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L’Organo di liquidazione ha inviato le lettere ai cittadini di Murate e Macchia Giocoli: le duecento famiglie dei due rioni dovranno sborsare 25.753 euro

POTENZA – Sono state recapitate dall’Organo straordinario di liquidazione le lettere alle  200 famiglie residenti a Murate e Macchia Giocoli  con cui si chiede il pagamento di 25.753 euro e 70 centesimi per  ridiventare proprietari dei terreni su cui sorgono le palazzine dove abitano.

Con la richiesta di pagamento è giunta a conclusione l’infinita querelle che ha visto contrapposti da un parte i cittadini residenti a  Macchia Giocoli e Murate  e dall’altro Comune sulla riscossione o meno da parte di quest’ultimo del valore dei terreni acquistati da alcuni cittadini.

Cittadini che già nel 2015 avevano ricevuto un prima lettera in cui si chiedeva loro di pagare ma poi non se ne era fatto più nulla. Con l’invio della nuova richiesta, invece, di fatto le 200 famiglie saranno costrette a pagare   “per avere la piena e libera proprietà dell’immobile posseduto – così nelle lettere inviate –  ed evitare l’accessione degli alloggi”, cioè quella prerogativa che si verifica quando il titolare di un suolo – in questo caso il Comune – diventa proprietario di tutto quello che vi è sopra. 

Ma i cittadini ribadiscono che non hanno alcun debito nei confronti dell’amministrazione. Del resto, le varie sentenze passate in giudicato sugli espropri all’origine di questa vicenda hanno di fatto ritenuto responsabile dell’errore solo l’amministrazione comunale che, però, era stata condannata a pagare un risarcimento milionario per i terreni  di Macchia Giocoli e Murate un risarcimento milionario.

Una vicenda   che ha sempre avuto  il sapore della beffa oltre che del danno.  La storia  dei terreni di Murate e Macchia Giocoli risale ai primo anni ‘80 quando il Comune approva le richieste di una serie di cooperative e i relativi progetti per la realizzazione di alloggi nei due rioni.

I proprietari originari dei suoli chiedono di essere risarciti per l’occupazione dei terreni, il cui iter non era stato regolare cisto che l’amministrazione comunale dell’epoca li pagò come terreni agricoli e non come terreni edificabili.

Anni e anni di cause, ricorsi e controricorsi terminati nell’aprile del 2014 con una sentenza del Consiglio di Stato che ha messo una pietra tombale sulla vicenda amministrativa. Vicenda amministrativa il cui conto dovranno pagarlo quelle duecento famiglie che erano “convinte ” di avere un’abitazione e che, invece, si sono trovate nella condizione di dover di fatto acquistare i terreni su cui sono sorti gli edifici delle loro cooperative edilizie  se vorranno mantenere le loro abitazioni. Più che su cemento e mattoni quegli alloggi di Macchia Giocoli e Murate sono stati costruiti su carta bollata e sentenze di tribunale. Tutto ruota intorno a quei suoli e alla legittimità – o meglio a oggi illegittimità – degli espropri, alla loro assegnazione e dulcis in fundo alla loro destinazione urbanistica. Cause su cause che hanno interessato tribunale, Corte d’Appello Tar e Consiglio di Stato con tanto di citazioni, denunce, ricorsi e controricorsi.   Già dalle prime battute della battaglia legale il sospetto che a rimetterci sarebbero stato i cittadini era venuto in mente a più di qualcuno. E, purtroppo, alla fine quel sospetto si è trasformato in realtà. Dopo avere pagato ai proprietari quanto dovuto per quei terreni l’amministrazione comunale decide di rivalersi sui cittadini. Cittadini che, pur non avendo avuto nessuna responsabilità nelle procedure degli espropri, hanno comunque avuto la peggio. La magistratura, infatti, ha riconosciuto al Comune il diritto di rivalsa. Cinque milioni di euro la somma richiesta.

Nel 2011 il consiglio comunale impone ai cittadini l’acquisto dei terreni. Segue ricorso e, nel settembre del 2012, il Tar dà ragione agli ex soci delle cooperative. Per i cittadini sembra la fine di un incubo. Con la sentenza del Consiglio di Stato del 2014 , invece, la doccia gelata che ripristina l’efficacia della delibera del 2011. Di fatto il Consiglio di Stato mette nero su bianco che l’esproprio era illegittimo e illecito e la cessione delle aree edificabili  venne effettuata senza verificare se  assegnatari avessero i requisiti per accedere all’edilizia popolare.

Essendo stato annullato l’atto amministrativo con cui il Comune aveva dato il permesso di costruire di fatto cadono anche gli accordi fra le cooperative e l’ente.

Recita la sentenza: “La responsabilità dell’amministrazione comunale, accertata nei menzionati giudizi civili, nei quali infine è stata esclusa la responsabilità delle cooperative e dei soci sui modi illeciti di acquisto dei terreni, non esclude che possa risultare inficiato, per altra ragione, il rapporto tra Comune e cooperative e soci assegnatari”.

Del resto  le varie sentenze passate in giudicato sugli espropri hanno di fatto ritenuto responsabile dell’errore solo il Comune.  Comune, che come detto, ha pagato ai proprietari dei suoli un risarcimento  di circa 5 milioni di euro. E sono proprio quei 5 milioni di euro che oggi l’Organo straordinario di liquidazione chiede che vengano “restituiti” al Comune  che pagando il danno  è diventato di fatto proprietario dei terreni.  Tutto questo, però, senza tenere conto che gli espropri e le licenze di costruzione sono state rilasciate proprio dall’amministrazione comunale.   Già dalle prime battute di questa battaglia legale il sospetto che a rimetterci sarebbero stato i cittadini era venuto in mente a più di qualcuno. E, purtroppo, alla fine quel sospetto si è trasformato in realtà.

 

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