Giovanni Quaratino e la figlia Marilena
3 minuti per la letturaRegge l’accusa di peculato della procura di Potenza per servizi funebri offerti “a nero” con la ditta di famiglia confiscata, condannati Quarantino e sua figlia, Marilena.
POTENZA – Il gup di Potenza, Antonello Amodeo, ha condannato l’imprenditore potentino Giovanni Quaratino a 4 anni e 4 mesi di reclusione per peculato. Già scontati di un terzo per la scelta del rito abbreviato. Il giudice ha anche accolto il patteggiamento, per la stessa accusa, di una condanna a 3 anni e 4 mesi di reclusione per la figlia di Quaratino, Marilena.
Le indagini e le accuse
Le indagini degli agenti della squadra mobile potentina nei confronti di padre e figlia erano partite nel 2021. Dopo l’arresto di Quaratino senior, a lungo considerato tra i boss dello storico clan egemone sugli affari criminali della città di Potenza, nell’ambito dell’inchiesta “Lucania felix” sui nuovi affari della consorteria. Ad attrarre la curiosità degli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia era stato, in particolare, il tenore di vita del 74enne, già condannato per mafia in via definitiva negli anni ‘90, su cui adesso pende un’ulteriore condanna a 8 anni di reclusione per mafia, in primo grado, rimediata nel processo “Lucania felix”. Così sarebbero venute alla luce una serie di «operazioni speculative» effettuate da padre e figlia: «con investimenti, intermediazioni e compravendite di pietre preziose, anelli e orologi Rolex, di una serie di autovetture d’epoca, di lusso e di grossa cilindrata, segnatamente Ferrari, Lotus, Audi, Jaguar, Porsche, Mercedes e Oldsmobile».
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Tutte operazioni finanziate, secondo i pm, con i soldi che ricevevano per i servizi funebri resi a nero. Utilizzando i mezzi della loro agenzia funeraria e all’insaputa dell’amministratore giudiziario nominato dopo la confisca della società. Di qui l’accusa di peculato per 80mila euro di incassi in nero “tracciati” dagli investigatori. Le motivazioni della decisione verranno depositate nelle prossime settimane. Il gup, ad ogni modo, ha rivisto al ribasso la richiesta di condanna avanzata in aula dal pm Marco Marano, che puntava a più di 5 anni di reclusione. D’altra parte non parrebbero aver fatto breccia, ad ogni modo, le eccezioni sollevate dal difensore dei Quaratino, l’avvocato Gaetano Basile, in seguito alla revoca del provvedimento di confisca che era alla base dell’estromissione dei Quaratino dalla gestione della loro cooperativa funebre, “Padre Pio”. Eccezioni che con ogni probabilità verranno riproposte davanti alla Corte d’appello.
POTENZA LA DIFESA DI QUARANTINO PADRE E FIGLIA, CONDANNATI, PARLA DI «errore giudiziario»
Basile aveva parlato di un vero e proprio «errore giudiziario» il cui riconoscimento non può «non ripercuotersi sulla vicenda penale che è nata in ragione della confisca poi ritenuta illegittima e revocata». Il sequestro della coop “Padre Pio” era stato disposto nel 2009 dal momento Quaratino non sarebbe riuscito a dimostrare la provenienza legittima del capitale investito nell’impresa. Di qui l’avvio del procedimento che ha portato alla sua confisca, nel 2011. Secondo la sentenza emessa a fine febbraio dalla Corte d’appello presieduta da Lucia Casale, però, i capitali di dubbia provenienza sarebbero stati individuati in un lasso di tempo che va dal 1998 al 2002, per cui «non risultano allegati specifici elementi di giudizio idonei a riscontrare che il proposto (Quaratino, ndr) (…) abbia commesso abitualmente delitti che abbiano generato profitti e che abbiano costituito una componente significativa del suo reddito».
A giugno dell’anno scorso i pm dell’Antimafia potentina avevano ottenuto l’arresto per l’accusa di peculato di padre e figlia, che attualmente si trovano ancora ai domiciliari. In seguito all’esecuzione delle misure cautelari Marilena Quaratino era stata anche sospesa dagli incarichi all’interno del Partito democratico della Basilicata, nel quale figurava come componente della commissione regionale di garanzia.
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