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Inchiesta petrolio, quelle comunicazioni parziali per non mettere in luce il ripetersi di disfunzioni nell’impianto, dall’alta concentrazione di ammine agli infortuni da anidride solforosa e acido solfidrico. Così i vertici Eni minimizzavano i danni all’interno del Centro olii di Viggiano
POTENZA – No, non siamo ai livelli di aberrazione della cricca che rideva al telefono per i profitti che avrebbe ricavato dal terremoto in Abruzzo nel 2009. Ma le linee telefoniche su cui corrono le comunicazioni tra i personaggi arrestati o indagati – e, un po’ meno, i fax che dovevano segnalare le anomalie del Cova – delineano uno scenario utile a capire meglio il famoso “contesto”.
Nel corso delle indagini sono stati intercettati molti sms che segnalavano un totale di 208 allarmi «per superata soglia di emissione», più di quelli generati automaticamente dal sistema di controllo interno dell’impianto di Viggiano. I toni sono a volte scanzonati altre preoccupati. Ciò che colpisce è la comune propensione a ridurre l’impatto delle anomalie nelle segnalazioni ai livelli di controllo. Con ricadute, come vedremo, sulla salute dei lavoratori.
Due degli arrestati, Roberta Angelini e Vincenzo Lisandrelli, commentano così uno di questi sms di allerta mentre la Angelini era in vacanza per le festività di fine anno (2013): «Oltre a fare superamenti che fate?», chiede lei; e lui, ridendo: «Noi non siamo la produzione… Robè stiamo preparandoci per i fuochi di artificio». E ancora: «Senti vedo che qua continuano i superamenti…» (Angelini), «Sì adesso stanno in rampa di lancio he he» (Lisandrelli).
GLI «STRONZI» DI OLAMBIENTALISTA Nella terra in cui le fiammate sono la norma, le voci critiche vengono monitorate quasi al pari degli «sfiaccolamenti anomali» come vengono definiti nel faldone della Procura in un capitolo ad hoc. «C’è in giro una cosa su un blog, si stanno organizzando la Ola Ambientalista a Pergola… Hanno indetto persino una riunione per stasera, sti stronzi figli di buona donna guarda… Cioè se andiamo là ci fanno neri… Cioè tocca andarci con gli elmetti eh?». Si parla della presenza o meno di Ruggero Gheller (indagato): «No no lui ci deve stare e lui parla in questi casi solo che deve fare non lo so una seduta di training autogeno e poi… cioè essere sorridente e cordiale anche quando gli sputeranno le peggio cose addosso».
LE COMUNICAZIONI “APERTE” Perché è noto che anche nelle questioni ambientali, soprattutto presso l’opinione pubblica, la comunicazione è tutto. In questo caso le comunicazioni «lasciate aperte» però sono quelle che Eni deve inoltrare entro le 8 ore dai superamenti dei limiti emissivi: in un caso (12 gennaio 2014) i referenti Eni Vincenzo Lisandrelli (ai domiciliari) e Gheller «concordano di effettuare la comunicazione agli enti ma – specificano gli inquirenti nelle oltre 800 pagine di ordinanza di custodia cautelare – di non comunicare che l’evento che ha determinato lo sforamento ha avuto termine, ma di lasciare la comunicazione cosiddetta “aperta”, in modo tale che qualora ci siano altri sforamenti nelle emissioni potranno farli rientrare nella comunicazione già “aperta”. Tale modus operandi viene palesemente attuato al fine di effettuare il minor numero possibile di comunicazione» e “non far insospettire gli enti in indirizzo». Nella strategia rientra anche la preferenza di raggruppare più comunicazioni in una sola e, in un caso, «Lisandrelli si rammarica del fatto che comunque non avrebbero potuto raggruppare più sforamenti in un’unica comunicazione perché provenienti da punti di emissione diversi».
Tra tecnicismi più o meno spinti (anomalie al sistema di rigenerazione dell’ammina) e definizioni con cui c’è maggiore familiarità – blocchi e fermi impianti –, vengono captati spezzoni di dialoghi che forniscono meglio di molto altro il quadro di interessi che gravano sull’impianto. «Senti abbiamo ovviamente fortissime pressioni da Snam», riecheggia ad esempio in una delle intercettazioni.
L’ALTA CONCENTRAZIONE DI AMMINE «Da circa un anno c’è una ripetitività di episodi emissivi fuori limite autorizzato», si legge nell’ordinanza: si tratta di episodi «causati sempre dall’impianto di rigenerazione ammina», una «motivazione» che «è stata ripetutamente comunicata agli enti di controllo con i fax da inviare nelle otto ore» ma con «uno sforzo comune di tutte le figure interessate» a «inserire motivazioni di comodo, apparenti e quindi non veritiere nelle comunicazioni dei superamenti emissivi, pur di non ripetere la vera causa relativa all’impianto di trattamento ammina». Il problema dell’alta concentrazione di ammine, in un caso, viene comunicato da un capo-turno ma «non conviene scriverlo – dice al telefono Lisandrelli intercettato il 2 febbraio 2014 – perché troppe anomalie poi… Cerca un altro giustificativo», suggerisce ad Antonio Cirelli, che a sua volta inoltrerà i desiderata a Nicola Allegro (motivazione da cambiare «per non mettere sempre la stessa»), il quale a sua volta tranquillizzerà: «Comunque intanto il fax lo faccio lasciare aperto». Il riferimento è sempre alla comunicazione con cui segnalare le anomalie agli enti di controllo. «Vediamo con Nicola… ci inventiamo…» aveva assicurato poco prima lo stesso Cirelli a Lisandrelli.
«IL PROBLEMA» PER ANTONOMASIA Nel lessico abitudinario «la questione degli sforamenti emissivi» è «il Problema, cioè il problema per eccellenza del Dime di Eni» chiosano gli inquirenti. Ma anche degli addetti Eni: «Stamattina quando ho visto quella cosa là mi si è gelato il sangue eh!», dove «quella cosa» è il messaggio generato automaticamente dal sistema che avvisa del superamento del valore di inquinanti SO2 (anidride solforosa) sul termodistruttore E20.
GLI INFORTUNI DA ACIDO SOLFIDRICO Dalle intercettazioni telefoniche emerge che lo zelo dei vertici Eni nel voler minimizzare gli effetti di eventuali anomalie nell’impianto viggianese era direttamente proporzionale ai timori dei lavoratori del Cova, che «in più occasioni» per gli inquirenti «hanno avvertito problemi di salute tradottisi in veri e propri infortuni sul lavoro, tanto da dover ricorrere alle cure medico ospedaliere. Il primo episodio risale al 12 marzo 2014, data in cui sono state registrate numerose conversazioni attinenti un infortunio dovuto a una fuoriuscita di H2S», ovvero di acido solfidrico. In un caso si parla di una «moral suasion» (opera di convincimento) che «non ha funzionato» perché «il lavoratore ha aperto l’infortunio». Più avanti, in un’altra conversazione, ci si lamenterà di «quattro incidenti in così poco tempo» per Sudelettra. Tanto da ventilare la sospensione del contratto.
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