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L’Istat pubblica un rapporto sulla corruzione in Italia osservata dal punto di vista delle famiglie: la Basilicata non ne esce bene

POTENZA – Bisogna rimanere sorpresi o no davanti al risultato del Rapporto Istat sulla corruzione che vede la Basilicata prima in Italia per il voto di scambio?

Bisogna, da lucani, dirsi indignati per un risultato che certo non fa onore al buon nome della Basilicata o riconoscere che a questo esito hanno portato interi decenni di malcostume?
I fautori della seconda ipotesi riconosceranno, in quel 9,7% stabilito dall’Istat (ossia una persona ogni dieci), la sintesi delle cattive abitudini della politica lucana, forse non sempre giunte nelle aule di tribunale, ma che tutti conoscono: il voto chiesto a interi ceppi familiari in cambio della promessa di posti di lavoro o di affidamenti e consulenze, le relazioni corte che diventano stile di vita, le difficoltà ad andare avanti – e non di rado addirittura a sbarcare il lunario – per chi non si assoggetta a questo andazzo.
I lucani riconoscono questo tipo di comune sentire, lo annusano di sera nei bar e nei locali pubblici in cui spesso ai tavolini non ci si limita ad assaporare un buon piatto, ma si decidono le sorti di intere schiatte legandole a un semplice, spensierato, misero “sì” pronunciato fra una patatina fritta e un brindisi all’Aglianico.
Cosa sia il voto di scambio lo dice la legge e lo ribadiscono gli stessi studiosi dell’Istat nel rapporto: «Nel nostro Codice penale il voto di scambio è classificato fra i reati contro l’ordine pubblico con la denominazione di “scambio elettorale politico-mafioso” (articolo 416ter del Codice penale). Pur con una diversa classificazione giuridica rispetto alla corruzione – che è un reato contro la Pubblica amministrazione – il voto di scambio ne condivide, per alcuni aspetti, la fenomenologia. In questo caso il pactum sceleris avviene fra un elettore e un politico, o un suo intermediario, che trasformano in oggetto di scambio quel voto che secondo la nostra Costituzione (art. 48) dovrebbe essere “eguale, libero e segreto”».
La percentuale della Basilicata è quasi il triplo della media nazionale.
«Si stima – dicono dall’Istat – che a oltre un milione e 700.000 cittadini (3,7% della popolazione fra i 18 e gli 80 anni) sono stati offerti denaro, favori o regali per avere il loro voto alle elezioni amministrative, politiche o europee».
«Il voto di scambio – spiegano ancora – è più frequente in caso di elezioni amministrative e raggiunge i picchi più alti al Sud e nelle Isole, dove ne ha avuto qualche esperienza, rispettivamente, il 6,7% e l’8,4% della popolazione».
Ed ecco il passaggio che l’istituto italiano per la statistica dedica alla terra lucana: «Tutte le regioni del Sud, fatta eccezione per il Molise, presentano tassi sensibilmente più elevati rispetto alla media Italia, con il massimo del 9,7% in Basilicata. In cambio del voto sono stati offerti o promessi soprattutto favori o trattamenti privilegiati (34,7% dei casi), nomine o posti di lavoro (32,8%) o addirittura denaro (20,6%)».
Difficile sentirsi consolati dalla consapevolezza di essere, al Sud, in buona compagnia.

LA BASILICATA SEGNALATA ANCHE NEI SETTORI DELL’OCCUPAZIONE E DELLA SANITÀ  E’ la prima volta che l’Istat (nell’indagine sulla sicurezza dei cittadini 2015-2016) introduce una serie di quesiti per studiare il fenomeno della corruzione. 

Attraverso l’elaborazione dei dati statistici, dall’Istat hanno calcolato che il 7,9% delle famiglie italiane nel corso della vita sia stato coinvolto direttamente in eventi corruttivi come richieste di denaro, favori, regali o altro in cambio di servizi o agevolazioni (2,7% negli ultimi 3 anni, 1,2% negli ultimi 12 mesi).
L’indicatore complessivo (7,9%) raggiunge il massimo nel Lazio (17,9%) e il minimo nella Provincia autonoma di Trento (2%). Valori particolarmente elevati presentano anche l’Abruzzo e la Puglia, rispettivamente 11,5% e 11%, la Basilicata (9,4%) e il Molise, mentre all’opposto si collocano alcune regioni del Nord come la provincia autonoma di Bolzano, il Piemonte e la Valle d’Aosta, il Friuli Venezia Giulia e le Marche.
Ma molto dipende dagli ambiti della corruzione. Nel settore lavorativo (3,2% delle famiglie) i casi di corruzione sono più segnalati nel Lazio (7,4%) e in Puglia (6,3%), seguono Liguria (4,2%), Sardegna (4,2%) e Basilicata (4,1%). Nel Lazio (5,7%) e in Puglia (4,8%) è presente la percentuale più alta di famiglie che hanno avuto richieste di denaro quando si sono rivolte a uffici pubblici (Comune, Provincia, Regione, aziende sanitarie locali, vigili del fuoco eccetera).
«Tra le famiglie coinvolte in cause giudiziarie, si stima che il 2,9% abbia avuto nel corso della propria vita una richiesta di denaro, regali o favori da parte, ad esempio, di un giudice, un pubblico ministero, un cancelliere, un avvocato, un testimone o altri».
Nel Belpaese il 2,7% delle famiglie che hanno fatto domanda di benefici assistenziali (contributi, sussidi, alloggi sociali o popolari, pensioni di invalidità o altri benefici) si stima abbia ricevuto una richiesta di denaro o scambi di favori.
Per quanto riguarda la sanità, episodi di corruzione hanno coinvolto il 2,4% delle famiglie che avevano bisogno di visite mediche specialistiche o accertamenti diagnostici, ricoveri o interventi. Le famiglie che si sono rivolte agli uffici pubblici nel 2,1% dei casi hanno avuto richieste di denaro, regali o favori. Più frequente in Abruzzo (4,7%) e in Campania (4,1%). La richiesta di effettuare una visita privata prima del trattamento nella struttura pubblica è elevata in Puglia (20,7%), Basilicata (18,5%), Sicilia (16,1%) e Lazio (14,4%).

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