Un'ambulanza
2 minuti per la letturaPOTENZA – È finito in carcere un autista di ambulanza accusato di violenza sessuale aggravata nei confronti di un’infermiera del 118, di 34 anni, che prestava servizio con lui in un punto territoriale di soccorso in Val d’Agri. Lo ha reso noto, ieri, il procuratore aggiunto di Potenza, Maurizio Cardea, spiegando che il 46enne residente nel materano è stato accompagnato dai carabinieri nel carcere della città dei Sassi dove resta a disposizione dell’autorità giudiziaria.
L’episodio era già emerso nei giorni scorsi ma risale a una delle ultime notti di febbraio. In seguito la donna aveva presentato denuncia e sono quindi cominciate le indagini, condotte dal Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Viggiano dell’Arma, che hanno permesso «di raccogliere gravi indizi di colpevolezza – è sottolineato in un comunicato diffuso dalla Procura della Repubblica di Potenza – nei confronti dell’indagato».
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori – che hanno ascoltato diverse persone e analizzato i contenuti di diversi telefoni e computer – in un primo momento, l’uomo avrebbe molestato pesantemente la donna, che poi sarebbe stata costretta «con la forza, su un lettino», nella postazione sanitaria, a subire un rapporto sessuale. E, dopo la violenza, l’uomo avrebbe intimato alla collega di non raccontare a nessuno quello che era successo.
La vicenda ha ovviamente richiamato l’attenzione dei sindacati. Dopo la Fp Cgil di Potenza ieri è intervenuta anche la Cisl Fp, per cui: «questo episodio denuncia l’urgenza di mettere al centro il tema dei rapporti di genere dentro e fuori dai luoghi di lavoro».
«Troppo spesso – ha aggiunto Cisl Fp – le donne sono oggetto di attenzioni non richieste e alle volte tali attenzioni degenerano in molestie e atti di violenza. Per questo occorre investire di più sulla prevenzione di tali fenomeni rafforzando i servizi di ascolto. La lotta contro ogni forma di violenza di genere, da quella verbale a quella fisica – hanno concluso i rappresentanti sindacali – impone uno sforzo collettivo che deve essere prima di tipo culturale».
Sul caso è intervenuto anche l’assessore regionale alla Sanità, Francesco Fanelli (Lega), per cui «abbiamo bisogno non solo di misure concrete per difendere le donne – e la videosorveglianza parrebbe aver funzionato a tal scopo – ma anche una grande campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, per garantire una concreta parità uomo-donna sui luoghi di lavoro, soprattutto quelli più di “frontiera”, come il servizio sanitario».
«Bisogna rispettare le persone – ha aggiunto Fanelli – e creare una nuova consapevolezza verso le donne, anche per prevenire molestie e atti di violenza che inorridiscono tutti noi».
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