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Il Centro per i rimpatri di Palazzo San Gervasio

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Marcia indietro della procura, nell’inchiesta Cpr, dopo l’ordinanza del gup che deciderà sui rinvii a giudizio


POTENZA – Via la tortura dal processo per i maltrattamenti nel Centro per i rimpatri di Palazzo San Gervasio.
Si è materializzata ieri mattina in udienza la marcia indietro della procura di Potenza sul più “scottante” dei capi d’imputazione al vaglio del gup Lucio Setola.

CPR, IL DIETROFRONT DEGLI INQUIRENTI POTENTINI


A sollecitare il dietrofront degli inquirenti potentini era stato, nella scorsa udienza, proprio il gup, recuperando i rilievi sul punto del collega Antonello Amodeo.
A gennaio del 2024, infatti, Amodeo aveva firmato un’ordinanza di misure cautelari nei confronti, tra gli altri, di due persone accusate di aver somministrato con la forza tranquillanti ad alcuni ospiti del centro: il poliziotto materano Rosario Olivieri, medico Donato Nozza, e il medico responsabile dell’ambulatorio del Cpr, il palazzese Donato Nozza.
Rispetto alla qualificazione di questi episodi come vere e proprie torture, però, il gip si era mostrato di diverso avviso rispetto al pm titolare delle indagini, che è il procuratore aggiunto Maurizio Cardea.

INDIZI INSUFFICIENTI SULLA TORTURA

Perché a suo avviso sarebbero mancati indizi sufficienti della «volontà di infliggere gravi sofferenze gratuitamente nelle forme (…) mediante pluralità di condotte (somministrazioni)» verso quegli ospiti del centro. «E la conseguente induzione di farmacodipendenza (trauma psichico verificabile a tutti gli effetti) la quale insorge, come rappresentato nella stessa richiesta, dopo l’uso prolungato del farmaco psicotropo e che potrebbe giustificare l’addebito di tortura e/o maltrattamenti».

Come pure sarebbero mancati indizi sufficienti sulle «acute sofferenze fisiche diverse dalla temporanea costrizione volta a far assumere il Rivotril», che è uno psicofarmaco conosciuto come «l’eroina dei poveri».

LA RIQUALIFICAZIONE DELL’ACCUSA


Amodeo aveva riqualificato l’accusa in violenza privata pluriaggravata, questa sua impostazione confermata, in seguito, anche dal Tribunale del riesame.
Di qui l’ordinanza di Setola e l’annotazione depositata ieri in udienza da Cardea con la modifica dei due capi d’imputazione in questione.
Il processo riprenderà il 20 marzo con la discussione del pm sulle richieste di rinvio a giudizio. Poi verrà il turno delle difese.

L’INCHIESTA SUI MALTRATTAMENTI NEL CPR DI PALAZZO


L’inchiesta sui maltrattamenti nel Cpr di Palazzo ha preso di mira un presunto coagulo di interessi al suo interno.
Stando a quanto accertato dagli investigatori chi dava problemi era sottoposto a trattamenti sanitari forzati che di norma andrebbero approvati dal sindaco del comune in cui vengono effettuati. Veniva immobilizzato, innanzitutto, e poi riempito di psicofarmaci somministrati «off label», al di fuori dell’mpiego autorizzato.

Col risultato che su 35 vittime accertate in 6 avrebbero sviluppato una dipendenza da queste sostanze, e alcuni di loro, sottoposti anche a 124 giorni complessivi di somministrazioni forzate, avrebbe avuto bisogno di 6 mesi per disintossicarsi.

TRA LE ACCUSE ANCHE FALSO IN ATTO PUBBLICO


Tra le accuse si parla di falso in atto pubblico per le ricette taroccate che sarebbero state utilizzate per rifornire l’ambulatorio del Cpr di benzodiazepine da utilizzare per sedare gli ospiti più irrequieti. E poi ancora di calunnia e truffa aggravata ai danni dello Stato.


Un secondo filone d’indagine ha preso di mira gli incarichi legali affidati dagli ospiti della struttura, immigrati di varie nazionalità, per difendersi dai decreti di espulsione emessi nei loro confronti. Incarichi generalmente remunerati con i fondi statali per il gratuito patrocinio che sarebbero stati pilotati a favore di alcuni avvocati.

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