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La Corte di Cassazione

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Malapolitica la Cassazione chiamata a decidere sulle richieste dell’accusa di ripristinare le misure cautelari per Di Lascio, Cupparo e Spera

POTENZA – Si deciderà oggi il destino della maxi inchiesta dei pm di Potenza sulla “mala politica”, che a ottobre ha terremotato i vertici della Regione Basilicata e della sanità lucana. Con annessi e connessi legati alle prossime elezioni regionali, nel 2024, e nel comune di Lagonegro, tra poco più di due mesi.

È prevista per questa mattina, infatti, la discussione sui ricorsi intentati dal pm titolare dell’inchiesta, Vincenzo Montemurro, e dal procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, contro le sentenze con cui a fine ottobre il Tribunale del Riesame di Potenza ha revocato gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex sindaca di Lagonegro, Maria Di Lascio, l’obbligo di dimora a Francavilla per l’ex assessore regionale all’Agricoltura Franco Cupparo (Fi), e la sospensione dai pubblici uffici per il direttore generale dell’Azienda ospedaliera San Carlo, Giuseppe Spera. Spingendo il gip Antonello Amodeo a rimettere in libertà anche gli altri due destinatari dell’ordinanza di arresti eseguita qualche settimana prima: il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro, e l’ex assessore alla sanità, e attuale consigliere regionale “semplice” di Fratelli d’Italia, Rocco Leone.

Al vaglio dei giudici di piazzale Cavour ci saranno una serie di censure all’operato del Riesame, che aveva messo severamente in discussione, tra l’altro, l’attendibilità dei supertestimoni individuati dagli inquirenti. Vale a dire l’ex direttore generale del San Carlo, Massimo Barresi e l’ex segretario del governatore Vito Bardi, Mario Araneo.

Nel ricorso, infatti, i pm hanno ribadito la credibilità di Barresi elencando una serie di riscontri alle sue accuse sulla «filiera» politico-imprenditoriale che avrebbe voluto «speculare», in particolare, sulla ristrutturazione dell’ospedale di Lagonegro. Quindi hanno negato invasioni di campo rispetto alle prerogative proprie del vertice politico della Regione sulle «linee programmatiche della sanità lucana», come quelle relative al nosocomio del centro valnocino, rivendicando di aver sindacato, invece, le pretese degli indagati di «una acritica adesione del Barresi (…) alle loro specifiche (e queste sì, del tutto improprie) valutazioni sul come realizzare tali linee programmatiche (più attrezzature o più “cemento”, ad esempio)».

Come pure le pressioni per imporre «i loro “clienti” (dai primari agli infermieri) al dg, che evidentemente non intendeva sottostare (giustamente) a tali indebite interferenze». In altri termini il tentativo di condizionare Barresi a scapito dei principi «di efficienza ed economicità» dell’amministrazione. Perché «l’applicazione di tali criteri di efficienza ed economicità contrastava con gli interessi economici e clientelari degli indagati».

Curcio e Montemurro hanno sottoposto ai giudici della Cassazione anche diversi elementi a sostegno della loro tesi, per cui la nomina di Spera, scelto come commissario e poi come dg del San Carlo in seguito alla decadenza di Barresi decisa dal Tar Basilicata proprio in accoglimento di un suo ricorso, non fosse stata un mero adempimento di quella sentenza dei magistrati amministrativi. Bensì un’operazione propiziata dal lagonegrese Piro e dall’allora assessore regionale Cupparo: «in quanto funzionale al raggiungimento dei propri comuni fini, con particolare riferimento alla gara d’appalto per l’ampliamento e la ristrutturazione dell’ospedale di Lagonegro».
Nelle scorse settimane, un po’ a sorpresa, il sostituto procuratore generale della Suprema corte, Raffaele Piccirillo, si era espresso per una dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, in quanto privi di elementi a sostegno dell’attualità delle esigenze cautelari per Di Lascio, Piro e Cupparo.

Ne era scaturita un’integrazione del ricorso del pm Montemurro in cui sono stati evidenziati alcuni messaggi su Facebook di Di Lascio e Piro, che prefigurebbero l’intenzione di tornare in campo per le elezioni comunali di maggio, a Lagonegro. Dietro alle vicende dell’ospedale di Lagonegro e la presunta gestione “deviata” della sanità lucana, infatti, per i pm ci sarebbero stati proprio gli interessi elettorali del duo Di Lascio e Piro.

Su queste presunte corruttele elettorali la Cassazione sarà chiamata a dirimere una questione sul tipo di reato ipotizzabile. Per il gip che ha concesso le misure cautelari, infatti, si potrebbe configurare il reato di corruzione, mentre il Riesame ha optato per una fattispecie meno grave, la corruzione elettorale, per cui non è possibile l’adozione di misure cautelari data la modica entità delle pene previste.

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