L'ex Pamafi
2 minuti per la letturaMARATEA (POTENZA) – Una denuncia che arriva proprio nel giorno in cui a Villa Nitti si discute di Sud e sviluppo. A farla uno storico sindacalista, oggi al tavolo nazionale contro il caporalato e presidente del Centro studi e ricerche economiche e socili (Cseres), Pietro Simonetti. «Capita – scrive – che mentre a Villa Nitti di Maratea esperti e scienziati discutono del futuro dell’umanesimo e del digitale alcune ruspe e pale sono impegnate a sterrare, cementificare e innalzare una struttura nella spiaggia di Santavere voluta negli anni cinquanta dall’industriale Stefano Rivetti assieme alla Pamafi, Illicini, la fabbrica tessile ed il Cristo».
«Nitti e Rivetti – continua Simonetti – erano persone diverse ma profondamente legati dalla ricerca dell’innovazione e dalla cultura del fare. Negli anni duemila, per incapacità o desistenza del fare, Villa Nitti, quasi donata alla Regione dagli eredi dello statista, apre qualche volta all’anno e in modo sporadico non avendo una gestione degna di questo nome. Ancora più grave e deprimente è la condizione della ex Pamafi ridotta dalla ventennale liquidazione governativa ad una mega discarica anche a cielo aperto».
Ma, secondo Simonetti, ancora più gravi sono i danni futuri che potranno arrivare: «sta sfumando un finanziamento Ue per la bonifica e il riuso come, “Città dell’ambiente” per un contenzioso tra i liquidatori e un ex dipendente. Lo stesso destino è stato assicurato all’ex Intesa che secondo gli acquirenti, ed progetti presentati e non attuati, doveva essere ristrutturata e diventare un attrattore, parola del tutto abusata, per convegni e attività commerciali».
Per il Santavenere, «dopo tanti passaggi di mano, alcuni immaginari, quest’anno al tempo della ripartenza e resilienza e di ripetitivi eventi festivalieri fatti in casa, una geniale idea contro l’ambiente ed il paesaggio. Una specie di piattaforma logistica di enorme dimensione da realizzare sulla spiaggia con cementificazione, palificazione e cassettone. Dove prima si usavano teli, canne e prodotti della natura è stato eretto un casermone».
La Sovrintendenza, custode primo del Piano paesaggistico prodotto negli anni Settanta per proteggere la costa dall’assalto dei cementificatori e degli speculatori dichiara di non saperne nulla e scrive a giudici e sindaco per gli interventi di rito».
E «il sindaco – continua Simonetti – uomo di casa al Santavenere, assicura che tutto dovrà essere in regola e che gli uffici preposti del Comune sono al lavoro. Continua il rito: anche di domenica ruspe, pale e cemento sono in attività per ultimare i lavori per i quali la Sovrintendenza aveva chiesto la sospensione. Si tratta di una vicenda che segnala non solo il declino dei ruolo dell’amministrazione pubblica ma anche della vorace insensibilità dell’iniziativa privata verso la cultura ambientale e della bellezza tante volte annunciate e incanalate nell’industria della reclame ma nei fatti ignorata. Vince per il momento il cemento è l’oltraggio a paesaggio».
Insomma, tante occasioni perdute e che si continua a perdere, mentre la spiaggia di Maratea, di una bellezza riconosciuta, viene aggredita.
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