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POTENZA – Le misure cautelari nei confronti dell’ex sindaca di Lagonegro Maria Di Lascio, del direttore generale del San Carlo, Giuseppe Spera, e dell’ex assessore regionale all’Agricoltura, Franco Cupparo, vanno ripristinate perché potrebbero ancora commettere reati come quelli per cui a ottobre dell’anno scorso sono stati sottoposti a restrizioni di vario tipo. «In particolare» Di Lascio, che in base alle sue attività su Facebook parrebbe già impegnata nella campagna elettorale per le consultazioni del 14 e del 15 maggio, in cui i cittadini di Lagonegro saranno chiamati a rinnovare sindaco e consiglio comunale.

E’ questa l’ultima carta messa sul tavolo dai pm di Potenza in vista dell’udienza di martedì prossimo in Cassazione: un’integrazione di 14 pagine ai ricorsi contro le decisioni del Tribunale del riesame, che fine ottobre aveva ridimensionato la maxi-inchiesta sulla mala politica lucana. Con l’annullamento degli arresti domiciliari per Di Lascio, della sospensione dai pubblici uffici per Spera e dell’obbligo di dimora a Francavilla in Sinni per Cupparo, e la successiva revoca, da parte del gip, anche di quelle nei confronti di due consiglieri regionali di maggioranza come Francesco Piro (Fi) e Rocco Leone (FdI).

Il magistrato titolare del fascicolo, Vincenzo Montemurro, ha replicato in questo modo alle conclusioni del sostituto procuratore generale della Suprema corte, Raffaele Piccirillo, che a fine febbraio si era espresso per una dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, in quanto privi di elementi a sostegno dell’attualità delle esigenze cautelari per Di Lascio, Piro e Cupparo. Nel mirino, pertanto, sono finiti soprattutto il dg dell’Azienda ospedaliera regionale Spera, «nuovamente ed ancora (…) in grado di orientare le scelte amministrative programmatiche inerenti la costruzione del nuovo ospedale di Lagonegro, nonché le assunzioni e i trasferimenti del personale medico e para-medico», e l’ex sindaca Di Lascio, considerata parte attiva di «un sistema di potere politico locale di cui facevano parte in posizione eminente» gli stessi Piro e Spera. Il pm ha ricordato la genesi dei reati contestati a Di Lascio nella campagna elettorale che a settembre del 2020 l’ha vista conquistare l’agognata fascia tricolore. Quindi ha evidenziato che l’ex prima cittadina «risulta, sulla base degli accertamenti svolti, particolarmente impegnata in analoghe iniziative di carattere politico, pubblicizzate, spesso in aderenza ad analoghi inviti al voto da parte del correo Piro Francesco, su vari profili social-network, prodromiche alle prossime consultazioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Lagonegro del 14 e 15 maggio 2023». Iniziative giudicate «assolutamente sovrapponibili alle condotte oggetto di provvisoria imputazione così come inerenti la candidatura a sindaco del Comune di Lagonegro nella precedente legislatura (sic!)».

Il sostituto procuratore potentino ha allegato all’integrazione del ricorso a sua firma anche un’informativa del reparto operativo dei carabinieri del comando provinciale di Potenza, intitolata: «Cariche e ruoli istituzionali attualmente ricoperti dagli indagati raggiunti da misura cautelare». Al suo interno i militari si soffermano a lungo sull’attivismo di Di Lascio, che «attraverso la propria pagina del social network Facebook, continua a partecipare alla vita politica e amministrativa del comune di Lagonegro». Con tanto di riproduzione di alcuni messaggi in cui rivendica l’operato della sua amministrazione, caduta per le dimissioni di massa dal consiglio comunale in seguito all’esplosione dell’inchiesta, e torna anche sui temi al centro dell’inchiesta. Come il futuro dell’ospedale di Lagonegro e l’asse politico col concittadino consigliere regionale, nonché suo grande elettore, Piro.

I carabinieri hanno annotato persino il “tag” con cui il capogruppo di Forza Italia nel parlamentino lucano ha reso visibile sulla bacheca dell’ex sindaco un suo messaggio sui fondi regionali destinati al comune di Lagonegro. Come pure un’interazione di Di Lascio a un messaggio più recente del suo grande elettore Piro. «In data 23 febbraio 2023 – si legge nell’informativa – esprimeva il suo compiacimento con la reazione “mi piace” al seguente post Facebook pubblicato da Francesco Piro riguardante le prossime elezioni amministrative a Lagonegro». E a seguire l’immagine del post in cui cui il consigliere regionale dichiara che «il prossimo 14 e 15 maggio saremo chiamati ad eleggere il sindaco di Lagonegro. Stiamo lavorando… presto importanti novità. Lagonegro Continua… Forza Lagonegro». Oltre al rischio di reiterazione dei reati contestati il pm ha evidenziato anche la necessità di preservare le indagini ancora in corso con l’«escussione dei diversi soggetti implicati nelle vicende corruttive (tutti agevolmente influenzabili dagli indagati, attesa la loro posizione di potere nelle strutture ragionali lucane)». E nell’informativa allegata alla sua integrazione al ricorso in Cassazione ci sono anche i nomi di queste persone che andrebbero sentite: ex consiglieri comunali ed esponenti della lista che nel 2020 ha sostenuto la corsa alla fascia tricolore di Di Lascio, ma non solo. Come un’ex collaboratrice di Piro, che uno dei due supertesti dei pm, Mario Araneo, già segretario del governatore Vito Bardi, ha indicato come colei che gli rivelò un progetto di gambizzazione ai suoi danni ordito dal consigliere regionale.

Da segnalare anche un’ultima considerazione del pm, che alla Cassazione ha evidenziato come in caso di accoglimento del suo ricorso renderebbe possibile «applicare, in seguito, una nuova misura cautelare (ove si aggravassero ulteriormente le esigenze evidenziate o se ne prospettassero altre)». Una possibilità, quest’ultima, «che allo stato ed in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso di questo ufficio, sarebbe inapplicabile».

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