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Il tribunale di Potenza

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I veleni del tribunale di Potenza all’epoca di Toghe Lucane e l’operato del pm De Luca all’attenzione del Csm

POTENZA – Quelle sedici chiamate dal cellulare del pm di turno di Potenza al numero a pagamento di una cartomante rappresentano «una criticità» rispetto all’«equilibrio» richiesto a un magistrato, ma non sono sufficienti a negargli uno scatto d’anzianità. Anche perché «il danno economico per l’amministrazione è stato così modesto da indurre il giudice penale ad escludere la configurabilità del delitto di peculato».

Discorso diverso sulle indagini effettuate sulla base di un esposto anonimo contro il capo della sezione pubblica amministrazione della squadra mobile di Potenza.

Sarà su questo esposto, risalente al 2008, che tornerà a interrogarsi il Consiglio superiore della magistratura, mercoledì prossimo, rievocando la stagione dei veleni del Palazzo di giustizia di Potenza anche nota come la stagione delle “Toghe lucane”, dal nome delle inchieste condotte al riguardo dalla procura di Catanzaro.

IL CSM VALUTERA L’OPERATO DEL PM CLAUDIA DE LUCA ALL’EPOCA DEL SERVIZIO AL TRIBUNALE DI POTENZA

L’organo di autogoverno della magistratura tornerà ad occuparsene vagliando due distinte proposte di delibera trasmesse al plenum, nei giorni scorsi, dalla IV commissione, che è quella competente per le “valutazioni di professionalità» degli appartenenti all’ordine giudiziario. Vale a dire le verifiche sulla condotta di giudici e pm da cui dipende il riconoscimento degli scatti di anzianità e dei relativi incrementi retributivi. Una proposta di valutazione favorevole e una proposta sfavorevole, per la precisione, rispetto all’operato di un magistrato, il pm Claudia De Luca, che nel periodo tra il 2008 e il 2009 era in servizio a Potenza.

All’epoca la valutazione in questione venne sospesa in attesa dell’esito di una serie di procedimenti penali e disciplinari avviati nei suoi confronti, che si sono conclusi tempo dopo con una sanzione disciplinare, e due assoluzioni.
L’anno scorso, quindi, una prima proposta favorevole al riconoscimento a posteriori dello scatto di anzianità “sospeso” era stata inoltrata dalla IV commissione al plenum.

In quella sede, però, l’ex pm di Palermo Nino Di Matteo e altri consiglieri del Csm, nella sua vecchia commissione, si erano opposti a quella proposta e avevano ottenuto il ritorno della pratica in commissione per un approfondimento. Di qui il riesame della stessa da parte dei nuovi consiglieri entrati in carica nei mesi scorsi e la decisione di sottoporre al consiglio in formazione completa due proposte di segno opposto: la prima, quella favorevole al riconoscimento dello scatto di anzianità, sostenuta da 2 componenti della IV commissione; e la seconda, quella sfavorevole, sostenuta da 4 componenti della stessa commissione.

LE DUE VALUTAZIONI IN CONTRASTRO

Il discrimine tra le due è rappresentato proprio dalle valutazioni sull’operato del pm De Luca, attualmente in servizio a Napoli, rispetto a un esposto anonimo in cui si denunciava il presunto utilizzo del telefono di servizio per chiamate private da parte del responsabile della sezione pubblica amministrazione della squadra mobile di Potenza, Pasquale Di Tolla, a lungo braccio destro di un altro pm all’epoca in servizio a Potenza, Henry John Woodcock.

Nelle proposta di valutazione sfavorevole, infatti, si legge che «sia gli elementi di natura documentale acquisiti agli atti conducono a ritenere che non si possa affermare, con sufficiente margine di certezza, che la dottoressa De Luca abbia voluto compiere, in maniera indiretta, indagini a carico del proprio collega di ufficio Henry John Woodcock». In violazione della legge che prevede che le indagini sui magistrati di un distretto giudiziario vengano effettuate da magistrati di un altro distretto.

A questo andrebbe aggiunto che la decisione di iscrivere sulla base della sola comunicazione da parte della Questura della riconducibilità a Di Tolla del numero indicato nell’esposto anonimo non sarebbe stata «di per sé in alcun modo idonea a integrare una notitia criminis» ulteriore rispetto a quanto rappresentato nell’esposto stesso, e a giustificare l’acquisizione dei tabulati di quella utenza telefonica «in violazione del divieto» in questo senso rispetto all’utilizzo di denunce senza firma.

«Il tutto – si legge ancora nel parere sfavorevole al riconoscimento di professionalità – è poi avvenuto in un contesto relazionale e investigativo molto delicato, con molti esposti anonimi che affluivano in Procura e con l’esposto anonimo qui in esame che metteva esplicitamente in relazione l’indagato Di Tolla con un sostituto procuratore della Repubblica dell’ufficio (il dottor Woodcock), il quale era anch’egli bersaglio dell’esposto. Tali circostanze dovevano indurre la dottoressa De Luca a una particolare attenzione negli snodi del procedimento a lei coassegnato, (…) evitando di compiere atti investigativi invasivi sulla base di un esposto anonimo».

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