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Presentati a Potenza i risultati di uno studio commissionato da Eni a un gruppo di superesperti: coinvolte le più prestigiose università americane (Mit e Harvard)
POTENZA – Il problema dei microterremoti indotti dalla reiniezione nel sottosuolo dello scarto acquoso delle estrazioni di petrolio e gas in Val d’Agri può essere azzerato diminuendo del 20% il quantitativo pompato in profondità.
Sarebbe questa la conclusione della ricerca commissionata nei mesi scorsi da Eni, titolare della concessione mineraria valdagrina, a un gruppo di lavoro di esperti delle più note e prestigiose università degli Stati Uniti. Uno studio che fa seguito a quello dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che nel 2016 era riuscito a “fotografare”, per la prima volta in Italia, l’attivazione di faglie sismiche nel sottosuolo lucano proprio per effetto della reiniezione, arrivando a suggerire un monitoraggio sulla «possibile migrazione» della sismicità dalle «micro-faglie» osservate «verso faglie in formazioni più profonde», e pericolose. Oltre al contenimento entro limiti prudenziali della pressione del fluido spinto nel sottosuolo.
Presentati a Potenza i risultati di uno studio commissionato da Eni a un gruppo di superesperti
I risultati dello studio americano, che con ogni probabilità verrà pubblicato a breve su riviste specializzate, sono stati anticipati venerdì scorso in un convegno a Potenza, rigosamente in inglese, organizzato nell’aula magna dell’Università della Basilicata, dal titolo “Seismicity in the Val d’Agri area”, alla presenza, tra gli altri, del rettore Aurelia Sole, del presidente dell’Ingv Carlo Doglioni, e del direttore del Cnr-Imaa di Tito, Vincenzo Lapenna.
A coordinare il gruppo di lavoro, e a spiegare il senso delle analisi effettuate, è stato svolto il professor Bradford Hager del Massachusetts Institute of Technology di Boston (Mit), da anni in testa alle classifiche sulle migliori università scientifiche del mondo.
Hager ha sostituito anche un altro dei firmatari dello studio, John Shaw, direttore del dipartimento di Scienze della terra dell’altrettanto nota università di Harvard, che si è occupato della ricostruzione tridimensionale delle faglie sismiche presenti in Val d’Agri, evidenziando le maggiori che ne segnano il confine orientale ed occidentale.
Poi è stato il turno di altro professore del Mit, Ruben Huanes, che ha relazionato sulla distribuzione dei fluidi come acqua e petrolio nel sottosuolo della Val d’Agri e la loro dinamica in relazione alla pressione riscontrata. Quindi di James Dieterich dell’Universita di Riverside, in California, che utilizzando le informazioni dei colleghi che lo hanno preceduto, ha mostrato come alcuni dei pozzi di Eni peschino greggio ad una profondità maggiore di quella a cui si verificano i microterremoti registrati negli ultimi anni, per cui sono finite sotto osservazioni proprio le estrazioni effettuate dalla compagnia. Inoltre ha sostenuto che riducendo la pressione e il carico dei fluidi nel sottosuolo, pompando in superficie petrolio, gas e l’acqua associata, diminuirebbero le possibilità di un movimento delle faglie più pericolose.
Sulla sismicità indotta dalla reiniezione delle acque di scarto nel pozzo esausto di Montemurro, noto come Costa Molina 2 (l’unico attualmente utilizzato per questo scopo in Val d’Agri), Dieterich ha mostrato come immettendone nel sottosuolo fino a 3000 metri cubi al giorno al giorno non vi sarebbero assolutamente problemi. Ma ha convenuto sul suggerimento avanzato due anni orsono all’Eni e agli enti preposti ai controlli, in primis la Regione Basilicata, dagli italiani dell’Ingv (guidati dal ricercatore Mauro Buttinelli), chiamati in causa per una collaborazione con Eni, che rientrava tra le prescrizioni imposte alla compagnia dalla Regione Basilicata per l’autorizzazione alla reiniezione nel pozzo Costa Molina 2.
Anche per Dieterich, infatti, sarebbe consigliabile ridurre in via cautelativa del 20% gli attuali 2500 metri cubi di acque di scarto smaltiti quotidianamente nel pozzo Costa Molina 2 (due terzi della produzione complessiva), limitandosi a 2000 metri cubi.
Le conclusioni dei vari contributi scientifici sono state tirate dallo stesso Hager, che ha parlato estrazioni gestite in maniera molto positiva dalla compagnia del cane a sei zampe, sottolineando la riduzione del rischio di un grosso terremoto come quello che devastò la Val d’Agri nel 1857.
Hager ha sollecitato comunque Eni a infittire la rete di monitoraggio e all’adozione di piani di emergenza a riguardo, perché la probabilità che in Basilicata si possano verificare terremoti importanti resta alta ed è opportuno tranquillizzare l’opinione pubblica.
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