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Un incontro anche al Ministero. Rosaria Vicino e l’ossessione per le microspie: così scoprirono di essere sorvegliati. L’ex sindaca di Corleto Perticara da quel giorno si fece più prudente. Le conversazioni, riportate nell’informativa della Squadra Mobile del capoluogo lucano sull’operazione “Cerbero” (2015), assumono ulteriore rilevanza proprio dopo gli arresti del 31 marzo scorso
di EUGENIO FURIA
POTENZA – «Gianni’, che teniamo acceso, niente qua?». «Qua, qua dentro, se c’è è qua dentro». «Che quella, Maria Chiara, capisce». È il 17 novembre del 2014 e nella stanza del sindaco di Corleto Perticara va in scena un dialogo da B-movie poliziottesco: si cerca una microspia, a parlare sono il primo cittadino Rosaria Vicino e il suo allora vice Giambattista Genovese, coinvolti nell’inchiesta di Potenza – la prima è finita ai domiciliari mentre per il secondo è scattato l’obbligo di dimora. Maria Chiara è la Montemurro, collaboratrice del sottosegretario lucano alla Salute, Vito De Filippo, che per la Vicino è semplicemente «il presidente» anche da ex governatore.
Le conversazioni, riportate nell’informativa della Squadra Mobile del capoluogo lucano sull’operazione “Cerbero” (2015), assumono ulteriore rilevanza proprio dopo gli arresti del 31 marzo scorso. Illuminano la zona grigia dentro la quale si sarebbero mosse le presunte mire degli amministratori in relazione alle assunzioni gravitanti attorno a Tempa Rossa. Scrivono gli inquirenti: «L’attività di indagine, avviata in un primo momento con l’intento di disvelare le dinamiche illecite che ruotavano intorno a taluni investimenti locali legati al settore della produzione petrolifera in Basilicata, ha via via condotto verso scenari ben più ampi, in cui si è riusciti comunque ad isolare e far emergere ulteriori condotte illecite miranti a soddisfare interessi privatistici a scapito del buon nome e del prestigio della pubblica amministrazione». Un “sistema” che si direbbe recentemente ribadito proprio dalle risultanze del primo filone d’indagini – quello che ha investito il governo Renzi portando prima alle dimissioni del ministro Guidi e poi al coinvolgimento dello stesso De Filippo –, con buona pace «dei principi d’imparzialità e di buon andamento» della PA. Il tutto, facendo leva sul bisogno delle popolazioni interessate dai lavori (drammatico il caso, riferito, di un ingegnere disoccupato e con figli piccoli che paga la crisi del settore edile e pensa di tornare al Sud pur di trovare un posto) in nome di un meccanismo di spartizione e quote. Ho fatto «belle operazioni» si vanterà il sindaco, il cui «unico vantaggio» da perseguire sarebbe per gli inquirenti «quello di assicurarsi un adeguato supporto politico-elettorale, sia all’interno che all’esterno delle mura del Comune». A “I posti di lavoro: le richieste di assunzione e di intervento ai responsabili delle società Saipem, Total e Tecnimont” è dedicato un corposo capitolo dell’informativa di oltre 400 pagine: sullo sfondo ipotesi di reato quali l’abuso d’ufficio e l’induzione indebita a dare o promettere utilità. Si tratta di un meccanismo visibile in filigrana dalle parole, e dai numeri, captati dagli inquirenti. Nonostante le “accortezze” degli indagati, come vedremo.
LE CAUTELE DELL’«INGEGNERE» «Sono tutti raccomandati» risponde candidamente il sindaco Vicino alla domanda di una donna sul metodo seguito per le assunzioni. Il dirigente Total Giuseppe Cobianchi – non indagato in “Cerbero” – in una conversazione con la stessa Vicino e alcuni collaboratori fa presente «che loro non avrebbero neppure dovuto trattare quegli argomenti, perché lui stesso avrebbe avuto l’obbligo di denunciare ogni qualvolta gli era stata avanzata una richiesta di assunzione di personale, ritardando al contempo il rilascio delle autorizzazioni: “Lo so, Sindaco, però… Questi… questi argomenti qui non dovremmo proprio trattarli noi. Non dovremmo trattarli. Quando tu mi dici, ogni tanto mi hai detto al telefono: “Eh, io fermo…”, io dovrei andare dal Magistrato… e dire: “Il Sindaco sta facendo questo”. Allora… No, ma… sono pure io accusabile se non lo faccio. L’amministrazione è perseguibile per concussione o… omissione d’atti di ufficio. E io sono perseguibile… Non sto scherzando. Non sto scherzando. No, ma queste… queste sono le regole».
