X
<
>

Il vescovo di Potenza Salvatore Ligorio

Share
2 minuti per la lettura

SI va verso il processo per il caso del vaccino anti covid 19 somministrato al vescovo di Potenza, Salvatore Ligorio, il giorno dell’Epifania del 2021.

Scavalcando le classi di priorità stabilite a livello nazionale, in un periodo in cui le inoculazioni erano riservate a personale sanitario e ospiti delle residenze sanitarie assistite.

La scorsa settimana, infatti, il procuratore capo di Potenza, Francesco Curcio, e il procuratore aggiunto, Maurizio Cardea, hanno firmato l’avviso di chiusura delle indagini nei confronti di Ligorio, del suo autista, Massimiliano Scavone, e altre 7 persone. Ovvero il dirigente dell’Asp, Sergio Molinari, e i vertici del complesso sanitario Universo Salute – Don Uva di Potenza: Rocco Maglietta, Roberto Galante, suor Carla, al secolo Maria Sabia, e i coniugi foggiani Giancarlo Pecoriello e Rosa Corsano, più il figlio Davide Antonio Pecoriello.

La sola suor Carla è accusata di favoreggiamento per aver attestato, falsamente secondo i pm, che la somministrazione del vaccino al vescovo era avvenuta per non sprecare una dose rifiutata da un avente diritto. Per tutti gli altri, invece, le accuse sono di peculato in concorso, per essersi appropriati indebitamente delle dosi, del valore di una quindicina di euro l’una, somministrate, sempre il 6 gennaio 2021, a Ligorio, Scavone, e i Pecoriello: il padre, presidente del consiglio di amministrazione di Universo Salute, poi la moglie, e il figlio, che avrebbe svolto incarichi legali per la società.

Il “caso” del vaccino al vescovo di Potenza era esploso all’indomani della somministrazione, quando era iniziata a circolare la sua foto col braccio scoperto in una specie di spot pro vaccino. Al riguardo Ligorio si è sempre difeso escludendo di aver «ingiustamente ricevuto un trattamento di favore».

Molto meno pubblicizzate le dosi somministrate ai Pecoriello, tanto che i pm ipotizzano che per vaccinare il padre sia stato tratto in inganno il personale dell’Asp, sostenendo che operasse stabilmente a Potenza invece che a Foggia. Mentre le inoculazioni alla moglie e il figlio sarebbero avvenute nel tardo pomeriggio, quando il personale Asp era già andato via dal punto di vaccinazioni allestito all’interno dell’ex Don Uva, attingendo alle scorte lasciate per il prosieguo delle somministrazioni agli ospiti, il giorno successivo.

Nei prossimi 20 giorni gli indagati potranno presentare memorie o chiedere di essere interrogati, poi i pm dovranno decidere se procedere con la richiesta di rinvio a giudizio o optare per una richiesta di archiviazione.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE