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Un’immagine che mostra come ancora oggi ci siano zone di Bucaletto nel più completo degrado

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POTENZA – E’ l’emblema del dopo terremoto. Se i morti ammassati davanti la scuola elementare di Balvano rappresentano la fotografia di quella tragedia, Bucaletto è una sorta di film infinito che ricorda a tutti, i paradossi della ricostruzione.

Ne sa qualcosa Donato Vista che con la sua famiglia fu tra le prime a stabilirsi nei moduli prefabbricati.

«Non tra le prime – ci corregge – la prima». Donato lavorava alla Magneti Marelli, abitava a via Leonardo Da Vinci e nel 1980 aveva tre figli. Ricorda quei giorni concitati come se fossero ieri. «Venni ospitato per qualche tempo da mio cognato. Poi ci assegnarono una roulotte nell’accampamento nei pressi dell’ex ospedale San Carlo».
Dopo più di un anno arriva l’assegnazione di un modulo prefabbricato a Bucaletto.

«Era il febbraio del 1982. Qui non c’era nulla. Era un macello. Le strade non erano asfaltate. L’illuminazione pubblica manco a parlarne. Ricordo che molti, proprio per la situazione in cui già si trovava il quartiere, rinunciarono all’assegnazione. Si era fuori dal mondo».

Donato invece con la sua famiglia si stabilì in quel modulo prefabbricato. Un modulo che poi, nel tempo, è diventata la propria abitazione. «Dopo il periodo dell’emergenza, molte delle famiglie assegnatarie fecero ritorno nelle proprie abitazioni che nel frattempo furono ristrutturare. Ma le amministrazioni che si sono succedute a Potenza al posto di abbattere i prefabbricati che si svuotavano, li assegnarono a persone in cerca di abitazioni, ma anche a chi non aveva bisogno. Bucaletto – ricorda amaramente Vista – divenne una sorta di bacino elettorale per il politico di turno. E’ diventato un serbatoio di voti».

E così anno dopo anno da area “temporanea” ad esclusivo uso per gli sfollati, la “Cittadella” come nel frattempo la ribattezzarono, divenne un vero e proprio quartiere di Potenza con problematiche mai risolte e che ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti.

«A distanza di quasi quarant’anni – dice – di assegnatari originari del post terremoto siamo rimasti in pochi. La maggiora parte della popolazione che oggi vive a Bucaletto con il terremoto non c’entra proprio nulla».

Negli anni Donato per rendere quel prefabbricato vivibile, ha speso tantissimi soldi.

«L’unica cosa fatta dal Comune – dice – è il tetto che prima era in amianto. Il resto solo promesse mai mantenute». E poi ai politici che nel corso degli anni si sono succeduti, non le manda a dire.

«Molti si devono vergognare e non faccio distinzioni. Tutti, da quelli di allora, a quelli di adesso. Ci sono alcune aree della “Cittadella” che non sono degne di un paese civile. L’unico politico a essere onesto con noi fu Vito Santarsiero. Durante una delle sue campagne elettorali, una signora gli chiese quando avrebbe potuto avere una casa. Santarsiero fu onesto e risposte che dovevano passare ancora tanti anni. Fu almeno onesto con noi».

Il futuro del quartiere per Donato non è roseo. «Sono pessimista – dice – E ho perso la fiducia anche nella politica che non è stata in grado di fare nulla per questo quartiere». E conclude: «Ho lavorato 36 anni alla Magneti Marelli pagando sempre le tasse. Quello che vorrei è una casa popolare».

Oggi a Bucaletto ci sono circa 350 famiglie. Una minima parte sono gli assegnatari del post sisma. Il resto sono figli o parenti di vecchi assegnatari, ma anche persone sottoposte a sfratto, extracomunitari e altri in cerca di un’abitazione. Rocco Quaratino, presidente dell’associazione “Città Bella” che da diversi anni combatte per il riscatto del quartiere.

«L’amministrazione comunale attuale ha quantomeno la volontà di affrontare la situazione. Ma ci vuole tempo. Mi voglio augurare che tra qualche anno Bucaletto non rimanga un quartiere dormitorio. Ci sono – conclude – le condizioni per rilanciare l’area».

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