La centrale a biomasse
2 minuti per la letturaNuovo allarme ambientale per i reflui che starebbero inquinando la zona del Potentino
POTENZA – «Appena è andata via “gli agricoltori” della centrale hanno regalato al ruscello “sorgente del Paradiso” questa paradisiaca sostanza… e il Comitato ha chiamato la Forestale che stavolta è arrivata immediatamente…». La centrale resta sotto sequestro dallo scorso 25 agosto per «plurimi episodi di abbandono e deposito – in modo incontrollato – di rifiuti, immessi in acque superficiali e sotterranee, connessi al ciclo lavorativo della centrale, di acque contaminate, di “digestato” (ossia materiale organico risultante dalla fermentazione dei residui di allevamento dei suini), di scarti di lavorazioni ortofrutticole, di siero latteario di risulta dei caseifici eccetera».
Secondo gli inquirenti, infatti, nei canali del Vallone Paradiso, a causa di incuria e malfunzionamenti dell’impianto, si sarebbero riversate decine di metri cubi di liquami, poi confluiti nel torrente Marmo. Ma i pm ipotizzano una serie di altri reati a carico dei gestori dell’impianto e di diversi imprenditori e responsabili di stabilimento di aziende di Potenza, Sant’Arcangelo, Scanzano Jonico, Policoro e Castellaneta, in provincia di Taranto. Più un tecnico della provincia di Napoli.
A parte le accuse sulle questioni ambientali legate alla gestione della centrale, si parla di associazione a delinquere, traffico illecito di rifiuti, una truffa da 110mila euro al Gestore servizi energetici, favoreggiamento, la rivelazione di segreto istruttorio, e procurato allarme. Per questo i magistrati hanno ribadito al Tribunale del riesame la richiesta di arresto per Donato Curcio, considerato il “dominus” delle attività di famiglia (allevamento e centrale) e i figli Antonio e Dario, il nipote Antonio e il factotum delle loro aziende Vasile Cures. Oltre a quella per altre 9 persone, tra autotrasportatori e impreditori delle province di Potenza, Matera e Taranto, per cui l’accusa è soltanto di traffico illecito di rifiuti.
Il sospetto è che attorno alla “dieta” della centrale, che brucia il metano prodotto dalla fermentazione di masse biologiche, si sia innescato un vero e proprio traffico di “rifiuti speciali non pericolosi”, di origine sia animale che vegetale. Così a Picerno finivano gli scarti delle lavorazioni di diversi caseifici di Potenza e non solo (alcuni carichi sarebbero arrivati anche dalla Puglia), quelli della produzione di succhi a Policoro, frutta marcia da Scanzano, grano alluvionato da Benevento, ma anche le vinacce dal Vulture.
Mentre l’impianto, secondo gli inquirenti, avrebbe potuto “digerire” soltanto i reflui prodotti dall’allevamento di suini dei Curcio: «10.500» quelli dichiarati a ottobre del 2014 dal progettista; contro i «12» capi “sentinella” effettivamente presenti negli stessi giorni, secondo i finanzieri, dopo un epidemia che aveva portato all’abbattimento degli altri. La decisione del Riesame è attesa nei prossimi giorni. l.amato
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