La manifestazione unitaria dei sindacati lo scorso 22 maggio davanti ai cancelli di Melfi
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MELFI (POTENZA) – «Gigafactory»: dimenticate la Cig (almeno si spera) perché la parola chiave nel futuro di Stellantis (e di Melfi) sarà questa. L’ipotesi della fabbrica di batterie quasi sicuramente in Italia e auspicabilmente in Basilicata inizia già ad affacciarsi nelle analisi e nelle dichiarazioni degli attori di una vertenza estenuante che mercoledì prossimo avrà un altro step in occasione del tavolo automotive annunciato dal ministro Giorgetti e allargato a tutto l’indotto.
UNA PAROLA
Una parola – gigafactory, appunto – e 5 numeri delineano l’orizzonte dello stabilimento lucano. Partiamo dalla prima, e dalle dichiarazioni di Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, all’ultimo tavolo con Stellantis, dove è emerso che «le auto elettriche impiegheranno la metà del personale» e dunque «il settore perderà manodopera, ma altri ne chiederanno di più, come le gigafactory per le batterie» che «dovranno essere naturalmente fatte in Italia».
Ribadendo che «l’automotive e il ruolo di Stellantis sono un po’ il cuore della politica industriale del paese» e rivestono «un valore strategico sia in termini di fatturato, sia in termini occupazionali», il titolare del Mise ha ricordato che «l’azienda ha preso degli impegni». E qui veniamo alle cifre.
CINQUE CIFRE
I 5 miliardi di investimenti annunciati dal nuovo gruppo nato dalla fusione Fca-Psa sono il numero su cui non a caso anche il senatore lucano Pasquale Pepe – leghista come Giorgetti – ha posto l’accento nelle dichiarazioni moderatamente ottimistiche sulla svolta annunciata da Stellantis.
Ma, al di là delle cifre feticcio, ce ne sono altre che turbano i sindacati: le 4 nuovi modelli full electric annunciate per il 2024 e una nuova capacità produttiva di 400mila vetture annue con l’organizzazione in 20 turni settimanali, anzi 19,5: «Poi ci spiegheranno cosa significa» ha ironizzato l’Usb, il sindacato forse più scettico, aggiungendo che «una sola linea, per quanto maggiorata, non potrà mai produrre 400mila auto all’anno» mentre sul fronte occupazionale «ci saranno ben più dei 700 esuberi strutturali annunciati» (quinta cifra).
SUD CONTRO NORD?
Si profila anche una sfida a colpi di innovazione tecnologica: se Giorgetti ha puntato «sull’impianto tecnologicamente più avanzato di Stellantis in Italia, che sarà destinato per primo a quello che è il trasferimento tecnologico per la produzione di macchine elettriche», l’azienda «ha ribadito la vocazione territoriale, cioè la volontà di investire, seriamente anche per quanto riguarda l’innovazione di modelli su Melfi. Questo – ha aggiunto il ministro – non significa che il problema è risolto su Melfi, perché evidentemente partirà una trattativa sindacale per quanto riguarda l’organizzazione e la riorganizzazione aziendale connessa alla chiusura di una linea».
I sindacati, appunto. Le sigle lucane – che lunedì riprenderanno il confronto con la direzione di stabilimento sulla nuova piattaforma full electric – tengono alta l’attenzione su turni e ricadute occupazionali, mentre il governatore Bardi ha promesso di impegnare «tutte le energie della Regione Basilicata» in un «processo» da declinare «partendo dalla terza gigafactory europea del gruppo per le batterie: mi auguro possa vedere la luce proprio a Melfi, dato che lo stabilimento lucano dovrebbe diventare la sede della piattaforma elettrica di Stellantis».
La pensano diversamente a Torino: «La gigafactory di Stellantis per la produzione delle batterie per auto elettriche rappresenta una grande occasione in ottica di futuro, sviluppo e lavoro» ha sottolineato il candidato sindaco di centrosinistra, Stefano Lo Russo: «La scelta di collocarla a Torino, magari con una riconversione dello spazio di Mirafiori, sarebbe vincente su più fronti: oltre a trovarsi in una posizione logisticamente e geograficamente strategica, andrebbe ad inserirsi in un ecosistema pronto ad accoglierla e supportarla per permetterle di raggiungere fin da subito il suo pieno potenziale.
La gigafactory contribuirebbe a riaffermare il ruolo di Torino come uno dei poli europei dell’automotive, favorendo, sul piano occupazionale, sia l’assunzione di giovani sia la riforma delle competenze di chi è rimasto temporaneamente escluso dal mercato del lavoro. Dobbiamo dunque fare squadra e contribuire a creare le condizioni per raggiungere questo obiettivo comune, affinché la nostra Città diventi sede di questo ulteriore motore di crescita, di lavoro e di sviluppo». Ci manca solo una riedizione su quattro ruote dello scontro tra il Sud marginalizzato e il padrone sabaudo.
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