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POMARICO – La voragine di corso Vittorio Emanuele non è un vuoto cosmico, ma una mancanza tutta terrestre dove i turisti agostani possono sentire battere il sole sulle macerie della frana del 2019 ancora in stato di fermo assoluto. Perché le tonnellate d’assordante e visibile devastazione ingombra ancora, seppure gennaio di due anni fa è quindi ben lontano, il panorama dei visitatori e quello che era un pezzo di quotidiano della comunità; il forno, la strada, il salone d’una giovane parrucchiera fra corso Vittorio Emanuele, rampa san Rocco e via Spartivento erano continuo fermento.
Poi arrivarono frana e cedimenti, com’è noto. Con decine di sgomberi che l’avevano preceduti. Con ordinanze che sono diventate praticamente una nuova vita delle famiglie allontanate dalle propre abitazioni o che le loro case videro crollare davanti agli occhi luccicanti di pianto. Ma a che punto siamo, visto l’incedere del tempo e le tante domande di tanta gente? Qualche mese fa, l’ultimo annuncio, uno dei tanti, sottolineava l’avvicinarsi della data d’inizio della rimozione delle macerie almeno.
Però agosto 2021 sta scappando via, ma ancora la zona rossa è salva da interventi di qualsiasi tipo. “Abbiamo chiuso – risponde il primo cittadino di Pomarico, Francesco Mancini – la gara d’appalto per l’affidamento dei lavori, quindi tra qualche giorno sapremo quale ditta si sarà aggiudicata i lavori di rimozione delle macerie. L’opera – chiosa dunque il sindaco Mancini, raggiunto telefonicamente dal Quotidiano – entro un mese potrà partire”.
E segniamo la nuova data, allora. Intanto gli sfollati e beneficiari dei contributi per l’autonoma-sistemazione attendono che l’ultimo impegno della Regione Basilicata in termine di finanziamento per queste risorse economiche ugualmente in grande ritardo, si concretizzi. Magari arrivando al recupero totale o quasi delle tante somme arretrate.
Nel frattempo l’Amministrazione deve tenere sotto controllo la questione delicata dello stato dei luoghi di corso Vittorio Emanule, appunto, ma pure di rione Fontanelle. Solo rimozione e demolizioni hanno un importo complessivo del progetto di 2.600.000 euro. Mentre l’investimento complessivo è molto più imponente. Mentre la pazienza dei 26 soggetti fra nuclei famigliari e singoli, direttamente e indirettamente colpite dalle conseguenze della frana, è sempre in travaglio. Dando per buono che settembre possa insomma diventare il mese della svolta per la situazione complessiva, non sarà che l’inizio. I calanchi pomaricani diventeranno un nuovo scenario per una vera e propria grande opera, in zone dove già da anni sono serviti interventi di consolidamento idrogeologico a contrasto d’un dissesto di suolo e sottosuolo legato a ben 5 fossi che circondano Pomarico. Al contempo, comunque, come previsto in qualche misura durante l’ultimo appuntamento pubblico dedicato al tema con tanto di tecnici impegnati nella descrizione delle opere, si dovrebbe ragionare sul nuovo volto dell’area che si trova alla base del centro storico pomaricano.
A qualche metro di distanza dall’altro punto del territorio cittadino, insomma, che dovrebbe essere rivisto, riconsiderato, nuovamente messo in discussione. Ai primi incontri tematici del 2019, invece, avevano partecipato costantemente, oltre all’allora comandante provinciale dei Vigili del fuoco, Salvatore Tafaro, il prof. dell’Università della Basilicata, Sdao, il rettore dell’Università di Bari, Simeone, il dott. Nicola Casagli dell’Università di Firenze, Lapenna e Perrone del Cnr di Tito Scalo, l’ing. Artuso per l’Acquedotto lucano e altre figure tecniche impegnate negli studi e nei sondaggi a corso Vittorio Emanuele e zone limitrofe.
La discussione generale, andrebbe ricordato, verteva su diversi molti punti importanti: la rimozione delle macerie in primis appunto, che dalle stime si delinea d’una quantità di materiale da caratterizzare che s’aggirerebbe intorno ai 35mila metri cubi; ma oltre all’enorme quantità di macerie, “si valutano le difficoltà nel rimuoverle in sicurezza”. Poi definizione e quantificazione del danno agli immobili privati distrutti o da delocalizzare della vasta area interessata. Però i mesi passano.
E la situazione non cambia ancora. La frana cresce e matura, è diventata anagraficamente grande, eppure un altro nodo pare esser definitivamente cancellato: cause e con-cause dell’evento franoso quali furono esattamente? Il silenzio mai fu onorevole.
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