La Regione Basilicata
INDICE DEI CONTENUTI
- 1 LA VICENDA DEI TAMPONI VIP ALLA REGIONE BASILICATA
- 2 IL DANNO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
- 3 MALAGESTIONE DEI TAMPONI ALLA REGIONE BASILICATA: LE RIVELAZIONI DEL DG ALLA MOGLIE
- 4 LA LINEA PUBBLICA DA TENERE CON I GIORNALISTI
- 5 LE LAMENTELE DI GUERENTE
- 6 ESPOSITO E I TAMPONI FATTI PRIMA DI TORNARE A CASA
Le intercettazioni sul sistema «clandestino» dei primi giorni della pandemia: la grande infamia dei tamponi alla Regione Basilicata
POTENZA – In Regione Basilicata, nelle prime drammatiche settimane della pandemia da covid 19, sarebbe esistito un circuito di «tamponi clandestini» riservato a quelli che l’ex direttore generale della Sanità, Ernesto Esposito, definiva «amici, cumparielli, parenti, cugini, zii, nipoti» dei personaggi più in vista dell’ente. E anche il governatore Vito Bardi ne avrebbe approfittato per almeno un suo «familiare/conoscente», portandosi un kit a Napoli, dove risiede, e poi indietro a Potenza per farlo processare con urgenza. Inoltre, quando alcuni giornalisti avrebbero iniziato a fare domande strane, avrebbe dato disposizioni di «cercare di blindare questa cosa (…) perché qua le notizie continuano, escono, cose…»
C’è uno spaccato di degrado morale che si intravede nelle intercettazioni, appena desecretate, effettuate dagli agenti della sezione reati contro la pubblica amministrazione della squadra mobile di Potenza nell’ambito delle indagini sui “tamponi vip”.
Gli atti dell’inchiesta sono confluiti nel procedimento per cui venerdì scorso sono state eseguite 5 ordinanze di misure cautelari. Ordinanze emesse nei confronti dell’ormai ex capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Francesco Piro (in carcere), della sindaca di Lagonegro Maria Di Lascio (ai domiciliari), dell’assessore regionale forzista all’Agricoltura Franco Cupparo e del consigliere regionale meloniano Rocco Leone (entrambi sottoposti all’obbligo di dimora nei comuni di residenza), e del direttore generale del San Carlo di Potenza, Giuseppe Spera.
LA VICENDA DEI TAMPONI VIP ALLA REGIONE BASILICATA
Nessuno di loro, tuttavia, risulta indagato nel filone investigativo che ha preso di mira la vicenda dei tamponi vip. A differenza del governatore Bardi, dell’ex dg Esposito, dell’attuale direttore generale facente funzioni dell’Asp, Luigi D’Angola, degli assessori regionali Francesco Fanelli e Donatella Merra (Lega) e dell’ex assessore e neo-senatore Gianni Rosa. Più il segretario particolare del governatore, Antonio Maiorano, un collaboratore di Esposito, Rocco Mario Ciorciaro, l’ex capo di gabinetto della Regione, Fabrizio Grauso, l’ex direttore generale del Dipartimento infrastrutture Alberto Caivano, il responsabile dell’ufficio legislativo della presidenza della giunta Antonio Ferrara, l’ex capo della segreteria di Bardi, Mario Araneo, due conoscenti di quest’ultimo, Mariangela D’Andrea e Donata Girardi, e il capo della task force coronavirus della Regione, Michele Labianca.
Per tutti l’accusa è di peculato. In pratica si sarebbero accaparrati i pochi tamponi diagnostici a disposizione in quelle terribili settimane benché asintomatici, e i protocolli prevedessero che fosse data la precedenza a chi oltre ad avere avuto un contatto con un positivo manifestasse febbre o tosse.
IL DANNO ALLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Di qui un presunto danno al patrimonio della pubblica amministrazione «quantificato in euro 77,47 cadauno per un importo totale pari ad euro 1.936,75». Cio sebbene sullo sfondo resti un interrogativo assai più inquietante sul destino di quanti in quei giorni furono costretti ad aspettare per giorni e giorni prima di ricevere l’agognato tampone, poi la risposta al sospetto di essere stati contagiati, infine le cure più adeguate all’epoca disponibili. Per quanto in seguito si sarebbero rivelate in buona parte inadeguate.
Traccia della disperazione di quelle persone, tuttavia, emerge con chiarezza dai dialoghi intercettati dagli agenti della Squadra mobile. Specie quelli captati sul telefono di Esposito, che il 20 marzo avrebbe raccolto in prima persona la denuncia del figlio del blogger Antonio Nicastro, dopo il post su Facebook in cui aveva raccontato l’agonia del padre, rimandato a casa dal pronto soccorso del San Carlo e abbandonato a casa senza sapere la natura di quella tosse che lo stava gradualmente soffocando.
MALAGESTIONE DEI TAMPONI ALLA REGIONE BASILICATA: LE RIVELAZIONI DEL DG ALLA MOGLIE
A scuotere il dg ci avrebbe pensato anche la moglie. Da Napoli aveva letto su vari siti internet le notizie al riguardo, e i commenti dei cittadini infuriati. Ed è proprio quel giorno che alla moglie, negandole il tampone che chiedeva per sé, avrebbe rappresentato «la mala gestione» dei test in Basilicata, «parlando di una serie di ingerenze che ha dovuto subire sulla priorità dell’esecuzione dei tamponi molecolari, dettata non dalla necessità sanitaria ma da altri fattori».
