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Il procuratore antimafia Francesco Curcio

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POTENZA – Attraverso una serie di società, «con quote e cariche fittiziamente intestate a familiari compiacenti», il melfitano Emilio Gerardo Caprarella avrebbe continuato a gestire, sotto mentite spoglie, la sua storica impresa di costruzioni. Riuscendo anche a entrare in diversi appalti pubblici nonostante una condanna in appello a 9 anni di reclusione per mafia.
E’ quanto sostengono gli inquirenti della Dda lucana che ieri hanno eseguito il sequestro preventivo della cooperativa Edil C2, della società consortile Monticiano, e di Gida Costruzioni e Gospa costruzioni srl.
Nella nota diffusa ieri mattina dal procuratore distrettuale antimafia, Francesco Curcio, si ricordano le sentenze con cui è stata riconosciuta in primo e secondo grado l’appartenenza di Caprarella al clan mafioso dei Di Muro, «attivo nel territorio del vulture melfese» (i suoi legali hanno già annunciato ricorso in Cassazione).
Quindi si evidenzia il tentativo da parte dell’imprenditore di «eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali» intestando ad altri le attività. Di qui l’accusa di trasferimento fraudolento di valori.
Le indagini della sezione criminalità organizzata della Squadra mobile di Potenza e dell’aliquota di polizia giudiziaria della Guardia di finanza hanno evidenziato, peraltro, come due delle quattro società sequestrate avessero «la stessa sede, coincidente a propria volta con il luogo di residenza dei soggetti coinvolti».
Il sequestro delle imprese riconducibili a Caprarella è arrivato in un momento particolarmente delicato. Da tre mesi, infatti, è attesa la decisione del prefetto di Potenza Annunziato Vardé sulla relazione della commissione d’accesso da lui nominata ad agosto dell’anno scorso per valutare l’esistenza di infiltrazioni mafiose all’interno dell’amministrazione comunale. Una decisione che potrebbe portare, ove fossero emersi i riscontri necessari, allo scioglimento del quarto comune lucano per numero di abitanti.
Nel processo che si è chiuso a febbraio davanti alla Corte d’appello di Potenza Caprarella è accusato di aver rappresentato uno dei bracci imprenditoriali del clan Di Muro, che puntava ad appalti e lavori edili come le opere del centro commerciale “La nave” e il progetto della nuova ala del cimitero comunale.
Lo stesso Caprarella resta imputato anche in un altro processo iniziato più di recente a Potenza assieme al figlio Antonio (accusato a sua volta di associazione mafiosa ed ex consigliere comunale della maggioranza che elesse Ernesto Navazio) e all’attuale primo cittadino Livio Valvano, per concordato le varianti su alcuni lavori comunali.

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