2 minuti per la lettura
MATERA – In Basilicata l’alternativa all’emodialisi, per i pazienti nefropatici in attesa di trapianto, c’è ed opera da circa un anno nel centro specialistico di Lauria. Parliamo della cosiddetta peritoneale, ovvero una pratica clinica per certi versi innovativa, che consiste in un meccanismo depurativo endogeno, in quanto si sfrutta una membrana naturale presente nell’addome come agente filtrante, il quale viene a contatto con un liquido dializzante introdotto nella cavità peritoneale, attraverso un catetere.
Un sistema molto meno invasivo della classica emodialisi, da effettuare tassativamente in ospedale. La peritoneale, infatti, viene sostanzialmente effettuata dallo stesso paziente nella propria abitazione, utilizzando il materiale clinico fornito dal Centro dialisi che lo assiste e segue.
Il caso è stato sollevato ieri da Katya Madio, una giovane paziente nefropatica di Bernalda, che con una lettera denunciava l’assenza di questo sistema in Basilicata.
Lei, infatti, seguita dal Centro dialisi di Matera, era stata indirizzata a Bari, come unico presidio di riferimento, seppure a distanza di oltre 100 chilometri. Ugualmente distante, ma nella sua regione, c’è da un anno questa opportunità a Lauria, dove lo staff medico del dottor Gennaro Sansone, coadiuvato da due nefrologi, garantisce la peritoneale nei due centri di riferimento.
Una bella notizia, seppure in parte offuscata dalla cronica carenza di medici, perché l’èquipe di Sansone con tanti sacrifici, ha avuto l’apertura culturale e professionale di avviare un servizio alternativo alla dialisi.
Il Quotidiano ha sentito Sansone, per capire come funziona la peritoneale e come procede quest’anno di avvio: «Trattiamo pazienti da tutta la Basilicata, ma anche da Calabria e Campania. -ci ha spiegato Sansone- Questa, a mio avviso, è una pratica importante, che deve far parte dello strumentario in dotazione al medico nefrologo, in modo da offrire al paziente tutte le opportunità di cura. Certamente con la peritoneale la qualità della vita migliora di molto; già per il solo fatto di non doversi recare in ospedale, ma questo sistema presuppone una serie di requisiti fisici, quindi non è proprio adatto a tutti. I più giovani possono farlo, in quanto si gestiscono sostanzialmente da soli a casa e con libertà di movimento, assistiti da una persona di fiducia opportunamente formata da noi. Certo, servono spazi idonei a stoccare il materiale indispensabile ed a potersi muovere, così come si richiedono stringenti misure igienico-sanitarie, ma si può fare».
Cosa si rischia in caso di imprevisti, è davvero indispensabile la vicinanza al Centro dialisi di riferimento? «Si rischia sostanzialmente la peritonite -spiega Sansone- che come tale,, può essere trattata in un qualsiasi ospedale, seppure si richiedano interventi rapidi di supporto al paziente».
Sarebbe interessante capire perché la peritoneale non parte anche nel Centro dialisi di Matera. Serve uno scatto culturale, di mentalità da parte dei medici di riferimento, che comunque devono essere in numero adeguato. Qui la politica e la gestione aziendale, pare c’entrino davvero poco.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA