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L'ospedale San Carlo di Potenza

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Paradossalmente la signora ha scoperto la patologia grazie a uno screening gratuito al San Carlo

POTENZA – Quando l’operatrice del Cup (Centro unico per le prenotazioni) le ha detto «a novembre», nonostante si trattasse  di attendere sei mesi  a fronte di una massimo di 60 giorni previsti per legge, una cinquantenne potentina tutto sommato ha pensato di essersela cavata bene. 
Quando poi al «novembre» è stato aggiunto «del 2020»  questa donna (per motivi di privacy non mettiamo il nome) è rimasta basita perché il dovere aspettare due anni e sei mesi prima di potersi sottoporre a una visita di controllo all’ospedale San Carlo  ha superato di gran lunga il concetto di lungaggini per le liste di attesa.  
Non solo. La cinquantenne potentina quella visita di controllo endocronologico con ecografia della  tiroide e della paratiroide la deve effettuare «per potere – così ha raccontato al “Quotidiano del Sud” – tenere sotto controllo un nodulo». Nodulo che la signora ha scoperto di avere «grazie – e questo tengo a precisarlo – a uno screening gratuito per la prevenzione delle patologie che possono colpire la tiroide». 
A seguito dello screening, infatti, i medici del San Carlo l’hanno sottoposta a una prima visita. Da qui la raccomandazione di sottoporsi poi a un controllo.
Controllo che la donna, proprio per tenere sotto controllo quel nodulo, ha deciso di fare.
Da qui la telefonata al Cup per prenotare la visita.
Visita che, come detto, prima del novembre del 2020 al San Carlo non potrà essere effettuata. Se, invece che di un controllo, si fosse trattato di una prima visita la signora avrebbe avuto più fortuna visto che per togliersi una curiosità ha posto la domanda all’operatrice del Centro unico per le prenotazioni.
E l’operatrice le ha risposto che «nel caso di prima visita i tempi di attesa erano meno lunghi e la prima data utile era già per il prossimo mese di luglio».
Insomma la cinquantenne potentina si è trovata di fronte a tre opzioni: attendere due anni e sei mesi, ritelefonare al Cup e chiedere una prenotazione come prima visita, cavandosela così per il prossimo luglio, o rivolgersi a uno studio privato e pagando una cifra che «a seconda del privato a cui decido di rivolgermi – ha aggiunto –  può raggiungere anche i 150 euro».
Una cifra che «mi risparmiei volentieri di pagare visto che il ticket si  aggira sui 36 euro e che le prestazioni con il servizio sanitario – servizio sanitario che come cittadini paghiamo con le nostre tasse – dovrebbero essere garantite al massimo entro 60 giorni». E visto che «quel nodulo io lo devo assolutamente controllare a questo punto, non potendo aspettare novembre del 2020,  ho già prenotato la visita da un privato» anche se «quei 150 euro li avrei risparmiati volentieri visto che come tantissime persone devo far quadrare i conti per necessità». 
Insomma le lungaggini per le liste d’attesa alla fine penalizzano sempre e soltanto le fasce più deboli e le persone oneste come la cinquantenne potentina che avrebbe potuto fingere che si trattava di una prima visita  e a luglio, come riferitole dall’operatrice del Cup, con il pagamento del solo ticket avrebbe, anche se ben oltre i 60 giorni di attesa, effettuato il controllo spacciandolo, però, come prima visita.  
Purtroppo quanto denunciato da questa donna non è un caso isolato. E se lei non ha “barato” e alla fine si sottoporrà a controllo da un privato non è detto che tutti siano onesti e si comportino come ha fatto lei.

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