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POTENZA – E’ stato già sentito in Procura come persona informata sui fatti il presidente del Tribunale del riesame, Aldo Gubitosi, nell’ambito dell’inchiesta sul presunto sistema di «collusioni fra pubbliche amministrazioni, professionisti e imprenditori», che sarebbe ruotato attorno allo studio del decano degli avvocati civilisti potentini Raffaele De Bonis.
Nei giorni scorsi Gubitosi avrebbe fornito chiarimenti puntuali e precisi rispetto ai suoi rapporti extra-professionali con l’anziano legale agli arresti domiciliari da metà ottobre, che non risulta essersi mai occupato personalmente di giudizi penali.
Il presidente del Riesame si sarebbe soffermato, in particolare, sulla circostanza evidenziata martedì davanti ai colleghi dello stesso Riesame, che entro oggi dovrà decidere sui ricorsi per l’annullamento degli arresti domiciliari disposti nei confronti di De Bonis, del responsabile dell’ufficio “I” del comando regionale della Guardia di finanza, Paolo D’Apolito, e di Biagio Di Lascio, ex segretario dell’ex governatore Marcello Pittella (indagato a piede libero, ndr).
Tra i legali comparsi in aula, infatti, non è mancato chi come Nicola Pisani (difensore di Di Lascio) ha sottolineato la presenza del nome di Gubitosi nel brogliaccio di un’intercettazione tra De Bonis e la titolare di un’impresa di giardinaggio. Una “strisciata” di 5 righe in cui l’agente della Squadra mobile addetto all’ascolto delle telefonate riassume un breve dialogo sul compenso richiesto (2.500 euro) per alcuni lavori commissionati dal magistrato alla ditta della donna, che gli era stata presentata proprio da De Bonis (in quanto già impiegata nella cura della sua proprietà).
Pisani si sarebbe soffermato soprattutto su una frase attribuita all’anziano civilista, in cui si accenna alla possibilità che parte del pagamento avvenisse “in nero”. Di qui l’ipotesi che Gubitosi sia stato vittima di un’induzione a effettuare quel pagamento fuori bilancio, e la richiesta di trasferire l’intero procedimento a Catanzaro, sede competente per le indagini che interessano, direttamente o indirettamente, i magistrati in servizio in Basilicata.
Di diverso avviso il procuratore capo Francesco Curcio che ha voluto presenziare di persona all’udienza affianco al pm titolare del fascicolo, Maria Cristina Gargiulo, e col collegio del Riesame presieduto da Maria Stante (data l’astensione di Gubitosi) ha liquidato la divulgazione del brogliaccio come una mera dimenticanza della cancelleria nell’apposizione degli omissis sulle circostanze prive di rilevanza contenute negli atti d’indagine desecretati. Una replica perentoria, per cui l’episodio andrebbe escluso dalla rappresentazione del vero sistema di potere emerso attorno all’anziano avvocato durante l’indagine, avviata da un esposto anonimo in cui veniva accusato di pilotare le sentenze del Tar Basilicata.
D’altronde, se si considera che De Bonis – sempre nella ricostruzione dell’accusa – aveva come riferimento in Regione Pittella e il suo segretario Di Lascio per propiziare il buon esito delle pratiche d’interesse dei suoi clienti, stonerebbe non poco il fatto che Gubitosi sia stato tra i magistrati più severi nei confronti dell’ex governatore, presiedendo il collegio che ha respinto per ben due volte, a luglio e a dicembre dell’anno scorso, il suo ritorno in libertà, dopo l’arresto nell’ambito dell’inchiesta sui concorsi truccati in Sanità. Un diniego reiterato nonostante le severe censure al suo operato pronunciate dalla Corte di cassazione esaminando in prima istanza la vicenda, che ha sbarrato di fatto la strada alla ricandidatura a governatore di Pittella.
Durante le perquisizioni nello studio dell’avvocato, inoltre, sarebbe emersa la fattura, sequestrata, per quei lavori di giardinaggio, e lo smaltimento a norma di legge di una quantità di ramaglie, che il giudice avrebbe pagato, dopo un’estenuante trattativa, con un assegno – evidentemente considerato esaustivo – consegnato nelle mani dell’amico legale incaricato di curare i rapporti con la ditta.
Del resto se così non fosse, o se vi fosse stato riscontro ad altro di rilievo penale (anche ai danni di Gubitosi), per effetto delle norme stringenti che disciplinano la materia il procuratore sarebbe stato il primo a dover trasferire l’intero fascicolo oltre Pollino senza attendere solleciti delle difese.
Oggi il Tribunale del riesame dovrebbe esprimersi anche sull’altro elemento emerso dagli atti messi a disposizione delle difese su cui Pisani e i difensori di D’Apolito, Donatello Cimadomo e Angela Pignatari, hanno basato la richiesta di trasferimento dell’inchiesta da Potenza.
Si tratta di un’intercettazione in cui De Bonis chiederebbe a un suo cliente «1.500 euro» per comprare la sentenza di un giudice onorario del Tribunale di Potenza, citata (senza indicare il nome del magistrato) all’interno di una richiesta di proroga delle captazioni sui telefoni e all’interno degli uffici dell’avvocato ultraottantenne.
Pure su questa, tuttavia, Curcio ha già minimizzato nell’udienza di martedì, lasciando intravedere che possa essersi trattato di poco più che una millanteria, sebbene ammettendo di aver già trasmesso per competenza gli atti relativi ai colleghi calabresi.

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