La conferenza stampa dell'operazione Paride
4 minuti per la letturaPOTENZA – Armi, corte e lunghe, e chili di esplosivo in «pronta consegna».
Canali privilegiati con gruppi balcanici e albanesi da cui farsi recapitare ingenti quantitativi di droga – 2 chili di cocaina e 3 tra hashish e marijuana – in pochi giorni a seconda dei quantitativi che venivano richiesti da chi poi li avrebbe venduti su piazza. Capo indiscusso Vincenzo Porcelli di Bernalda (base logistica criminale a servizio dei clan del Materano), 47 anni ex gestore dell’hotel “La Corte” che si avvaleva dell’aiuto della moglie Susanna Ditaranto, 55 anni, conosciuta come “lady mafia” (ex compagna del boss Alessandro Bozza, trasferitosi in Basilicata da Ginosa) in quella che il Procuratore capo Francesco Curcio ha definito una vera e «propria agenzia di servizi criminali».
Agenzia di servizi criminali «tipica della camorra» che «metteva capacità organizzative e militari a disposizione di altri gruppi criminali» come il clan Scarcia di Policoro, il clan Schettino di Scanzano Jonico, il gruppo Potenza di Marconia di Pisticci e il ricostituendo clan D’Elia di Montescaglioso.
Un’ “agenzia” sgominata dal blitz, scattato alle prime luci dell’alba di ieri (LEGGI LA NOTIZIA), e che ha portato all’esecuzione di 29 provvedimenti cautelari: 8 in carcere (tra questi Vincenzo Porcelli e Salvatore Scarcia), 11 ai domiciliari (tra loro spicca Susanna Ditaranto, unica donna lucana sottoposta a sorveglianza speciale di pubblica sicurezza) e dieci obblighi di dimora.
A muovere le fila e a far funzionare questi «servizi criminali», come detto, Vincenzo Porcelli che «non svolgeva in prima persona – così il Procuratore capo, Francesco Curcio e il Sostituto della Direzione distrettuale antimafia, Anna Gloria Piccininni – né attività intimidatorie, né attentati, né smerciava droga» ma dal suo feudo di Bernalda teneva in piedi tutto.
Le indagini sono partite lo scorso ottobre. Poi a dicembre ci furono a Bernalda anche una serie di perquisizioni che portarono al rinvenimento e al sequestro di droga e armi ma anche di alcuni documenti dello stesso Porcelli su cui erano annotati nomi di persone con accanto somme di denaro che erano state loro prestate (in cambio probabilmente venivano chiesti favori più che restituzioni con tassi usurai). Un contributo importante all’inchiesta è stato fornito anche dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.
Anche grazie alle loro dichiarazioni sono emersi i collegamenti con i clan Scarcia, Schettino, Potenza e D’Elia. A riscontro anche intercettazioni e attività di “monitoraggio” delle persone coinvolte nel blitz.
Operazione “Paride” – chiamata così in onore dell’ispettore Paride Ciriello di Sessa Aurunca, prematuramente scomparso – che ha visto impegnati 150 agenti della Polizia (Squadra Mobile di Matera, diretta da Luigi Vessio, Mobile di Potenza, diretta da Donato Marano, commissariato di Melfi e unità cinofile con la copertura aerea di un elicottero del reparto volo di Reggio Calabria).
Oltre agli effetti repressivi «l’operazione ha consentito di raggiungere anche “indiscutibili effetti preventivi” – così il Sostituto della Dda, Piccininni – per la consumazione di altre gravi azioni delittuose su un territorio, quale è quello della fascia Jonica-Metapontina, caratterizzata da una recrudescenza criminale che non ha eguali in quest’area, frutto di azioni delittuose compiute con modalità e finalità di chiara matrice mafiosa».
Il clan sgominato ieri – i componenti sono accusati, a vario titolo, di traffico e spaccio di «consistenti quantitativi» di droga, detenzione illegale di armi di provenienza illecita, munizioni, esplosivi e altro – aveva esteso la sua «operatività» anche a Policoro, Scanzano Jonico, Pisticci, Montalbano Jonico, Montescaglioso, Miglionico, Calciano, Salandra e Valsinni. A Bernalda, in pratica, «convergevano anche esponenti criminali di altri territori e regioni per approvvigionarsi di sostanze stupefacenti». Ciò «a dimostrazione – così il sostituto antimafia Piccininni – della crescente centralità del territorio lucano nel contesto del traffico di droga».
Il clan si era ritagliato un ruolo di spicco riuscendo «a mantenere una vera e propria equidistanza» anche rispetto a organizzazioni come la Sacra corona unita.
Alla luce del blitz di ieri «il Metapontino si è confermato un territorio «caratterizzato da una recrudescenza criminale che non ha eguali nel distretto, frutto di azioni delittuose compiute con allarmante frequenza e tracotanza da una pluralità di gruppi criminali spesso in conflitto fra loro, con modalità e finalità di chiara matrice mafiosa».
E dall’ordinanza emergenza anche come padri di famiglia erano ridotti sul lastrico dopo aver prosciugato i risparmi per acquistare le dosi di sostanze stupefacenti. Nel corso dell’attività investigativa, condotta anche tramite la registrazione di immagini di telecamere, sono stati monitorati e riscontrati centinaia di episodi di spaccio. Tra i consumatori molti insospettabili tra cui appunto padri di famiglia. Alcuni di questi acquirenti erano addirittura arrivati, in casi estremi, a lasciare in pegno agli spacciatori le proprie carte bancomat, assegni, gioielli con rilevante valore affettivo, documenti personali e patenti di guida.
Il volume d’affari del gruppo sgominato si aggirava intorno ai 120mila euro al mese. La vendita al dettaglio si realizzava attraverso una capillare rete di spacciatori che agivano non solo nel territorio di Bernalda ma anche in altri comuni del Materano. Il gruppo era in grado di acquistare con denaro in contanti le partite di stupefacenti e di ottenere pertanto condizioni di acquisto più favorevoli sul mercato.
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