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La sede di Potenza dell’Eipli

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Vanno in prescrizione 23 capi d’imputazione su 26, per il caso selle mazzette all’Eipli. Non luogo a procedere per 9 persone. Ancora in piedi solo l’associazione a delinquere, e due episodi di corruzione


POTENZA – Prescritti 23 capi d’imputazione su 26 nel processo sulle gare truccate e mazzette all’Ente irrigazione Puglia Lucania e Irpinia. Con l’appendice sul “bando su misura” della gara per la riqualificazione dello stadio Viviani e del “campo scuola” di Potenza.
Lo ha stabilito, ieri, il collegio “B” del Tribunale di Potenza, dopo quasi 5 anni di un dibattimento rallentato, almeno in parte, dalle restrizioni legate all’emergenza covid.
Dei 17 imputati rinviati a giudizio a giugno del 2019 sono 9 quelli che ieri sono usciti definitivamente dal processo.

Tra questi l’ingegnere Graziano Cosentino di Lauria e l’architetto Antonio Bisceglia di Lavello, che erano accusati di turbativa d’asta. Poi l’ex commissario liquidatore dell’Eipli, Antonio Mario Lerario e l’ingegnere potentino Giovanni Di Trapani. Che erano accusati sempre di turbativa d’asta più un’ipotesi di corruzione, per il solo Lerario, legata alla richiesta di assunzione di un ingegnere raccomandato dall’ex vescovo di Potenza, Agostino Superbo, a un appaltatore dell’ente.
Il dibattimento proseguirà, invece, per i restanti 8 imputati.

In particolare l’ingegnere potentino Giuliano Cerverizzo, licenziato dall’Eipli dopo essere finito agli arresti proprio nell’ambito di quest’inchiesta, nel 2017, l’ex capo di gabinetto dell’Eipli, Gaetano Di Noia (di Spinazzola), e l’imprenditore emiliano Doriano Pacchiosi, titolare della ditta che si era aggiudicata, tra l’altro, l’appalto per il completamento della galleria del Sarmento. Una commessa lievitata in dieci anni dai 10 milioni di euro di base d’asta a «26 milioni». Grazie ad alcune varianti, secondo i pm, concordate con Cerverizzo.
Per loro l’accusa che resta in piedi è di associazione a delinquere. Assieme a 3 dipendenti di Pacchiosi, accusati di averlo agevolato nelle sue “manovre”: il policorese Fabio Guarino, il potentino Gerardo Palazzo e Giuseppe Chiodetti, della provincia di Parma.
Altro capo d’imputazione non ancora prescritto riguarda, poi, un’ipotesi di corruzione.

A Cerverizzo, in particolare, viene contestato di aver incassato da Pacchiosi, come “compenso” per le varianti concordate. 62mila euro, di cui 5mila consegnatigli sotto l’occhio di una telecamera nascosta piazzata in una albergo nelle campagne attorno Potenza. Mentre Di Noia avrebbe ottenuto l’utilizzo esclusivo di un auto della ditta di Pacchiosi. Più «pranzi e/o cene e pernotti presso alberghi in varie località nazionali ed estere». Il tutto per il tramite anche di altri due dipendenti dell’imprenditore emiliano: Giuseppe Chiodetti e Fabio Domenico Guarino.

Un ultimo capo d’imputazione non prescritto a carico di Giuliano e Fabrizio Cerverizzo e dell’imprenditore di Abriola Antonio Albano riguarda, infine, un’ipotesi di induzione indebita.
Ai due fratelli si contesta, in questo caso, di aver costretto l’imprenditore «a dare ovvero a promettere loro» del denaro in cambio di «informazioni tecniche fondamentali» sulla gara da 2.600.000 euro per la progettazione esecutiva di alcuni lavori «di adeguamento funzionale alle norme vigenti degli impianti tecnologici a servizio delle dighe del Sinni, Pertusillo e Camastra». Denaro indicato dai pm nella somma base di «duemila euro», da rivedere al rialzo in caso di aggiudicazione.

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