Giuliano Scarpinato
5 minuti per la letturaPOTENZA – Ha ricevuto minacce, insultato con termini pesanti, raggiunto da accuse di ogni tipo. Eppure non è un teorico del fondamentalismo, un pubblico evasore o un politico corrotto, ma un autore e regista di teatro che ha deciso di scrivere una storia e rappresentarla. Una storia molto particolare, intitolata Fa’afafine. In tanti – quasi tutti senza aver visto lo spettacolo – lo hanno additato come pubblico perturbatore della morale dei minorenni. E’ al centro di un caso politico anche in Basilicata. Il suo nome è Giuliano Scarpinato, classe ‘83, e questo è il suo pensiero. (LEGGI LA DIFESA DELLO SPETTACOLO)
Scarpinato, perché ha pensato di proporre alle scuole questo spettacolo?
«No, guardi, io non ho proposto uno spettacolo alle scuole. Sono un artista di teatro. Questo spettacolo è nato due anni e mezzo fa dalla lettura di un bellissimo articolo di Internazionale, grazie a cui ho scoperto l’esistenza del gender fluid (persone che non si riconoscono né nel sesso maschile né in quello femminile, ndr). Mi sono documentato e ho letto di famiglie americane con questi bimbi e un libro di Lori Duron, “Raising My Rainbow”, tradotto in Italia come “Il mio bellissimo arcobaleno”, che parlava del gender creative. Ho avuto il desidero di portare in scena una storia così: mi affascinava la lotta per la libertà identitaria contro gli stereotipi. Io non avevo idea di tutto quello che era il fantoccio gender con relativa caccia al gender. Il mio lavoro ha avuto un primo trampolino quando ha ricevuto il premio “Scenario Infanzia”. Vinto il premio, da lì è cominciato il percorso nel teatro ragazzi, lungo il quale ho vinto altri premi».
I suoi detrattori dicono che quel premio lo ha vinto solo perché era un premio per opere “strane”.
«Follia. E’ una delle bufale che fanno girare. Fu un’obiezione di una signora a Bolzano in una conferenza. Prese la parola e disse: per dimostrare che in questo bando c’è l’ideologia gender ve lo leggerò. Parlò di contaminazioni di genere, di sconfinamento. Peccato avesse cancellato le frasi che parlavano di teatro di ricerca. E’ una mistificazione molto grave, tendente al ridicolo»».
Vuole descrivere lei lo spettacolo?
«E’ la giornata speciale di tre persone, Alex White, un gender fluid, qui lo tradurremmo di genere non conforme, e i suoi genitori Susan e Robert. Alex ha deciso di chiudersi in stanza e non uscire nemmeno per andare a scuola. La notte prima ha meditato una sorta di fuga: raggiungere il suo amico Elliot in aeroporto e fuggire a Samoa, dove questi individui esistono realmente: appartengono a entrambi i sessi. Una fantasia, certo, ma motivata da una realtà di grande sofferenza. I genitori scopriranno infatti che da mesi Alex è sottoposto a un bullismo sfiancante, picchiato ogni giorno. Non se la sente più di andare a scuola e si rifugia in un mondo di fantasia, volando verso Samoa. I genitori capiscono che questo asserragliamento non nasce da capricci. Si travestono – la madre da uomo e il padre da donna – vanno da lui ed escono tutti per la strada, dopo avergli detto: “Vestiti come vuoi e faremo vedere a tutti che la famiglia White è una famiglia speciale”».
Si parla di “favola”.
«E invece questo episodio di travestimento e festa è una cosa reale. A volte il genere umano ci regala sorprese che fanno ben sperare».
Cosa è accaduto ai primi spettacoli, quando forse non si era ancora sollevato questo vespaio?
«L’anno scorso a Palermo – lo spettacolo è una coproduzione del Teatro Stabile d’Innovazione del Friuli Venezia Giulia con il Teatro Biondo del capoluogo siciliano – hanno cominciato a circolare miliardi di messaggi whatsapp in cui si diceva che al Biondo c’era un spettacolo diabolico, perverso, che insegnava ai bambini a masturbarsi, a fare cambi di sesso eccetera. Da lì ho scoperto che esistevano questi comitati e che avevano preso di mira lo spettacolo. A Salerno c’era una camionetta fuori dal teatro per le minacce subite dopo la denuncia di Forza Nuova. Quest’anno sono tornati alla carica con molta più forza contando sul sostegno dell’assessore Donazzan del Veneto che ha scritto anche al ministro. Poi, la raccolta di moltissime firme on line».
Quindi in molti hanno detto di no allo spettacolo.
«Macchè: si apriva sullo schermo un enorme pulsante rosso e firmavi contro anche senza accorgertene. Diversi amici miei mi hanno chiesto scusa per aver firmato inavvertitamente. La ministra Meloni ne ha parlato male sulla sua pagina Facebook, la protesta è salita su dimensioni più ampie. A Pistoia ho avuto contro Forza Nuova con Casa Pound. Il presidente dell’associazione teatrale pistoiese ha detto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per annullare la messinscena».
Ed è stata annullata?
«No, ma la Lega Nord che cercava di afferrare i bambini per le braccia. A Bolzano c’è stato un grande sommovimento di Pro Vita con Casa Pound. Il consigliere comunale Bonazza di Casa Pound – e mi sembra già un ossimoro “consigliere di Casa Pound – ha spedito a tutta la commissione cultura il link con il video integrale dello spettacolo, lo ha schiaffato su Facebook e ha organizzato una proiezione pubblica. Infischiandosene delle diffide mie e del teatro di Udine».
Ha avuto solidarietà?
«Grande sostegno dalla comunità teatrale, che però è piccola. Tre parlamentari, fra cui Cirinnà e Kyenge, hanno scritto una bellissima lettera a favore».
Ha parlato con chi la contesta?
«Certo, ma il dialogo è impossibile. A Bolzano volevo un confronto civile, ma ho trovato di fronte gente che mi urlava cose molto spiacevoli, addirittura istigazione alla pedofilia. A una signora che mi insultava ho detto: da chi si è informata? E lei: da ciò che dice Adinolfi. Certo: un noto pedagogo, vero?».
Si aspettava di trovare tutte queste resistenze? C’è chi suscita clamore per farsi pubblicità.
«No, assolutamente no. Questo lavoro è nato in tempi non sospetti, nella mia camera, sulla mia scrivania, leggendo una rivista. Mi aveva semplicemente colpito il coraggio e la determinazione di questi bambini».
Ma pensa di riuscire a recuperare le date cancellate in Basilicata?
«Me lo auguro. Ma di tutto ciò che è accaduto in Basilicata non sono riuscito a sapere nulla».
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