Operai della Stellantis al lavoro e il governatore Vito Bardi
5 minuti per la letturaÈ scontro tra il governatore della Basilicata, Vito Bardi e la Cgil lucana sulle vicende dello stabilimento Stellantis di Melfi. Il governatore accusa la Fiom di scelta ideologica sul «no» all’accordo. Il sindacato: «Frasi gravissime e lesive per scaricare su altri il proprio immobilismo»
POTENZA – E’ scontro aperto tra la Cgil lucana e il presidente della Regione, Vito Bardi, all’indomani dell’accordo siglato a Melfi tra la direzione dello stabilimento Stellantis e le altre organizzazioni sindacali, cui non ha aderito la la Fiom Cgil (LEGGI). A innescarlo è stata una nota del governatore lucano che, ieri mattina, si è detto «contento dell’accordo tra Stellantis e i sindacati, dispiace non vedere la firma di tutte le sigle, ma sul tema si è già espresso il comunicato delle sigle firmatarie, che condivido». Ma Bardi ha aggiunto anche che «chi pretende il passaggio all’elettrico tout court e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e dell’indotto scambia la propria ideologia per realtà e prende in giro i lavoratori».
Dichiarazioni che hanno fatto infuriare gli esponenti sindacali lucani della Cgil. Immediata e durissima la reazione.
«Gravissime le affermazioni del presidente Bardi – hanno replicato in una nota congiunta Cgil Basilicata, Cgil Potenza e Fiom lucana – che si permette di entrare a gamba tesa sulle posizioni assunte dalle organizzazioni sindacali. Un intervento gravissimo, lesivo della democrazia della rappresentanza sindacale libera e autonoma. Il sindacato risponde ai lavoratori non a chi governa o ai padroni. Ancora una volta – ha aggiunto il sindacato – si scambiano volutamente posizioni di merito per posizioni ideologiche per puri fini elettorali e per scaricare su terzi il proprio immobilismo e inappropriatezza».
I segretari generali della Cgil Basilicata, della Cgil Potenza e della Fiom Cgil Basilicata, rispettivamente Fernando Mega, Vincenzo Esposito e Giorgia Calamita hanno aggiunto: «Se siamo a questo punto, la responsabilità non è soltanto della crisi congiunturale del settore automotive che è frutto di ritardi su investimenti pubblici e privati su innovazione e ricerca per la transizione, ma anche del governo regionale che ha fatto orecchie da mercante ai continui solleciti da parte della Cgil di tavoli regionali e nazionali per affrontare la questione Stellantis».
Cgil e Fiom hanno quindi sottolineato che «come ribadito più volte, non c’è nessuna ideologia nell’affermare che il passaggio all’elettrico deve essere accompagnato da investimenti e nuova occupazione e non da incentivi all’esodo e da trasferte forzate che rappresentano veri licenziamenti e che, secondo i nuovi accordi, coinvolgeranno altri 1.200 lavoratori e lavoratrici, svuotando le linee produttive con un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro, di salute e sicurezza».
Per questo, quindi, secondo l’organizzazione sindacale «risultano inaccettabili le dichiarazioni di Bardi. A prendere in giro i lavoratori e l’intera regione Basilicata – hanno aggiunto Mega, Esposito e Calamita – è proprio il presidente Bardi quando afferma che la transizione comporta necessariamente degli esuberi e allo stesso tempo un accordo che svuota lo stabilimento Stellantis di Melfi e peggiora le condizioni di lavoro sia in termini di carico di lavoro sia di salario e che pertanto la Fiom Cgil non ha firmato. Accordo che i metalmeccanici della Cgil lucana non hanno firmato anche perché consente a Stellantis di proseguire con l’insourcing delle lavorazioni e le produzioni provenienti anche dalla componentistica, aumentando il rischio occupazionale».
I dirigenti sindacali della Cgil lucana rimarcano la posizione assunta al tavolo della trattativa a Melfi: «A confermare la posizione dialogante della Fiom Cgil al tavolo con Stellantis – continua il comunicato – la proposta, purtroppo non accolta, di prevedere ammortizzatori sociali conservativi in caso di esuberi al termine del contratto di solidarietà. L’ennesima dimostrazione delle intenzioni di Stellantis che persevera in una logica di efficientamento basato sulla riduzione dei costi del lavoro a discapito dei lavoratori. Una logica inaccettabile – hanno evidenziato Mega, Esposito e Calamita -, che di fatto porta a perdite di posti di lavoro in tutta l’area industriale di Melfi, a partire dall’indotto, su cui non c’è stata alcuna garanzia».
Per concludere, i tre segretari dell’organizzazione sindacale hanno citato «alcuni numeri che smentiscono una volta per tutte le chiacchiere populiste secondo cui la transizione energetica comporta inevitabilmente degli esuberi. L’Agenzia internazionale dell’energia – hanno evidenziato – stima che la rapida espansione delle tecnologie per l’energia pulita sarà accompagnata da una commisurata espansione della forza lavoro nel settore energetico, che passerà a livello mondiale da poco più di 65 milioni di oggi a 90 milioni nel 2030, tenendo conto sia dei posti di lavoro diretti nei settori dell’energia che di quelli indiretti nella produzione di componenti essenziali per le tecnologie e le infrastrutture energetiche.
L’Aie – hanno proseguito -stima quasi 40 milioni di nuovi posti di lavoro nelle energie pulite entro il 2030, che compenseranno positivamente la perdita di posti di lavoro nelle industrie legate ai combustibili fossili. Da un resoconto elaborato dal Gse-Gestore servizi energetici, inoltre, emerge che nel 2021 le rinnovabili elettriche occupano in Italia circa 14mila persone tra diretti e indiretti e quelle termiche circa 29mila. A seguito della progressiva diffusione degli impianti per la produzione di energia elettrica da rinnovabili, poi, i dati sugli occupati mostrano un incremento di circa 7mila unità tra il 2013 e il 2021. Una ricerca del Censis commissionata da Assosomm (Associazione italiana delle Agenzie per il lavoro) evidenzia che nei prossimi 3-4 anni si aprirà uno scenario che potrebbe offrire oltre 150mila nuovi posti nel settore delle energie rinnovabili».
«E allora, caro presidente Bardi – hanno concluso Mega, Esposito e Calamita – se c’è qualcuno che “scarica le conseguenze di decisioni ideologiche sui territori e sui lavoratori” non è certo la Cgil».
Al di là dei passaggi che hanno scatenato la dura presa di posizione della Cgil lucana, il governatore della Basilicata, sempre in merito all’accordo firmatonello stabilimento Stellantis, ha dichiarato che si tratta di «un altro passo verso il futuro dello stabilimento di Melfi, che non sarà privo di difficoltà ma che dobbiamo accompagnare e risolvere con il lavoro quotidiano. La Regione Basilicata farà la propria parte, come già comunicato al governo e alla multinazionale. Insieme al governo nazionale e alle altre regioni interessate, metteremo in campo una strategia lungimirante e nazionale per l’automotive.
Al parlamento europeo – ha aggiunto – è andata in onda un’altra puntata di questo film horror, con l’agricoltura italiana, meridionale e lucana aggredita dalla sinistra europea, come hanno sottolineato le associazioni di categoria. Va bene la transizione energetica, in Basilicata siamo già avanti, ma non si possono scaricare le conseguenze di decisioni ideologiche sui territori e sui lavoratori. Vale per l’automotive, vale per l’agricoltura e per tutti i settori coinvolti».
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