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La ricaduta in Basilicata dell’operazione della Dia di Catanzaro. Come funzionava il pizzo sui lavori sul metanodotto Pisticci-Sant’Eufemia


POTENZA – Il pizzo sui lavori sul metanodotto Pisticci-Sant’Eufemia, nell’ambito del terzo megalotto della statale 106 ionica, funzionava così. Venivano imposti fornitori compiacenti pronti a fatturare, e a incassare, più del dovuto. Per poi girarlo al clan degli zingari di Corigliano.

BASILICATA, IN CARCERE GLI IMPRENDITORI GIUSEPPE D’ALESSANDRO E DOMENICO BASILE

Inclusi due imprenditori lucani come il tursitano Giuseppe D’Alessandro e il policorese Domenico Basile.
È questo il meccanismo scoperto dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per cui ieri sono finite in carcere sei persone. I lucani D’Alessandro e Basile, più Leonardo Abruzzese di Cassano allo Ionio, Antonio Salvo, Gino Cipolla e Luigi Falcone della provincia di Cosenza, e Mario Suma della provincia di Campobasso.

BASILICATA, IL PIZZO SUL METANODOTTO PISTICCI-SANT’EUFEMIA


L’inchiesta è partita dalla denuncia del titolare di un’impresa della provincia di Udine a cui era stata chiesta una tangente di 150mila euro. Pari al 3% dell’appalto da 5milioni di euro per una variante al metanodotto Pisticci-Sant’Eufemia.
L’imprenditore aveva raccontato di aver subappaltato alcuni lavori a una ditta emiliana, la Tre Colli spa, e che a un certo punto i suoi uomini avrebbero ricevuto una richiesta un po’ particolare dal capocantiere di questa ditta, Antonio Salvo. Per «non avere problemi», infatti, avrebbero dovuto rivolgersi ad alcuni fornitori amici, lasciando perdere le ricerche di mercato dei migliori offerenti. Quindi la Cmi di Rocca Imperiale guidata da Basile per il calcestruzzo, la Smeda di Tursi, di cui D’Alessandro sarebbe stato «referente e gestore occulto», per il trasposto e lo smaltimento delle terre di scavo, e la Calabria Lavori di Sibari/Cassano per la fornitura di inerti. Tutte ditte disposte a sovra-fatturare per i loro servizi, e a passare quel di più agli amici del clan.
La Smeda, in particolare, avrebbe fatturato 47 euro a tonnellata per lo smaltimento delle terre da scavo invece di 42, che era il prezzo «fissato preliminarmente».
A fronte delle resistenze dei friulani, Salvo avrebbe accompagnato personalmente uno di loro al cospetto del reggente del clan degli zingari, Leonardo Abruzzese, che gli avrebbe confermato i termini per la loro «protezione».
«E’ stato inoltre delineato, sul piano cautelare – si legge nella nota diffusa ieri dalla Direzione investigativa antimafia -, il reato di istigazione alla corruzione a carico di uno degli indagati, che avrebbe promesso al capocantiere di una società a partecipazione statale appaltante dei lavori, incaricato di pubblico servizio, una somma di denaro pari a 20.000,00 euro affinché falsificasse i certificati di stato avanzamento lavori (Sal) relativi allo smaltimento dell’acqua da parte dell’azienda incaricata».

SEQUESTRO PREVENTIVO DI TRE SOCIETÀ


Contestualmente agli arresti la Dia ha reso noto di aver effettuato il sequestro preventivo di «tre società e dei relativi complessi aziendali, ritenuti strumenti funzionali alla commissione delle attività illecite». Vale dire la Cmi di Rocca Imperiale, la Smeda di Tursi, e la Calabria lavori di Corigliano/Rossano.
«Emerge dalle complessive modalità di condotta degli indagati, ove lasciati in libertà, un concreto rischio di compromissione della successiva attività investigativa e processuale, dunque il serio e concreto pericolo di inquinamento probatorio, essendosi comunque resi protagonisti di vicende delittuose per le quali la normativa esclude in sede di applicazione della misura cautelare l’obbligatorietà dell’interrogatorio preventivo». Così il gip motivando le esigenze cautelari alla base delle misure appena eseguite. «I contatti e la spiccata indole delinquenziale non lasciano residuare alcun dubbio sulla necessità di applicazione della misura di massimo rigore, difettando indicatori di un qualche allontanamento o di una rescissione dalle dinamiche associative e mafiose, di cui, anzi, esistono evidenti elementi di segno contrario».

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