Catello Marano
2 minuti per la letturaPOTENZA – Dovrebbero diventare efficaci dal 1 dicembre le dimissioni dalla magistratura del presidente del Tribunale di Potenza, Catello Marano, noto alle cronache come giudice anticamorra, per aver presieduto il collegio del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha condannato gli esponenti del clan dei casalesi imputati nel maxi-processo Spartacus.
È questa la proposta che la IV commissione del Consiglio superiore della Magistratura ha indirizzato nei giorni scorsi al plenum dell’organo di autogoverno delle toghe.
Il passo indietro di Marano, arrivato a Potenza da Nocera Inferiore nell’estate del 2018, era maturato già a giugno, ma soltanto nelle ultime settimane sarebbe stato preso in considerazione dalla commissione competente per «collocamenti a riposo, dimissioni, decadenza dall’impiego, concessione titoli onorifici» e quant’altro. Prima, infatti, s’è attesa la pronuncia della sezione disciplinare dello stesso Csm nei confronti del presidente del Tribunale di Potenza. Pronuncia arrivata il 22 ottobre con la sanzione, non ancora definitiva, della perdita di sei mesi di anzianità e il trasferimento d’ufficio alla Corte d’appello di Napoli.
La bufera sul magistrato, che sabato scorso ha compiuto 69 anni e tra 12 mesi sarebbe andato in pensione per raggiunti limiti d’età, si era scatenata la primavera dell’anno scorso.
In un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano si era dato conto, in particolare, di un’intercettazione risalente al 2015, in cui un imprenditore di Castellammare di Stabia, Adolfo Greco, riferiva a un conoscente il colloquio avuto poco prima con Marano, anche lui di Castellammare di Stabia. Non un imprenditore qualunque, però, ma proprio quell’Adolfo Greco, che tanti conoscono come il “re del latte” di Castellammare, e nei primi anni ‘80 era balzato agli onori delle cronache per i suoi rapporti col boss della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, e il presunto ruolo avuto nella trattativa con le Brigate Rosse per la liberazione dell’allora assessore ai Lavori pubblici della Regione Campania, Ciro Cirillo. Vicende eclatanti, che gli erano costate una condanna per favoreggiamento, per cui in seguito aveva comunque ottenuto la riabilitazione giudiziaria rimettendosi la lavoro come di prima. Tanto che nel 2018, quando è stato arrestato, la polizia trovò 3 milioni di euro in contanti nascosti in un’intercapedine della sua abitazione.
In quel colloquio con Marano, stando a quanto riferito al telefono dallo stesso Greco, il magistrato gli avrebbe manifestato l’intenzione di acquistare una casa per il figlio nell’area del vecchio stabilimento della Cirio di Castellammare, dove l’imprenditore e i suoi soci stavano progettando una grande riqualificazione residenziale.
Nulla di penalmente rilevante, insomma. Un anno e un mese dopo, però, è arrivata al Csm la richiesta collocamento in quiescenza di Marano. Intanto è partito il procedimento disciplinare, ed è arrivato a conclusione anche il processo a carico di Greco, in cui la figlia del presidente del Tribunale di Potenza, Adele Marano, era stata inizialmente individuata come giudice a latere, ma a settembre del 2019 si è astenuta. Stando a quanto riferito dal padre a Vincenzo Iurillo del Fatto, proprio per quell’incontro tra il genitore e l’imprenditore di 4 anni prima.
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