3 minuti per la lettura
BARI – Nel giorno in cui presenta la sua relazione semestrale (riferita al primo semestre 2021), la Banca popolare di Bari gioca anche la sua carta al processo contro Marco Jacobini e suo figlio Gianluca, rispettivamente ex presidente ed ex condirettore generale dell’istituto di credito barese, accusati di aver falsificato per anni i bilanci e i prospetti, e di aver ostacolato l’attività di vigilanza di Bankitalia e Consob.
E chiede al presidente della seconda sezione penale, Marco Guida, di essere estromessa come responsabile civile dal processo nei confronti dei suoi ex vertici. Il motivo? Sostiene che sia stato violato il diritto di difesa quando, nel corso delle indagini, non è stata convocata per l’accertamento tecnico relativo alla copia forense dei telefoni degli indagati. Accertamento, tuttavia, che era stato disposto mesi prima che la Banca popolare fosse citata come responsabile civile. Un cavillo di carattere tecnico al quale la Procura non ha potuto opporsi, ritenendo legittima la questione.
Si sono invece opposte tutte le parti civili, circa 2.700, in gran parte azionisti, per i quali la banca rappresenta la più importante fonte di ristoro. Si è opposta anche la difesa degli imputati: gli avvocati Roberto Eustachio Sisto con i colleghi Guida Carlo Alleva, Giorgio Perroni e Giorgio Antoci, sostengono anche che quel tipo di accertamento, pomo della discordia, non sia »irripetibile» e, dunque, che l’eccezione presentata dai legali della Banca popolare non fosse valida. Questioni importanti da studiare e su cui si è quindi riservato il presidente Marco Guida, rinviando al 5 ottobre l’udienza del processo che si svolge nella Fiera del Levante di Bari. Solo allora scioglierà la riserva sulla costituzione come responsabile civile della banca, che nel processo è anche parte civile.
Intanto, però, gli azionisti si dichiarano «amareggiati dall’atteggiamento della Procura, che dopo aver condiviso la nostra richiesta di chiamare in causa la Banca popolare di Bari quale responsabile civile – accusano – ora compie un dietrofront a 360 gradi, voltando le spalle ai risparmiatori e accettando l’ipotesi avanzata dalla stessa banca di essere esclusa dal procedimento, rendendo in tal modo impossibile per le parti civili di poter accedere ai risarcimenti in caso di condanna degli imputati». Lo mette nero su bianco l’avvocato Corrado Canafoglia, che con i colleghi Antonio Calvani, Valentina Greco e Ennio Cerio rappresenta per l’Unc (l’Unione nazionale dei consumatori) il collegio di difesa di 230 azionisti azzerati. «Ora confidiamo che il collegio giudicante – scrivono ancora – respinga questa singolare richiesta, perché in caso di accoglimento si tratterebbe di un vero e proprio schiaffo a danno delle parti civili. Si tratterebbe di un primato: per la prima volta una banca non parteciperebbe a un processo che riguarda chi l’ha amministrata». Nel caso la Banca popolare di Bari uscisse dal processo, come responsabile civile, tuttavia, le associazioni degli azionisti potrebbero far valere le proprie ragioni in giudizi civili, dinanzi ad altri giudici a cui rivolgersi per ottenere il giusto risarcimento.
Il processo in corso, una volta sciolto il lodo “Banca popolare”, proseguirà con la prospettazione accusatoria: i pm Savina Toscani e Federico Perrone Capano, che hanno coordinato le indagini della guardia di finanza, assieme al procuratore Roberto Rossi, illustreranno gli elementi a carico dei due Jacobini, accusati di falso in bilancio e ostacolo alle funzioni di vigilanza. Oltre ai 2.700 azionisti (rappresentati da 277 avvocati), si sono costituiti parte civile il Comune di Bari e la Regione Puglia. Il Comune, in particolare, sarebbe stato danneggiato per «l’identificazione tra l’istituto bancario, in ragione della sua denominazione verosimilmente prescelta proprio per evocare nel pubblico una comunanza di interessi con la comunità locale, e la comunità degli operatori commerciali e dei risparmiatori baresi. Il danno astrattamente prodotto dei reati – scrivono i giudici – ha pertanto determinato conseguenze sfavorevoli anche per il Comune, essendo detto ente rappresentativo dell’interesse della comunità locale nelle sue molteplici possibili declinazioni, come è reso evidente dalla menzione nello Statuto dell’impegno dell’ente a sostenere lo sviluppo economico e sociale e il tessuto produttivo della propria comunità».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA