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Una foto d'epoca del terremoto del 1980

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I dati relativi ai trasferimenti alle Regioni aggiornati allo scorso novembre (fonte Protezione civile) parlano di 33 milioni 671mila euro dal 2010 al 2016: non si sono riuscite ad adeguare nemmeno le strutture pubbliche selezionate. E con la carta delle valanghe non va meglio: mappatura dei rischi ferma allo 0%

POTENZA – Con l’effetto domino – ipotizzato dagli esperti – della faglia del centro Italia verso sud, la Basilicata potrebbe davvero rimpiangere quei fondi non spesi nella prevenzione del rischio sismico. Il caso ha voluto che i giorni dell’ennesima conta di danni e vittime del terremoto senza fine nel cuore del Paese coincidessero con l’annullamento dell’appalto da parte del Tar per i lavori di adeguamento di due padiglioni dell’ospedale San Carlo (notizia riportata dal Quotidiano del Sud qualche giorno fa).

Ma come si sta adeguando il resto della regione al piano nazionale di prevenzione?

I dati relativi ai trasferimenti alle Regioni aggiornati allo scorso novembre (fonte Protezione civile) parlano di 33 milioni 671mila euro alla Basilicata dal 2010 al 2016. La regione purtroppo «non è riuscita ad adeguare nemmeno le strutture pubbliche selezionate», scriveva l’Espresso nel numero in edicola due settimane fa. Oltre all’ospedale del capoluogo – il consorzio Coseam ha vinto il ricorso nei lavori che prevedevano una base di oltre 3,2 milioni di euro – la situazione di stallo riguarda anche il presidio ospedalieri di Tinchi, nel Materano: in questo caso la gara deve ancora essere bandita.

Quelli lucani sono due dei casi limite in cui si segnala una certa inefficienza degli enti locali, congelati a ormai un lustro fa con lavori appena iniziati o in fase progettuale: su 739 milioni ricevuti sui 963 totali stanziati in tutta Italia, sono appena 660 gli interventi finanziati su 4000.

Quasi un miliardo di euro, dunque, lo stanziamento previsto dalla legge 77 varata nel 2009 dal governo Berlusconi dopo il terremoto dell’Aquila: le Regioni a maggior rischio sismicità – tra le quali appunto la Basilicata – erano (e sono) chiamate ad adeguare quanto prima alle norme sismiche edifici pubblici e privati. La doppia anomalia lucana, con interventi “congelati” per via giudiziaria o ancora neanche partiti dimostrano che il lavoro da fare è ancora tanto.

Magra consolazione: per una volta la Basilicata non è da sola a indossare la maglia nera. Come invece accade nella “carta delle valanghe”: a 25 anni dalla legge sulla cosiddetta «Clpv» (Carta di localizzazione di probabili valanghe), la nostra regione è tra le 9 – con Calabria, Campania, Lazio, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Liguria e Valle d’Aosta – a non aver assolutamente mappato il proprio territorio in previsione di probabili fenomeni (Veneto, Friuli e Marche le uniche ad aver ultimato la mappatura).  

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