parco del Vulture – si legge ancora nella lettera – avete mostrato indifferenza ed apatia, se non il più piatto disinteresse pubblico, sulla pregnanza e sull’incidenza degli atti e degli scenari che sono esplicitamente richiamati dall’articolo 11 Ter della Legge 12/19, modificata dal Milleproroghe 2020, che spostava, dati i ritardi ministeriali, al febbraio 2021 il termine massimo per l’approvazione del Pitesai (Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee), mentre con la Legge 26 Febbraio 2021, n. 21, art 12-ter, i termini delle procedure di elaborazione e pubblicazione del Piano, funzionale alla sua eventuale successiva adozione, sono ora prorogati al 30 settembre 2021. Prima di allora sarà attivata la Valutazione Ambientale Strategica e quindi, limitatamente alle aree su terraferma, saranno avviati i confronti e le trattative in Conferenza Unificata Stato/Regioni/Autonomie locali».

«Agli inizi dello scorso marzo – proseguono – il neoministro Cingolani specificava che obiettivo del suo dicastero è assicurare “la collaborazione delle amministrazioni regionali” ed individuare “un quadro definito da sottoporre a Vas delle aree ove è consentita l’attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi sul territorio nazionale”. Non sapendo se al riparo da ogni tentativo di informazione e di qualsivoglia forma di coinvolgimento pubblico le amministrazioni comunali lucane avessero già deciso di agire d’intesa con i vertici regionali sul delicato terreno delle osservazioni, ci siamo preoccupati, agli inizi di marzo, di sollecitare le amministrazioni locali, perché dessero prova di un impegno incisivo ed all’altezza del compito, attivandosi in rete tra loro e di concerto con tutte le soggettività disponibili (sindacali, politiche, associative), senza dispendio di tempo ed energie, mettendo in sinergia tutte le competenze (giuridiche, di analisi economica, urbanistica, ambientale, sociale) richieste, al fine di elaborare ed inviare le osservazioni alla Valutazione Ambientale Strategica sul Rapporto Preliminare e relativi allegati. Ci saremmo legittimamente aspettati che voi sindaci vi sareste attivati entro i termini del 2 maggio per produrre le necessarie osservazioni. E invece, malgrado tutto, nulla è stato fatto a favore dell’auspicabile inidoneità del Vulture-Melfese-Alto Bradano alla disseminazione di pozzi petroliferi su un’area di 450 kmq. Se le cose stanno davvero così, signori sindaci, avete tradito il vostro mandato».

Nonostante tutto «restiamo disponibili a ritrovarci intorno a un tavolo, sperando di poter riattivare un vitale confronto a tutto campo, anche sul piano giuridico/normativo, per poter studiare insieme più sottili ed adeguate forme di opposizione, al fine di poter scongiurare che i 2/3 della Basilicata, ai tempi del Pnrr e del Green New Deal, a tempo indeterminato e con grave danno, possano cadere sotto le grinfie delle multinazionali estrattive. Dopo 100 anni di estrazioni; dopo quasi 500 pozzi certificati dalla Corte dei Conti; dopo l’inquinamento di laghi e fiumi, non bisogna escludere il ricorso alla mobilitazione delle nostre comunità, pur di fermare progetti cosi’ scellerati ed aprire la strada ad una nuova progettualità complessiva di ampio respiro, finalmente fuori dalle chimere delle royalties e dalla schiavitù del fossile».

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