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Il procuratore di Potenza alza il tiro sulla decesso del 19enne algerino morto, detenuto al cpr di Palazzo; non è escluso l’omicidio


POTENZA – Il 19enne algerino Oussama Belmaan, morto martedì nel Centro per i rimpatri di Palazzo San Gervasio (LEGGI LA NOTIZIA), non sarebbe stato picchiato o sottoposto a maltrattamenti fisici evidenti. In attesa dell’esito dell’autopsia, ad ogni modo, gli inquirenti non escludono alcuna ipotesi, compresi «l’omicidio doloso, colposo e un atto autolesionistico». Per quanto l’ipotesi privilegiata resti l’ingestione di sostanze pericolose e l’omessa vigilanza da parte dei gestori della struttura.

Lo ha spiegato, ieri, il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, in una conferenza stampa convocata per fare il punto sulla morte del giovane maghrebino e la rivolta che si è scatenata dopo la constatazione del decesso. Con un centinaio di ospiti del centro che per tre ore hanno tenuto in scacco le forze dell’ordine dando fuoco ad alcune strutture.

LA SMENTITA DI ALCUNE RICOSTRUZIONI SULLA VICENDA DEL RAGAZZO MORTO AL CPR DI PALAZZO

Il procuratore potentino ha giustificato la convocazione dei giornalisti con la necessità di smentire alcune ricostruzioni comparse in rete e su altri organi di stampa che accreditavano l’ipotesi della morte in seguito a un pestaggio da parte delle forze dell’ordine e della somministrazione di dosi massicce di sedativi.

Una smentita «a tutela di chi gestisce questo centro, delle forze di polizia e degli ospiti trattenuti che stavano nella medesima stanza». Ha dichiarato Curcio. Per poi puntare il dito sulle prime risultanze delle indagini, dalle quali emergerebbe, ancora una volta, che all’interno del Centro per il rimpatrio di Palazzo: «non si è in linea con lo standard di sicurezza della salute che sia degno di uno Stato civile».
«Ieri – ha sottolineato il capo dei pm di Potenza – è intervenuto direttamente il magistrato e al momento del suo ingresso in un centro di quelle dimensioni c’era solo un infermiere. Nessun medico. E questo è un fatto che deve far riflettere. Perché questi centri sono necessari, ma vanno gestiti con dei criteri che garantiscano la tutela dei diritti».

IL TENTATIVO DI SUICIDIO

Curcio, che nelle prossime settimane dovrebbe lasciare il capoluogo lucano per prendere servizio come procuratore capo di Catania, ha anche evidenziato che Belmaan era detenuto nel Cpr dal 24 maggio scorso e alcuni giorni fa aveva tentato di suicidarsi ingerendo alcuni pezzi di vetro. Dopo il ricovero all’ospedale San Carlo di Potenza, però, lo avevano dimesso e ricondotto a Palazzo. In attesa di conoscere l’esito dei ricorsi contro il decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso nei suoi confronti.

Il procuratore ha ricordato le indagini condotte negli ultimi anni sulla gestione della struttura, che nelle scorse settimane hanno portato alla notifica di 27 avvisi di chiusura delle indagini. Per accuse che vanno dalla frode nelle pubbliche forniture, ai maltrattamenti, consistiti nella somministrazione forzata di psicofarmaci. Passando per la corruzione, truffa, la calunnia, la violenza privata e il falso. Pertanto ha ribadito le sue critiche a un sistema «che affida a privati la tutela di soggetti che restano titolari di diritti universali, sebbene vadano espulsi».

LE TESTIMONIANZE SULLA MORTE DI BELMAAN

Ieri sulla morte del 19enne algerino è emersa una prima, significativa testimonianza raccolta dalla Tgr Basilicata.
«Stava lì steso sul letto e c’è rimasto per circa tre ore. Poi uno che stava nella sua cella se n’è accorto e ha chiamato gli operatori, che sono arrivati dopo 20 minuti».
Così ai microfoni della Rai un altro dei detenuti nel Cpr, che si trovava nella cella di fronte a quella dove è morto Belmaan.
«Quello che è successo è disumano. Neanche i soccorsi sono arrivati subito. L’ambulanza ci ha impiegato una mezzoretta».
Stando a una prima ricostruzione degli eventi il giovane deceduto si sarebbe dovuto sottoporre a un trattamento sanitario lunedì mattina. Eppure nessuno avrebbe dato peso al fatto che non si fosse presentato in infermeria.
«In teoria su di lui doveva esserci un controllo», ha confermato Curcio, sottolineando che anche i suoi 3 compagni di cella per un certo lasso di tempo non si sarebbero preoccupati «di assisterlo o controllare le sue condizioni».
«Al punto – ha concluso il procuratore – che si può ipotizzare che l’ora della morte sia intorno alle ore 15 di ieri, ma è stata comunicata solo alle 18».

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