L'ospedale San Carlo
3 minuti per la letturaPOTENZA – Da circa un anno il San Carlo non ha più una mensa interna. Per ottimizzare i costi, infatti, sono stati esternalizzati servizi come la mensa e la lavanderia. Il servizio mensa, in particolare, è stato affidato alla ditta “Serenissima”, che si occupa della ristorazione non solo del San Carlo ma di tutte le strutture ospedaliere della provincia di Potenza, come Pescopagano, Lagonegro, Villa d’Agri.
Il servizio è diviso tra chi sta in cucina, chi trasporta il cucinato e chi, all’interno del San Carlo, distribuisce i pasti ai degenti nei reparti.
Chi lavora all’interno dei reparti del San Carlo è stato chiaramente vaccinato. La prima dose è stata inoculata lo scorso 13 febbraio, oggi verranno effettuati i richiami. Gli altri – parliamo di 12 addetti – non sono invece stati inseriti nella lista delle priorità e sono rimasti senza vaccino.
«Una decisione insensata – denunciano – perché è vero che noi lavoriamo a Tito scalo, dove ci sono le cucine. Ma è altrettanto vero che ogni giorno – a colazione, a pranzo e a cena – due di noi si recano al San Carlo per consegnare il cucinato. Siamo noi a Tito scalo a preparare i pasti, noi a imbustare. Non è una questione solo di nostra sicurezza, perché comunque ogni giorno siamo al San Carlo per le consegne. E’ anche una questione più generale che noi ci poniamo: noi non siamo considerati prioritari per il vaccino, ma mettiamo il caso che uno di noi si ammali e, per questo, a Tito scalo siano costretti a chiudere perché ci dobbiamo mettere tutti in quarantena: i pasti ai degenti del San Carlo chi li consegnerebbe?».
A gennaio – spiegano i lavoratori – il San Carlo ha chiesto alle varie ditte esterne che operano per la struttura di redarre un elenco, che i vari dipendenti hanno poi firmato. In quell’elenco c’erano anche i 12 delle cucine, ma poi «quando è arrivato il momento di vaccinarsi noi non c’eravamo. Sono stati vaccinati colleghi che erano in infortunio da mesi e che quindi non stavano lavorando, noi no. Noi siamo stati esclusi. Dopo una settimana abbiamo sollecitato la direzione sanitaria, sottoponendo il problema. Ci è stato risposto che non è che loro potevano vaccinare pure quelli che consegnavano il pane o i pacchi. Abbiamo aspettato, tutti si sono vaccinati, tutti stanno facendo anche i richiami. Ora abbiamo inviato una pec alla direzione sanitaria del San Carlo per capire quando finalmente toccherà a noi. Anche perché qualcuno ha già avuto casi in famiglia ed è molto preoccupato».
Non si è fatta attendere la risposta della direzione sanitaria del San Carlo che, attraverso il suo ufficio stampa, ha spiegato che «non si tratta di una scelta, ma di seguire delle direttive che sono nazionali. Tra l’altro è stata la “Serenissima” a fornirci l’elenco ed è l’azienda in questi casi, sempre in base a quelle che sono le direttive, a decidere chi inglobare e chi no. I vaccini vanno somministrati con cura perché non ce ne sono ancora dosi sufficienti a soddisfare tutti, ma non c’è alcuna volontà discriminatoria, anzi noi saremmo i primi a essere contenti nel caso si potessero vaccinare tutti. Il punto è che in questo momento le direttive dicono che ad avere la priorità sono quelli che lavorano all’interno della struttura sanitaria e, invece, chi cucina sta a Tito scalo. Se seguissimo logiche diverse, dovremmo far vaccinare anche tutti i nostri fornitori, sono tanti».
E nel caso in cui, in presenza di un caso positivo, le cucine dovessero essere chiuse? Chi porterebbe i pasti ai degenti dell’ospedale?
«Non c’è una logica – spiega il San Carlo – per cui alcune persone sono potenzialmente più a rischio. Ma in questo caso il problema dovrebbe risolverlo la Serenissima, è la ditta che deve continuare a garantire il servizio. Ci auguriamo che presto possano vaccinarsi tutti, ma noi ora dobbiamo rispettare le direttive».
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