CAMBIO DI STRATEGIA E così a un certo punto «si rileva un atteggiamento in capo al Sindaco ed agli altri componenti della giunta comunale differente rispetto al passato, dimostrando gli stessi di essere pressoché consapevoli di possibili indagini tese ad accertare i rapporti tra l’amministrazione comunale e le società impegnate nella realizzazione del centro olii». Rosaria Vicino prometterà: «Sine sì, da mò in avanti… io già tengo (parole incomprensibili)… a me che mi registrano… Tengo da scontare parecchi anni». E Cobianchi ribadirà: «Qualche mio collega che ci è andato di mezzo quattro, cinque anni fa, quando è successo, non aveva fatto niente. Avrà, probabilmente, al telefono detto qualcosa di sbagliato, non lo so. O forse chi ha ascoltato avrà voluto strumentalizzare le cose, per motivi politici, perché poi c’è di mezzo il politico regionale … allora, stiamo attenti… perché io non so se il mio telefono… ma non escludo che lo sia, non so il vostro, al telefono…». E il sindaco: «Ma sì, ma… ingegne’, ma noi non diciamo niente di… né per telefono e né per (parole incomprensibili). Quindi… questo… Non diciamo niente, però… stiamo attenti, perché chi eventualmente ascolta e vuole strumentalizzare… poi magari ti dicono che non hai fatto niente, però ti rompono le palle».
GEMELLI E UNA STRANA «ASINCRONIA» Il 17 novembre 2014 quella registrazione ambientale all’interno dell’ufficio del primo cittadino, che conferma come gli indagati «davano prova di aver ben individuato la microspia installata nel predetto ufficio». Ma già due mesi prima, sempre nella stanza del sindaco, con lei e il vice Genovese c’è un incontro cui partecipa anche Gianluca Gemelli, compagno del ministro Guidi e oggi coinvolto nell’inchiesta potentina su Tempa Rossa. «Ebbene, già in quelle prime fasi si rilevava una certa asincronia tra quanto affermavano e tentavano di comunicare Gemelli Gianluca, Criscuolo Pasquale (imprenditore, ndr) e la Megale (Gabriella, di Confindustria Basilicata, non indagata ndr), circa la disponibilità del primo a prendere in affitto i locali della Outsourcing, in vista di un possibile contratto di ingegneria con le società petrolifere impegnate nel progetto “Tempa Rossa” – e ciò in relazione al fatto che la Vicino è madre di uno dei soci della Outsourcing srl – e quanto invece affermava la Vicino, che si limitava a rispondere con laconici “Eh, certo”, “E mi sembra giusto”, “Complimenti”». Come dire che da un lato sembrava darsi tutto per scontato mentre dall’altro – come da consigli dell’«ingegnere» – si frenava.
PREOCCUPAZIONI (E CONSIGLI) BIPARTISAN Siamo sempre tra fine ottobre e i primi di novembre 2014. L’«acquisizione documentale» della Mobile «ha evidentemente ingenerato negli amministratori del Comune di Corleto Perticara un certo allarmismo, in particolare in capo al sindaco Vicino»: sono i giorni in cui verrà «rinvenuta la microspia installata all’interno dell’Ufficio di quest’ultima». Il 4 novembre la Vicino commenta con un consigliere di minoranza e dipendente Total (non indagato) le indagini in corso. Subito si unisce il vicesindaco Genovese. «A prescindere dai vari argomenti trattati dai soggetti, in questa sede rileva come in diversi momenti i tre abbassassero notevolmente il tono della voce» fin quando lo stesso consigliere suggerisce «al Sindaco di far effettuare una bonifica dell’Ufficio ed in ogni caso di controllare bene le prese di corrente in quanto era lì che venivano solitamente occultate le microspie».
LA «LONGA MANUS» DELLA MONTEMURRO Ma gli strumenti hanno già registrato elementi utili e continueranno a farlo. «È bene evidenziare – si legge nell’informativa della Mobile – che dalle intercettazioni telefoniche è emerso che il sottosegretario alla Salute De Filippo Vito ha incaricato spesso il suo capo-segreteria Montemurro Mariachiara (dipendente della Società lucana sistemi Srl e assegnata agli Uffici regionali) di incontrare gli imprenditori locali e non, per richiedere loro posti di lavoro». A fine ottobre, mentre il Palazzo di Corleto Perticara inizia a tribolare per l’inchiesta e le microspie – e, non ultima, la curiosità di due cronisti del Quotidiano che cercano il sindaco per avere chiarimenti – l’avvocatessa del “listino” pd defilippiano che aveva da poco sfiorato il Consiglio riceve al quarto piano del ministero della Salute sul Lungotevere, dove era allora distaccata, il titolare della Società Sudelettra SpA, Lorenzo Marsilio. Al centro degli interessi sempre il petrolio.
Gli inquirenti snoccioleranno «altri contenuti dai quali si evince come la Montemurro abbia assolto al compito di longa manus del Sottosegretario, in relazione a questioni e/o pratiche di interesse di privati terzi, a favore dei quali si è registrato un intervento del sottosegretario medesimo presso strutture ed enti pubblici». Ma il terrore di essere ascoltati aleggia sempre. È il 21 luglio 2014 quando la Montemurro incontra la Vicino nel suo solito ufficio-terminal: si parla – o almeno si vorrebbe parlare in pace – del prolungamento del contratto di lavoro per un alianese che lavora in una società impegnata nel Centro Oli di Corleto Perticara. «Possiamo parlare qua dentro? (…) parliamo fuori». Non si sa mai.
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