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POTENZA – Si chiama Vasile Padurariu l’operaio rumeno a cui si teme che appartengano i miseri resti ritrovati venerdì sera a Tolve, poco lontano da un uliveto in contrada Spera (LEGGI LA NOTIZIA). A denunciare la scomparsa del 38enne, a giugno dell’anno scorso, sarebbero stati i familiari che 11 anni orsono lo videro partire da Racova, piccolo centro di 3.500 abitanti del distretto di Suceava, nella parte orientale della Romania, poco distante dal confine della Repubblica Moldava.
Il sospetto che cranio e ossa appartenessero al manovale si era fatto largo in paese subito dopo la macabra scoperta, come raccontato anche dal Quotidiano del Sud. Poco distante, infatti, erano stati trovati anche un paio di scarpe antinfortunistiche e brandelli di abiti. Da una prima analisi effettuata dal medico dell’Asp arrivato sul posto per le operazioni di rimozione dei resti, poi, era apparso chiaro che non fossero rimasti esposti alle intemperie per più un annetto.
Un lasso di tempo sufficiente perché il cadavere a cui appartenevano fosse scarnificato e ridotto nello stato in cui è stato avvistato dall’azione delle intemperie e soprattutto degli animali selvaggi che popolano l’area (cinghiali in primis). Troppo poco, però, perché potesse collegarsi ai casi di scomparsa più recenti denunciati nell’area (l’ultimo è quello dell’anziano Pasquale Sciaraffia, di cui si sono perse le tracce nella vicina Oppido Lucano nel 2013). A rilanciare la pista rumena, quindi, c’ha pensato ieri pomeriggio il Tgr Basilicata, evidenziando l’annuncio che campeggia sul sito della polizia rumena con la foto di Vasile Padurariu e l’indicazione di Tolve come il luogo in cui secondo la denuncia dei familiari si sarebbero perse le sue tracce, dopo un ultimo contatto telefonico a giugno. Padurariu era molto conosciuto nel centro dell’alto Bradano, dove per qualche tempo avrebbe lavorato come muratore per una ditta del posto.
Per questo la sua improvvisa scomparsa, senza lasciare neanche un biglietto di saluto, aveva destato più di qualche perplessità. Cionondimeno era stata inizialmente “archiviata” come semplice noncuranza, immaginando che godesse di ottima salute e fosse soltanto partito sulle sue gambe per un lavoro migliore in un altro paese. L’individuazione dei familiari del 38enne, in Romania, potrebbe permettere, nei prossimi giorni, un confronto genetico col Dna dei resti ritrovati nell’uliveto di contrada Spera. Ma anche in caso di identificazione positiva ai carabinieri della compagnia di Acerenza, coordinati dal pm Annagloria Piccininni, resterebbe da capire le cause della sua morte.
Chi conosce bene il territorio tende a escludere la possibilità che qualcuno possa finire per sbaglio, passeggiando, lì dove è stato ritrovato il cadavere. Così come viene esclusa anche la possibilità che qualcuno si sia allontanato alla ricerca di funghi e possa essere rimasto lì, immobilizzato e impossibilitato a chiamare i soccorsi col telefono, in assenza di pericoli naturali evidenti come dirupi e quant’altro. In campo, quindi, resterebbero le ipotesi più macabre, come quella che l’uomo sia stato portato e ucciso sul posto, per motivi tutti da chiarire. Oppure ucciso altrove e abbandonato lì da i suoi assassini, che avrebbero portato via con loro le armi utilizzate, telefoni e quant’altro.
Da una prima ispezione sul cranio, comunque, non sarebbero emersi segni rivelatori di traumi, o colpi potenzialmente in grado di portare alla morte chi li subisce. E’ evidente, tuttavia, che senza il resto del corpo è impossibile dire se la vittima sia stata o meno bersaglio di azioni violente di altro tipo, ma ugualmente in grado di uccidere.
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