Antonio Nicastro
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Cade l’accusa di omicidio colposo, gli imputati accusati di varie omissioni, ma ci sarà il processo per la morte di Antonio Nicastro
POTENZA – Sei rinviati a giudizio e 4 prosciolti. Ma cade l’accusa di omicidio colposo per la morte del blogger Antonio Nicastro. Si è chiusa così, ieri mattina a Potenza, l’udienza preliminare del processo nato dall’inchiesta dei pm di Potenza sulle omissioni dietro due dei primi decessi per covid 19 nel capoluogo lucano: quelli di Nicastro e dell’imprenditore Palmiro Parisi.
Tra i primi a denunciare i ritardi nella somministrazione dei tamponi diagnostici nelle settimane iniziali della pandemia, mentre i pochi kit diagnostici a disposizione venivano sperperati a favore di una serie di privilegiati.
PROCESSO MORTE DI ANTONIO NICASTRO, NON LUOGO A PROCEDERE PER BELLETTIERI, LABIANCA E SARLI
Il gup Lucio Setola ha disposto il non luogo a procedere per il direttore sanitario dell’ospedale San Carlo di Potenza, Angela Pia Bellettieri, il coordinatore della task force regionale sulla pandemia, Michele Labianca, e l’infermiera del San Carlo, Pasqualina Sarli, per un’ipotesi di falso in atto pubblico legata alla presunta somministrazione “sotto mentite spoglie” di tamponi diagnostici anti covid 19 ai primi due. Ipotesi contestata dai difensori, rispettivamente gli avvocati Donatello Cimadomo, Giovanni Signorile e Irene La Regina. Dal momento che la scheda di registrazione dei tamponi in questione, dove Bellettieri e Labianca sarebbero stati indicati con gli pseudonomi “Rosso Pia” e “Bianco Michele”, non andava considerata un atto pubblico.
Non luogo a procedere anche per un’omissione di atti d’ufficio contestata alla centralinista del 118 Basilicata soccorso Carmelina Mazza, assistita dagli avvocati Domanico Laieta e Paolo Lorusso, che era accusata di aver trascurato la richiesta di aiuto telefonica di Nicastro e della moglie.
Prosciolta dall’imputazione di omicidio colposo perché «il fatto non sussiste», infine, la dottoressa del pronto soccorso del San Carlo, Silvana Di Bello, che il 13 marzo del 2020 decise di rispedire Nicastro a casa nonostante i sintomi da covid 19, senza suggerire il ricovero al reparto Malattie infettive né effettuare le analisi che avrebbero potuto far emergere la gravità del suo quadro clinico.
Nel dispositivo pronunciato in udienza il gup non ha evidenziato i motivi alla base della decisione. Rispetto a quest’ultima contestazione, però, il difensore di Di Bello, che è l’avvocato Leonardo Pace, propende per l’accoglimento dell’esito della consulenza affidata dai pm a un gruppo di superesperti che aveva escluso responsabilità mediche per il decesso del giornalista potentino.
PROCESSO PER LA MORTE DI NICASTRO, I RINVIATI A GIUDIZIO
La stessa Di Bello, ad ogni modo, dovrà comparire comunque il 1° marzo davanti al collegio del Tribunale di Potenza per una residua accusa di omissione d’atti d’ufficio per gli esami non effettuati durante la visita di Nicastro al pronto soccorso il 13 marzo del 2020.
Con lei ci saranno: il direttore generale facente funzioni dell’Azienda sanitaria di Potenza, Luigi D’Angola (all’epoca dei fatti direttore sanitario dell’Asp), Michele De Lisa (direttore dell’Unità complessa di Igiene e sanità pubblica dell’Asp), Nicola Manno (medico della stessa Unità complessa), e due centraliniste del 118 Basilicata soccorso: Maria Tamburrino e Maria Neve Gallo.
D’Angola e De Lisa devono rispondere, in particolare, di omissione d’atti d’ufficio per i ritardi nella somministrazione del tampone diagnostico al giornalista, benché segnalato dal suo medico curante, in quanto sintomatico, fin dal 13 marzo 2020. Con l’aggravante che «dal giorno 17 marzo 2020 e nei giorni seguenti effettuavano e disponevano il prelievo del tampone su soggetti asintomatici e talvolta anche privi di link epidemiologici».
LE ACCUSE ALL’ATTUALE DIRETTORE GENERALE DELL’ASP
L’attuale dg dell’Asp è accusato anche di falso per alcune delle dichiarazioni rese durante l’inchiesta interna avviata dalla Regione sulla morte di Nicastro.
Altre omissioni di atti d’ufficio, poi, sono contestate a Manno, per non aver chiamato quotidianamente Nicastro per accertarsi delle sue condizioni, alla centralinista Tamburrino, che avrebbe confuso la moglie del giornalista sulle procedure «per richiedere una valutazione clinica del marito», e a una ulteriore infermiera addetta al centralino del 118, Gallo, che il 17 e il 20 marzo rispose alle richieste di aiuto non di Nicastro bensì di Parisi, senza disporne l’immediato ricovero nel reparto di Malattie infettive.
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