La scuola Domenico Savio (immagine d’archivio)
3 minuti per la letturaPOTENZA – Per comprendere appieno il problema di 230 studenti medi dell’Istituto comprensivo “Domenico Savio” di Potenza bisogna immedesinarsi in quello che stanno vivendo. Basta sedersi su una sedia senza braccioli, magari continuando a leggere questo articolo. Basta poco e le braccia cominciano a formicolare, poi a indolenzirsi e infine a sembrare un peso insopportabile.
Gli studenti di undici classi della Savio vivono così i loro primi giorni di scuola. Senza un banco. Lo spiega Diana Camardo, dirigente scolastico dell’istituto: «Sì, sono seduti sulle sole sedie, quelle senza ribaltine e rotelle. Un problema enorme».
La questione è legata ovviamente all’emergenza coronavirus. «La mia è la scuola più grande della regione con 1.200 studenti. Con i banchi che avevo ho dovuto decidere delle priorità. Precedenza all’elementare: impensabile che i bambini possano rimanere seduti e fermi con le braccia penzoloni. Altra priorità per i bimbi diversamente abili che hanno bisogno di due banchi. Poi i bimbi di prima media, che sono in un anno di passaggio».
Alla fine, togli qui e metti là, i banchi per le seconde e terze medie non c’erano più. «Abbiamo sistemato le sedie a distanza, ovviamente», specifica la preside.
E ora la scuola è in attesa che il ministero mandi i banchi promessi. «C’era anche un piano B – chiarisce Camardo – ossia il doppio turno. Ma dopo l’uscita del primo turno bisognava sanificare e igienizzare per il secondo, che quindi non sarebbe potuto entrare prima delle 14:45. Fine delle lezioni non prima delle 19:45. Ho incontrato i genitori illustrando questa soluzione, ma loro stessi mi hanno detto che sarebbe stato impossibile».
E dunque? «A casa mia banchi non ne ho – ironizza amaramente la dirigente – Avevo fatto tutte le richieste per tempo. Ho qualcosa che mi bolle in pentola, ma a livello personale e amicale, banchi in comodato d’uso. Devo controllarne la fattibilità ».
Ma il ministero ha fatto sapere qualcosa sulla data di consegna? «No – risponde – Ci hanno fatto solo sapere che saranno consegnati dall’esercito e che dobbiamo tenere aperta la scuola mattina e pomeriggio. A parte questo, e a dirci che a sistemarli dovranno essere i bidelli, nessuna comunicazione».
E così i ragazzi restano seduti su sedie senza braccioli. Per un paio di giorni docenti e studenti si sono ritrovati nel parco Baden Powell antistante la Savio. Ma già ieri, con la pioggia, è stato impossibile.
Camardo ripercorre gli ultimi mesi passati a predisporre il ritorno in classe dei ragazzi. «In questo – rimarca – siamo stati aiutati meravigliosamente dal Comune, e devo ringraziare il geometra Baldantoni e l’assessore Sagarese. C’è stato tanto lavoro, abbiamo abbattuto muri e tirato su divisori in cartongesso, facendo diventare grandi le aule piccole e ricavando dai refettori ben dodici classi in più».
La dirigente scolastica ricorda le difficoltà nel contemperare leggi, regole, questioni diverse: «Abbiamo garantito che ci fosse da bocca a bocca almeno un metro – sottolinea – ma anche che si trovasse la via di fuga prevista per il sisma».
Ma c’è un altro nodo da sciogliere, legato a quelle che vengono definite classi-pollaio da ben 27 alunni l’una. «Ho preso due sezioni della quarta elementare, la A e la B – racconta la preside – ne ho sommato gli alunni e poi li ho divisi per tre, creando una nuova sezione, la H, e tre classi da 17. Il problema è che così non c’è l’insegnante di religione per la nuova sezione. Mi sono rivolta a tutti, ho parlato anche con sua eccellenza il vescovo spiegando che i bimbi non possono usufruire dell’insegnamento della religione cattolica. Se non si trova una soluzione dovrò dire ai genitori che quella classe, un giorno alla settimana, uscirà due ore prima, alle 11:30».
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