Uno dei manifesti di Libera affissi a Potenza per i 25 anni del delitto Claps
2 minuti per la lettura Il cadavere di Elisa fu ritrovato il 17 marzo 2010 nel sottotetto della Santissima Trinità, nel centro storico di Potenza, chiesa che resta chiusa in attesa dei lavori di restauro
POTENZA – «Una memoria che non cerca la verità calpesta la dignità». E’ il testo del manifesto di Libera affisso oggi a Potenza a 25 anni dal 12 settembre 1993, giorno dell’omicidio di Elisa Claps, il cui cadavere fu ritrovato il 17 marzo 2010 nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità nel centro storico del capoluogo lucano, che resta chiusa in attesa dei lavori di restauro. Per l’omicidio Claps, Danilo Restivo è stato condannato con sentenza irrevocabile a 30 anni di reclusione, mentre nei prossimi mesi dovrebbe cominciare il processo in Appello sui fatti relativi al ritrovamento del cadavere: in primo grado le due donne delle pulizie imputate sono state condannate a otto mesi di reclusione (pena sospesa) per false dichiarazioni al pm.
In un comunicato, don Marcello Cozzi dell’associazione Libera ha evidenziato che «la vogliamo ricordare così, Elisa, con un manifesto, come abbiamo fatto dall’inizio, quando ancora la cercavamo, quando le sue tracce si erano perse nel nulla, quando ancora nessuno immaginava l’atroce verità: era lì, è sempre stata lì, in quel sottotetto, a due passi da tutti. Sono passati 25 anni da quel 12 settembre e noi vogliamo continuare a ricordarla non solo per la sua dignità di giovane ragazza a cui è stato tolto il diritto di camminare nel futuro, non solo per il dolore incancellabile e inconsolabile della sua famiglia, ma anche e soprattutto per dire a noi stessi che una memoria senza verità, una memoria che diventa semplice commemorazione, una memoria che ricorda ma preferisce voltare pagina, una memoria che si commuove senza indignarsi, è una memoria complice, sterile e offensiva della dignità di chi non c’è più e di una comunità intera. E quando la memoria non coincide né con verità né con la giustizia – ha concluso don Cozzi – è come una ferita che sanguina senza mai diventare cicatrice».
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