Antonio e Giuseppe Postiglione
4 minuti per la letturaPOTENZA – L’editore potentino Giuseppe Postiglione ha effettivamente ricattato l’allora assessore allo sport, e attuale capogruppo di Forza Italia del Comune di Potenza, Giovanni Salvia, minacciando di pubblicare il video di una sua sessione di sesso virtuale. Ma all’inizio dell’estate per quei fatti risalenti a novembre del 2015 è intervenuta la prescrizione. Quindi non può essere chiamato a renderne conto.
E’ quanto ha stabilito, ieri, il collegio del Tribunale di Potenza, presieduto da Rosario Baglioni, respingendo la richiesta di condanna a 3 anni di reclusione per tentata estorsione che era stata avanzata poco prima in aula dal pm Elena Mazzilli.
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I giudici hanno accolto le eccezioni del difensore di Postiglione, l’avvocato Donatello Domadomo, che ha da sempre contestato la possibilità di configurare un’ipotesi di tentata estorsione a carico del suo assistito, suggerendo una riqualificazione dei fatti nel reato di violenza privata. Un reato meno grave, quest’ultimo, per cui la legge prevede il termine di prescrizione breve di 7 anni e mezzo, in luogo dei 10 anni previsti per la prescrizione.
Di fatto la derubricazione del reato contestato in violenza privata era stata proposta dal difensore già a febbraio del 2016, quando Postiglione era finito agli arresti domiciliari. Ma il Tribunale del riesame e la Corte di cassazione, che avevano confermato le misure cautelari, e poi il gup che a gennaio del 2018 aveva disposto il rinvio a giudizio, vi si erano opposti. Pertanto quando il caso è arrivato a dibattimento, dopo un primo considerevole ritardo provocato da un errore nell’indicazione del giudice competente, sarebbe finito in automatico tra i processi a scadenza “lunga”.
Di qui una serie di rinvii, che durante l’emergenza sanitaria venivano solitamente concordati tra il Tribunale e la Procura, per concedere la priorità di trattazione ai reati che per la loro qualificazione potevano sembrare più vicini alla prescrizione. Una scelta dalle conseguenze irreversibili, quella di considerare il processo a scadenza “lunga” nonostante le rimostranze della difesa sulla qualificazione del reato, a cui potrebbe aver contribuito anche l’avvicendamento, sul banco dell’accusa, di 5 diversi pubblici ministeri.
Durante la sua discussione l’avvocato Cimadomo aveva evidenziato il carattere non immediato del vantaggio economico che Postiglione avrebbe potuto conseguire se Salvia si fosse piegato alle sue richieste, e non avesse denunciato il tutto, come invece è avvenuto. Mentre il reato di estorsione presupporrebbe proprio che un vantaggio economico diretto per chi se ne macchia.
Per il subentro in consiglio comunale di Postiglione in quanto primo dei non eletti nella lista Popolari per l’Italia, infatti, non sarebbe bastato che Salvia accondiscendesse alla richiesta di dimissioni dalla giunta guidata dal sindaco dell’epoca, Dario De Luca. Ma lo stesso De Luca avrebbe dovuto chiamare in giunta l’unico consigliere comunale eletto dai Popolari per l’Italia, Franco Morlino, e questi avrebbe dovuto accettare l’incarico. Solo a quel punto in consiglio comunale si sarebbe potuto procedere con la surroga del neo assessore Morlino con Postiglione.
Stesso discorso per le altre utilità a cui Postiglione avrebbe mirato, sfruttando la disponibilità dell’assessore nei suoi confronti. Dalla concessione gratuita del Teatro Stabile per alcuni eventi, al patrocinio del Comune per un’altra manifestazione che gli avrebbe consentito di chiedere un finanziamento alla Regione Basilicata. Fino alla revoca del contratto di trasporto pubblico locale alla Trotta bus e l’affidamento a un’impresa a lui vicina.
Tutte utilità non immediate, secondo il Tribunale di Potenza, dal momento che per la loro concretizzazione sarebbero stati necessarie delibere della giunta comunale, determine dirigenziali e quant’altro. Di qui il giudizio sulla non punibilità della condotta complessiva in cui si sono inserite le relative richieste a titolo di estorsione, ma soltanto della fattispecie, meno grave, di violenza privata, che non prevede alcun tipo di vantaggio ingiusto per l’autore del reato, ma soltanto la costrizione a fare o non fare qualcosa.
Il collegio del Tribunale ha assolto con formula piena «perché il fatto non sussiste», invece, il fratello di Postiglione, Antonio, che era accusato a sua volta di concorso nella tentata estorsione. Nei suoi confronti, però, il pm aveva chiesto l’assoluzione.
Durante la sua discussione l’avvocato Cimadomo ha evidenziato anche l’esito delle indagini sulla provenienza del materiale che Postiglione avrebbe utilizzato per ricattare Salvia.
Indagini che hanno escluso che sia stato il suo assistito a commissionare l’adescamento in chat dell’assessore da parte di una avvenente sconosciuta, rimasta non identificata, che l’avrebbe convinto a mostrarsi via webcam. Questa la genesi del video di cui l’editore di Cronache lucane e Radio Potenza centrale sarebbe entrato in possesso, dopo la sua pubblicazione, per qualche minuto, su Youtube. Prima che la piattaforma online provvedesse alla sua rimozione in considerazione del contenuto a luci rosse.
Nel 2019, e poi ancora nei mesi scorsi, la pendenza di queste accuse di tentata estorsione, mosse dalla procura di Potenza, era stata assunta tra gli elementi alla base delle interdittive antimafia emesse dalla Prefettura a carico delle società di Postiglione. A metà agosto, tuttavia, su quei provvedimenti del prefetto è intervenuto un provvedimento di sospensione per effetto della nomina di un amministratore giudiziario, Francesco Zirpoli.
Sospensione su cui aveva espresso parere favorevole la stessa procura del capoluogo, ringraziata pubblicamente del suo operato, in particolare in materia di contrasto al traffico di droga, anche sull’edizione dell’altro ieri del quotidiano digitale del gruppo Postiglione.
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