«Qua poi c’è una cosa che è peggio di Napoli – queste le parole trascritte dagli investigatori – , qua ognuno sono amici, cumparielli, parenti, cugini, zii, nipoti è una cosa allucinante qua… (…) …il sindaco! E il coso… eh! Probabilmente il medico che ci doveva andare ha chiamato il sindaco che doveva far vedere l’amico, l’amica… poi chiama il consigliere, poi chiama questo, hai capito? Qua funziona molto così eh! Poiché sono pochi la filiera è molto corta».
A sollecitare il dg a rimettere un po’ di ordine nella situazione, quindi, c’avrebbe pensato il sindaco di Potenza. Il leghista Mario Guarente il 23 marzo gli avrebbe chiesto conto, anche in maniera un po’ brutale, di quello che stava succedendo.
«Io veramente stento a capire come cazzo li stanno, certe volte a capire come cazzo li stanno facendo questi tamponi». Questa la reprimenda del sindaco al dg, che alle sue contestazioni avrebbe addossato la colpa ai medici di base che non fanno le risposte, sentendosi rispondere che nel caso di Nicastro la richiesta era stata fatta ma era rimasta inevasa, e un caso simile riguardava anche un altro imprenditore di Potenza, Palmiro Parisi, che aveva denunciato tutto su Facebook.
LA LINEA PUBBLICA DA TENERE CON I GIORNALISTI
Quello stesso giorno Esposito è stato intercettato anche mentre concordava con l’allora capo ufficio stampa della giunta, Massimo Calenda, la “linea” da tenere con i giornalisti, come Massimo Brancati della Gazzetta del Mezzogiorno e Gianluigi Laguardia, che per gli investigatori sarebbero stati «evidentemente a conoscenza dei tamponi “clandestini” eseguiti in Regione agli alti dirigenti, agli assessori e ai consiglieri regionali di maggioranza».
«Mi chiama un giornalista (…) Disse: “dottore ma lei ha saputo? Ho detto “si”. Ma lui ha detto: “Ma adesso lei lo fa il tampone? Lo fa Bardi? Lo fa tutto il gruppo e lo staff di Bardi?”. Ho detto: “ma che dice? Noi non siamo sintomatici quindi non lo faremo!”»
Invece la realtà era un altra e secondo gli investigatori anche il governatore Bardi preoccupato della fuga di notizie al riguardo. Per questo, all’indomani, avrebbe chiesto a Esposito di «blindare questa cosa».
La tensione accumulata dall’ex dg a causa del clamore suscitato dalla denuncia sui casi di Nicastro e Parisi, e il timore che venisse scoperto il circuito clandestino dei tamponi in Regione, sarebbe emersa in maniera nitida due giorni dopo, il 26 marzo, quando Guarente è tornato alla carica lamentando il malfunzionamento del sistema.
LE LAMENTELE DI GUERENTE
«Ernesto scusami se ti disturbo ti volevo dire una cosa: c’è qualcosa che non torna su come vengono effettuati i tamponi». Così la trascrizione dell’invettiva del sindaco. «Lo te lo dico a te ovviamente non è un attacco a te che non c’entri un cazzo mica li puoi mandare a gestire tu però c’è qualcosa che non torna (…)… Ernesto c’è qualcosa che non va su come vengono fattii tamponi! perché è troppa gente che sta aspettando da troppo tempo, cioè viene rimbalzata, te lo dico a te e non lo dirò mai in pubblico perché non è il momento di fare casini in pubblico però c’è qualcosa che non va su come vengono effettuati i tamponi».
Al che Esposito, stando a quanto annotano gli investigatori: «si lamenta con il suo interlocutore del comportamento di Nicastro «guarda ora, ora, proprio ora, ora ti ricordi Nicastro che ha fatto tutto quel bordello? (…) eh! Sono negativi tutti e due! Perché non erano sintomatici! Comunque glielo hanno fatto perché hanno rotto il cazzo! Ma sono negativi! Quindi voglio dire ci sta una logica per cui non l’hanno fatto il tampone!».
Solo che il sindaco non se la tiene e «rincara la dose». «E sì, però non gliel’avevano fatto manco a Nicastro lo hanno fatto stare dieci giorni e quello ha problemi respiratori e dai!».
Agli atti è finito anche lo sfogo, di poco successivo di Esposito, «dopo aver ricevuto i rimproveri da parte del sindaco Guarante circa la mal gestione dei tamponi» in Regione Basilicata.
Uno sfogo al telefono col salernitano D’Angola, a cui dice che «comunque certo che questi Lucani sono una merda di gente… (…) …mamma mia ma che gente di immondizia proprio! … (…) …ma veramente guarda non me li aspettavo così pezzi di merda».
Antonio Nicastro sarebbe morto 6 giorni dopo, il 6 aprile.
ESPOSITO E I TAMPONI FATTI PRIMA DI TORNARE A CASA
Nell’informativa ai pm gli investigatori della Squadra mobile hanno annotato anche un altra circostanza. In quei giorni, «nel pieno del caos dell’epidemia da Sars-Cov2 e delle polemiche legate ai mancati tamponi eseguiti sulle persone infette, lasciate presso le proprie abitazioni per un lungo periodo senza che nei confronti degli stessi sia stato eseguito il tampone», Esposito si sarebbe sottoposto al tampone molecolare «periodicamente, anche prima di recarsi presso la sua abitazione a Napoli a trovare la famiglia».
Da fine dicembre del 2021 Esposito ricopre l’incarico di sub-commissario del governo per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario della Regione Calabria.
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