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Oltre ai beni restituiti all’imprenditore potentino Marco Triumbari dissequestrate anche le quote del bar Diva caffé, di fronte al Tribunale di Potenza
POTENZA – Tornano all’imprenditore potentino Marco Triumbari di tutti i beni che vennero sequestrati a lui e alla moglie luglio dell’anno scorso.
Lo ha deciso, nei giorni scorsi, il collegio misure di prevenzione del Tribunale di Potenza, accogliendo il ricorso presentato dai legali del 40enne, oltre che della moglie e del suocero, Gino Angelucci e Salvatore Laguardia.
I giudici hanno preso atto, in particolare, delle giustificazioni addotte da Triumbari rispetto alla provenienza del suo patrimonio, e all’inattività delle società nelle quali risultava detenere delle partecipazioni. Inclusa quella con cui aveva gestito a lungo un bar di fronte al Tribunale di Potenza, il “Diva caffé”. Fino al suo arresto nell’ambito dell’inchiesta sugli affari del clan Martorano-Stefanutti.
Secondo la Corte, infatti, «deve ritenersi accertata la pericolosità generica e qualificata» dell’imprenditore. Ciò in considerazione degli indizi sulla «partecipazione dello stesso dall’anno 2011 al sodalizio criminoso e le ulteriori espressioni criminali riferibili al periodo temporale 2014-2019».
Come pure che «l’attitudine criminosa di Triumbari(…) si è manifestata continuativamente in un arco temporale che, significativamente, comprende i periodi in cui sono state effettuate le acquisizioni patrimoniali ed economiche oggetto del provvedimento di sequestro».
RESTITUITI I BENI A TRIUMBARI MA PER GLI INQUIRENTI «CI SAREBBE UNA SPROPORZIONE NEI REDDITI»
Rispetto all’immobile in contrada Botte acquistato dalla moglie nel 2019, in particolare, gli inquirenti sarebbero riusciti a ricostruire con precisione la provenienza del denaro utilizzato.
Mentre rispetto a un orologio da 20mila euro, un Parmigiani Chrono Flyback Treccani, è evidenziato il mancato pagamento delle ultime rate del finanziamento aperto per l’acquisto. A riprova dell’assenza di quelle disponibilità economiche di dubbia provenienza poste alla base del provvedimento di sequestro.
Secondo gli inquirenti, infatti, vi sarebbe stata una sproporzione tra i redditi dichiarati da Triumbari e il patrimonio posseduto di circa 300.000 euro.
L’imprenditore potentino, tuttora agli arresti domiciliari, resta a processo per concorso esterno in associazione di stampo mafioso, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e spaccio, nel processo sui nuovi affari del clan Martorano.
Secondo i pm, infatti, proprio nel bar davanti al Tribunale sarebbe stata pianificata un’azione intimidatoria ai danni di un debitore di Triumbari, a cui ha partecipato personalmente il boss, Renato Martorano. Con l’esplosione di colpi di arma da fuoco contro la porta dell’abitazione del debitore, un imprenditore del salernitano, per costringerlo a pagare.
Triumbari è anche imputato in un secondo processo per una ulteriore estorsione aggravata ai danni di un altro imprenditore attivo nel commercio di bestiame. Accusa in concorso con presunti esponenti del clan “Riviezzi” di Pignola. Inoltre, secondo gli inquirenti, sarebbe implicato anche «nelle attività illecite del gioco e delle scommesse illegali».
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