Angelo Salinardi
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A pochi giorni dal primo anniversario dell’inchiesta che ha coinvolto l’ex sindaco di Ruoti Angelo Salinardi ancora non parte il processo
POTENZA – Era l’8 febbraio del 2022 quando l’imprenditore ed ex sindaco di Ruoti, Angelo Salinardi, è finito agli arresti domiciliari per accuse di varia natura assieme ad altre 15 persone. Da allora il nocciolo di quelle accuse ha superato il vaglio del Tribunale del riesame e della Cassazione. Eppure a pochi giorni dall’anniversario degli arresti manca ancora una data di inizio del processo. Così molti degli indagati, dopo la revoca o l’attenuazione delle misure cautelari, sono tornati alle loro attività come se niente fosse. Incluse alcune iniziative culturali all’interno delle scuole della regione.
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Pare destinata a entrare a far parte del libro nero lucano delle indagini “dimenticate” quella che tra il 2019 e il 2020 aveva messo a fuoco una presunta persecuzione ai danni dell’allora sindaca di Ruoti, Maria Scalise, più altri reati contro la pubblica amministrazione e l’amministrazione delle giustizia quali la corruzione, la calunnia, l’accesso abusivo a sistema informatico, il favoreggiamento e il depistaggio.
L’INCHIESTA “DIMENTICATA” SULL’EX SINDACO DI RUOTI ANGELO SALINARDI
Quali siano i motivi per cui sul caso sono calate le ombre non è dato saperlo. Nemmeno per i difensori di alcuni degli indagati, tuttora sottoposti al divieto di avvicinamento all’ex sindaca, che intanto ascoltano compiaciuti il rintoccare inesorabile dell’orologio della prescrizione. Specie per i reati meno gravi.
Non è escluso, tuttavia, che a “turbare” il corso naturale del procedimento possa essere stato l’interesse su alcune delle circostanze emerse dall’indagine del Consiglio superiore della magistratura e della procura di Catanzaro, competente per le indagini che riguardano i magistrati in servizio nel distretto giudiziario lucano.
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In seguito alla desecretazione degli atti a sostegno delle misure cautelari erano emerse, in particolare, alcune intercettazioni, già trasmesse anche a Catanzaro, tra Salinardi e due importanti magistrati in servizio a Potenza, l’allora presidente del Tribunale del riesame, Aldo Gubitosi, e l’allora presidente del collegio “b” della sezione penale del Tribunale, Federico Sergi. Come pure un’ulteriore intercettazione alquanto “scottante” di fine luglio del 2020 tra Salinardi e uno dei suoi presunti sodali. Ovvero l’ex consigliere regionale e attuale capo ufficio stampa della Provincia di Potenza, Luigi Scaglione, che negli ultimi tempi ha intensificato l’attività del centro studi “Lucani nel mondo”, da lui presieduto, con una diverse iniziative nelle scuole.
LE ACCUSE SULLA “MANIPOLAZIONE” DEI PROCESSI
Dopo un incontro casuale con Sergi, infatti, Salinardi e Scaglione avrebbero ragionato sulla possibilità di suggerire in qualche modo al giudice di trascinare fino alla prescrizione un processo assegnato al suo collegio che preoccupava non poco l’ex consigliere regionale. Non un processo qualunque, peraltro, ma quello sulla rimborsopoli del parlamentino lucano che nel 2013 aveva portato ad elezioni regionali anticipate e vede tuttora imputati, tra gli altri, due consiglieri regionali in carica come Marcello Pittella (Pd) e Luca Braia (Iv), e il vicesindaco di Potenza, Michele Napoli (FdI).
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La scorsa estate, in seguito alla pubblicazione sul Quotidiano del Sud delle intercettazioni in questione, il Csm ha disposto il trasferimento d’ufficio di Gubitosi a Salerno. Mentre Sergi ha chiesto volontariamente di spostarsi al tribunale di Brindisi.
Meno di 10 giorni fa al contenuto di quelle intercettazioni aveva fatto riferimento anche il procuratore generale della Corte d’appello di Potenza, Armando D’Alterio, nella sua relazione per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto lucano, parlando dell’esistenza «quantomeno» di «un problema di deontologia professionale».
Di qui l’appello del procuratore ai colleghi magistrati alla «condivisione del ben più rigido principio, per cui la condotta dei magistrati, professionale e non, deve esser improntata non a correttezza semplicemente adeguata, ma esemplare».
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SULL’INCHIESTA SULL’EX SINDACO DI RUOTI ANGELO SALINARDI, PESA IL POSSIBILE INTERVENTO DI CATANZARO
Sul destino dell’inchiesta lucana su Salinardi, insomma, peserebbe un’incognita non da poco rappresentata da una possibile determinazione della procura di Catanzaro a iscrivere per eventuali ipotesi di reato ravvisabili i magistrati intercettati, e altri ancora da lui menzionati in circostanze diverse. Sempre nel raggio d’azione delle microspie piazzate dalla Squadra mobile di Potenza nella sua auto. In questo caso, infatti, potrebbe scattare l’obbligo di trasmissione nel capoluogo calabrese anche dei filoni d’indagine già esplorati dai pm di Potenza, coordinati dal procuratore capo Francesco Curcio, e il relativo processo andrebbe svolto lì.
L’accusa di atti persecutori nei confronti di Salinardi fa riferimento alla «macchina del fango», così è stata definita dai pm, scatenata contro l’allora sindaca Scalise, originaria della provincia di Taranto e residente a Potenza, che lui stesso aveva scelto in ragione della loro amicizia, nel 2017, per succedergli alla guida dell’amministrazione comunale, contando di riuscire a guidarne l’operato a suo piacimento.
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LA “RIBELLIONE” DEL SINDACO SCALISE E LE PRESUNTE MINACCE
Dopo i primi mesi di convivenza, infatti, Scalise si era ribellata alle ingerenze del padrino politico ricostruendosi una maggioranza in consiglio comunale col suo storico nemico, e attuale primo cittadino, Franco Gentilesca. Di qui l’attivazione di un meccanismo infernale per costringerla alle dimissioni, messo in movimento dai presunti sodali dell’imprenditore, puntualmente beneficiati dalla sua proverbiale generosità. Quindi la diffusione di comunicati, redatti da Scaglione e rilanciati da alcune testate giornalistiche “amiche”, in cui la sindaca veniva accusata, tra l’altro, di una relazione extra coniugale – inesistente – con Gentilesca, e persino la costruzione di prove taroccate di questa inesistente relazione. Oltre ad appostamenti sotto casa con l’obiettivo di fiaccare le resistenze di Scalise di fronte alla prospettiva di doversi difendere in Tribunale «per 20 anni».
Oltre agli atti persecutori, la Cassazione ha confermato anche i gravi indizi di colpevolezza per un’ipotesi di corruzione tra privati contestata a Salinardi, il nipote Pierluigi Saponara e un dirigente aziendale di Ruvo del Monte, Claudio Di Lucchio. Secondo gli inquirenti, infatti, zio e nipote avrebbero “comprato” commesse per le loro aziende da Di Lucchio, responsabile di uno degli stabilimenti di Melfi di un importante gruppo imprenditoriale attivo nel settore della logistica a servizio di Stellantis (Bcube).
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