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POTENZA – Per i pm Antimafia di Potenza è un testimone fondamentale sui nuovi affari dei clan che controllano le attività criminali nel capoluogo lucano: i pignolesi Riviezzi e il gruppo Stefanutti-Martorano.

Eppure per il Viminale non ci sono i presupposti per la concessione dei benefici, anche economici, di un programma di protezione per lui e la famiglia. Tanto più che già in passato, quando viveva in Calabria, si era “pentito” ed era stato ricompensato per le sue rivelazioni ottenendo il necessario per iniziare una nuova vita a Potenza. Ma poi è tornato a commettere gli stessi errori.


E’ uno scontro in piena regola quello che si è innescato nelle scorse settimane tra l’Antimafia lucana, guidata dal procuratore Francesco Curcio, e il Ministero dell’Interno, retto da una potentina come Luciana Lamorgese. L’ennesimo, se si pensa alle richieste avanzate da anni, inutilmente, da Curcio per l’istituzione di una sezione lucana della Direzione investigativa antimafia.

Richieste lasciate cadere nel vuoto con motivazioni contestate puntualmente dal procuratore.
Questa volta al centro della discussione c’è la vicenda di un possibile nuovo collaboratore di giustizia a supporto delle indagini sulla mala di Potenza e dintorni. Il primo dopo un lungo periodo in cui pareva calato un velo sulle attività di organizzazioni criminali vecchie e nuove attive nel capoluogo. Almeno fino ad aprile di quest’anno, quando sono scattati 17 arresti per gli affari del clan Riviezzi. Inclusa la gestione – attraverso una serie di prestanome – del bar all’interno del Palazzo di giustizia.


L’aspirante pentito, assistito dall’avvocato Enrico Morcavallo, ha già deciso di portare il diniego del programma di protezione al Tar del Lazio. Così ha ottenuto che gli effetti del provvedimento in questione siano sospesi almeno fino all’udienza del 19 ottobre in cui verrà approfondito il caso.
Fino ad allora, pertanto, sarà obbligo del Ministero dell’interno l’adozione «di tutte le misure interinali atte a salvaguardare l’incolumità personale del ricorrente e dei suoi congiunti».

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Giovanni Rosa

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