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E’ di Venosa il 45enne Vito Di Biase, vittima di un regolamento di conti in stile mafioso: lo hanno attirato sotto casa in pieno giorno freddandolo con 5 colpi di pistola
ANDRIA – E’ stato freddato sotto casa ad Andria, provincia pugliese di Bat, da un commando che ha agito in perfetto stile mafioso. Così Vito Di Biase, 45enne originario di Venosa, poi trasferitosi a Ripacandida, quindi in Puglia, è morto ieri mattina intorno alle 13. L’agguato è avvenuto nel popoloso rione “Valentino”, dove l’uomo era tornato da tre giorni in regime di sorveglianza speciale, dopo un periodo di arresti domiciliari. E’ stata un’esecuzione in piena regola, proprio sotto casa sua, davanti agli occhi attoniti dei passanti. I killer sapevano di trovarlo lì, sapevano che poteva uscire e sono andati a colpo sicuro.
In due, forse in tre, con i volti coperti da maschere di carnevale, a bordo di un’auto di grossa cilindrata, una Jaguar o una Maserati di colore scuro; sono scesi e hanno sparato almeno sette colpi di pistola, Di Biase non ha avuto scampo.
E’ accaduto in viale Ausonia. L’uomo non era classificabile come un pezzo grosso della criminalità organizzata, almeno a quanto riferiscono gli investigatori. Aveva diversi precedenti per reati contro il patrimonio, estorsioni, cavallo di ritorno, l’ultimo periodo lo aveva trascorso ai domiciliari. Probabilmente ha fatto uno sgarro, che potrebbe aver ferito la mafia pugliese più nell’orgoglio, che nel patrimonio, quindi lo ha pagato caro. Polizia e carabinieri, coordinati dal magistrato dalla Procura di Trani, Giovanni Lucio Vaira, stanno passando al setaccio le immagini di alcune telecamere della zona, esaminando le ultime ore di vita dell’uomo, i suoi contatti, le persone con le quali eventualmente potrebbe avere avuto qualche problema in passato. E’ stata disposta anche l’autopsia, l’incarico affidato all’èquipe del professor Biago Solarino, dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari.
Nel marzo 2017, con un gruppo di complici non ancora identificati, aveva rubato mezzi agricoli a Ripacandida, che poi voleva restituire ai proprietari con il sistema del “cavallo di ritorno”, con altre due persone accusate di aver estorto 3.000 euro al proprietario della merce rubata (con un valore di 40mila euro), un imprenditore agricolo operante nella zona di Ginestra. Il povero proprietario ha pagato per ottenere la restituzione della refurtiva ad avvenuto pagamento.
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