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Il presidio davanti al Cpr di Palazzo San Gervasio

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Continuano le proteste dopo la morte del giovane detenuto al Cpr di Palazzo San Gervasio: “Centri per il rimpatrio: chiusura subito”


POTENZA – Ieri un primo presidio organizzato da sindacati, forze politiche e varie associazioni con una cinquantina di persone. E domani ce ne sarà un secondo con gli esponenti di un lungo elenco di associazioni.
Prosegue la mobilitazione per la chiusura del Centro per il rimpatrio di Palazzo San Gervasio dopo la morte, lunedì, del 19enne algerino Oussama Belmaan. Per cause tuttora al vaglio dei pm di Potenza (LEGGI).

«Non conosciamo la storia di Belmaan Oussama, sappiamo che era solo un ragazzo di 19 anni che ha avuto l’ardire di cercare una vita migliore fuori dal suo Paese e che vedeva privata la sua libertà personale pur non avendo commesso alcun tipo di reato».
Così in una nota diffusa ieri dalle organizzazioni che compongono il Tavolo Asilo e Immigrazione: A Buon Diritto, ActionAid, Arci, Ascs, Asgi, Campagna Ero Straniero, Casa dei Diritti Sociali, Cgil, Centro Astalli, Cies, Cnca, Conngi, Drc Italia, Emergency, Europasilo, Fondazione Migrantes, Forum per cambiare l’ordine delle Cose, Irc, Italiani Senza Cittadinanza, Medici per i Diritti Umani, Medici Senzata Frontiere, Oxfam Italia, Save the Children, Simm, Re.Co.Sol., Refugees Welcome Italia, Unire.

DALLE ASSOCIAZIONI UNA SERIE DI DOMANDE DOPO LA MORTE DEL GIOVANE AL CPR

Le associazioni si domandano, in particolare, cosa è successo dopo le dimissioni del 19enne dall’ospedale di Potenza, dove lo avevano ricoverato in seguito a un tentativo di suicidio.
«Perché è rientrato nel centro? Chi ha fatto il certificato di idoneità per il suo reingresso? E chi ha vigilato sulla sua incolumità?» Si legge nella nota. «Non è la prima morte che avviene nei Cpr. Non ci sono dati ufficiali e sistemi di rilevazione trasparenti ed efficienti per fare la conta dei morti; una ricerca di ActionAid e dell’Università di Bari stima che siano 30 le persone che dal 1998 hanno perso la vita nei Cpr, fra cui, a febbraio di quest’anno, un altro diciannovenne, Ousmane Sylla, che si è suicidato a Ponte Galeria».

«Mentre notizie tragiche arrivano dalle carceri – prosegue il Tavolo Asilo e Immigrazioe -, anche nei Cpr le persone sono portate alla disperazione da un sistema di detenzione amministrativa che è un’aberrazione, uno spazio di negazione del diritto. I Cpr, gestiti da soggetti privati su affidamento delle Prefetture, sono ormai da tempo al centro di numerose inchieste e denunce per le condizioni di vita in cui le persone trattenute sono costrette a vivere e per l’assenza di qualsiasi tipo di garanzia e per i trattamenti inumani e degradanti a cui sono esposte: segregazione, violenza fisica e psicologica, sporcizia, cibo avariato, uso eccessivo di psicofarmaci. Eppure, questi luoghi continuano ad esistere. Lo stesso Cpr di Potenza – definito dal Procuratore di Potenza come un luogo non in linea con gli standard di sicurezza della salute di uno Stato civile – è oggetto da anni di inchieste sulla sua gestione».

AL CPR DI PALAZZO LA PROTESTA PER LA CHIUSURA DEL CENTRO

«Nati per “trattenere” le persone straniere irregolari fino al loro rimpatrio – concludono le associazioni -, i Cpr hanno finito per assolvere una funzione simbolica a servizio delle politiche razziste e securitarie che si sono rincorse in Italia. Al 15 aprile di quest’anno le delegazioni coordinate dal Tavolo Asilo e Immigrazione che hanno fatto accesso negli 8 Cpr attivi in Italia hanno registrato circa 550 persone che, dall’anno scorso, possono essere trattenute fino a 18 mesi. In Italia ci sono 8 Cpr, 8 aberrazioni giuridiche e sociali, 8 buchi neri in cui alle persone sono negati diritti e dignità.
Un sistema irriformabile che va abolito. I Cpr vanno chiusi, subito. Per questo ci troveremo sabato 10 agosto alle ore 11 davanti al Cpr di Palazzo San Gervasio per chiedere che tutti i Cpr siano chiusi. Che sia resa giustizia ad Oussama ed a tutte le persone che hanno perso la vita nei luoghi di trattenimento».

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