Le auto Stellantis prodotte a Melfi
3 minuti per la letturaPOTENZA – Ormai li chiamano “Superman e Superlady delle trasferte”. Sono i lavoratori, circa 300, che da Melfi finiscono in altri stabilimenti Stellantis, in particolare a Pomigliano d’Arco, nell’hinterland di Napoli. Partono per trasferte volontarie o “comandate” come si dice in gergo. Spesso guadagnano molto, ma non è tutto rose e fiori. Anzi. Perché «non giunge a tutti l’informazione di come vengono trattati i trasfertisti una volta giunti a destinazione e collocati sulle postazioni» fa notare chi, sia pure in forma comprensibilmente anonima, ha deciso di rompere il silenzio e di raccontare.
«Sono un dipendente/una dipendente che a differenza di pochi ho deciso, di mia volontà, di candidarmi per la trasferta a Pomigliano d’Arco e ci lavoro da ormai diversi mesi – spiega – la situazione lavorativa non è delle migliori, qui siamo trattati da Superman e Superlady del lavoro e non lo dico per vantarmi; anzi, è umiliante, mi sento sfruttato/a e non tutelato/a». Evidenzia che «ci sono trasfertisti con ridotte capacità lavorative, perché a Pomigliano lo stabilimento di Melfi manda anche dipendenti che hanno seri problemi di salute; questi colleghi obbligati alla trasferta, vengono sottoposti a visita per cambio mansione e non riuscendoli a collocare come super dipendenti sulle postazioni di lavoro, li tengono seduti per settimane come fannulloni. Siamo in trasferta, abbandonati e lontani da ogni tipo di tutela, sindacale in primis».
In proposito denuncia che «la questione trasferta a Melfi sta diventando un argomento di ricatto. Come concordato con i sindacati, l’azienda ha da consumare entro il 31dicembre 2023 le quote per l’uscita volontaria, che poco hanno di volontario negli ultimi mesi; l’impossibilità e la paura di non poter rifiutare la trasferta imposta per tanti problemi familiari e personali, porta di conseguenza al licenziamento volontario. Lo sanno bene tutti». Tornando al lavoro a Pomigliano, «le postazioni che ogni giorno ci impongono di coprire sono pesanti e insostenibili, dalle aree di preparazione alle postazioni dedicate ai trasfertisti di Melfi. Un trattamento che non meritiamo – racconta con amarezza -, anche Melfi ha ospitato trasfertisti di tutti gli stabilimenti del gruppo quando ne aveva bisogno e mai, dico mai, sono stati riservati trattamenti del genere. Durante le attività lavorative siamo costantemente supportati ed aiutati dai “team leader”, a dimostrazione che i tempi delle lavorazioni richieste, sono al di sopra delle normali tempistiche lavorative; non stiamo lavorando, ci stanno massacrando. Alcune settimane fa una collega è stata soccorsa sulla postazione di lavoro e si è reso necessaria l’intervento dell’ambulanza; un’altra collega si è accasciata piangendo e le sono venute le convulsioni, tanti altri non resistono e fanno malattia».
«Ci troviamo in uno stabilimento che è organizzato su tempistiche anomale – prosegue il racconto -.Dico questo perché, in caso di sostituzione di un trasfertista di Melfi, vengono inseriti due dipendenti di Pomigliano, cosa ormai nota anche ai nostri coordinatori “impiagati”; infatti con i trasfertisti di Melfi sono partiti anche due coordinatori impiagati, che avrebbero il compito di gestire eventuali nostre problematiche ma non fanno nulla. Inutile parlare di tutele dei sindacati; li interpelliamo per i continui disagi, il più delle volte ci sentiamo dire che l’alternativa è il contratto di solidarietà o che comunque ci pagano 2.400 euro di trasferta. Forse, per rendersi conto, ci vorrebbero sindacalisti in trasferta obbligata. Sì, è vero, ci sono mesi che in busta paga prendo, tra soldi della trasferta e lo stipendio, importi di 3.550 euro ma pure mesi che percepisco in busta paga 700 euro perché non effettuano la chiusura della trasferta nei tempi stabiliti. Ma, per fortuna – conclude – il mio rientro è ormai alle porte».
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