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POTENZA – Quegli aggettivi che fanno tanto letteratura gotica anglosassone – sepolcrale, spettrale ma anche sinistro – bisognerà lasciarli ai romanzi di Edgar Allan Poe, di H. P Lovecraft. Potenza ieri non era “spettrale”, proprio per niente.

Intorno alle 17:30, via Lazio aveva un traffico non certo nervoso come spesso accade ma vivo. Ecco, “vivo” è forse l’aggettivo più giusto da usare per la città.

Si intuisce che la maggior parte delle persone – a parte qualche amante dello jogging – è in giro per motivi seri. La spesa, il lavoro. La farmacia. E difatti la prima anomalia vera che si nota è la fila non dentro ma fuori dalla farmacia. Nel piazzale le persone sono ben distanziate l’una dall’altra, ognuna con il proprio numerino preso dall’eliminacode, in attesa di entrare.

A poca distanza, la chiesa di Santa Maria. Davanti uno dei tanti “Andrà tutto bene” diffusi in giro, slogan ufficiale dell’emergenza coronavirus, personalizzato in questo caso da un Gesù naif a braccia spalancate, da un augurio di stampo religioso e da un #iorestoinconvento, variante del più notorio #iorestoacasa.

All’interno, alcuni giovani stanno provando la diretta Facebook: dopo poco il sacerdote celebrerà – a porte chiuse ma a web aperto – una messa per chiunque voglia pregare a casa. Un modo per collegarsi con i fedeli alternativo (o complementare) a quello indicato dall’arcivescovo Salvatore Ligorio: «Tenete aperte le chiese».

Fuori, di nuovo nel traffico, si vedono molti con la mascherina, anche alcuni automobilisti. Chi non ce l’ha supplisce con una sciarpa, qualcuno più alla moda osa il foulard e c’è chi fa come l’uomo con le Spalle Larghe della canzone di Francesco De Gregori, “Se tira freddo si alza il bavero”. La canzone continuerebbe con “e corregge il caffè”. Ma di caffè in giro nemmeno l’ombra: i bar sono tutti sbarrati, giusto decreto del governo, ed è questa la seconda anomalia vera, in una piccola città caratterizzata proprio dai suoi tanti locali e dalla clientela che nel tempo vi si forma attorno.

Al passaggio a livello di via Ravenna c’è anche la coda. Passa un treno quello sì spettrale, tutto vuoto. Ma a Potenza è abbastanza normale.

La fondovalle porta alla zona commerciale del Gallitello. Ci sono operai che stanno finendo di lavorare su strada, il mezzo meccanico viene issato sul camion. Per loro non c’è differenza con ieri e probabilmente con domani. Vetrine illuminate per

negozi chiusi. In quelli aperti troneggiano sui banconi bocce di gel disinfettante. Una generosa insaponata non si nega a nessuno.

Resse e risse per accapararsi generi di sussistenza? Neanche l’ombra: il parcheggio di uno dei principali ipermercati in città è semivuoto.

Davanti alla Regione alcune donne fumano fuori dall’atrio, forse sono le signore delle pulizie in attesa di cominciare il proprio turno. Una visione aliena: il luna park. Che ci fa un luna park? Chi mai, adesso, andrebbe al luna park? E’ quasi tutto spento, parlottano tre o quattro individui.

Da rione Cocuzzo si scende e poi si risale al centro. Man mano che arriva il buio comincia a rarefarsi il traffico. In corso XVIII Agosto a muoversi sono solo le bandiere sul palazzo della Camera di Commercio.

Via Pretoria. Due amici a spasso, una ragazza con un cane e gli occhi bassi e tante persone di fretta. Mascherine a gogò. Una rosticceria da asporto vuota. Due poliziotti fanno la ronda. Uno solo porta la mascherina.

La pista di ghiaccio è spenta. Il bianco del suo manto è scomparso. Avevano anche affisso un cartello invitando a rispettare la distanza di un metro: ma come si fa mentre si vola sugli schettini e ci si incrocia a velocità sulla pista?

In un supermercato sono tutti ben coperti da mascherine e guanti, in un altro la commessa continua a strofinare la superficie della cassa con il disinfettante. Una ragazza porta dentro un bar – buio e chiuso – un tavolino. Commenta con un interlocutore: “Non si sa mai”. Come a dire: l’occasione fa l’uomo ladro anche con il coronavirus.

La città viva comincia ad addormentarsi. Scendendo dal centro, i rioni si svuotano, le auto si diradano. Comincia la notte. I pensieri cominciano a farsi pesanti, a cristallizzare paure e speranze. La chiesa di Santa Maria ora è chiusa. Dentro, un prete dice messa davanti a una webcam.

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