3 minuti per la lettura
PALAZZO SAN GERVASIO (POTENZA) – La loro relazione sentimentale sarebbe iniziata soltanto dopo l’assunzione di lei al Centro per i rimpatri. Si è difeso così, senza troppo successo, il sindaco di Palazzo San Gervasio Michele Mastro durante un primo interrogatorio davanti agli inquirenti della procura di Potenza, che nei giorni scorsi hanno ottenuto dal gip un’ordinanza di misure cautelari nei suoi confronti per tentata concussione e corruzione (LEGGI LA NOTIZIA).
Nell’ordinanza a firma del gip Rosa Verrastro si fa ampio riferimento a quell’interrogatorio in cui Mastro ha respinto l’accusa di aver tentato di imporsi, assieme alla compagna, Loredana Chieppa (sottoposta al divieto di dimora a Palazzo), sulla ditta che gestiva il Cpr e aveva “osato” licenziarla per questioni disciplinari. «Riferiva – così il gip riportando le parole del sindaco – che la società aveva chiesto agli amministratori, nella fase dell’insediamento, i nominativi di personale da reclutare per la gestione del centro, e che il nominativo della Chieppa, con la quale la relazione sentimentale sarebbe iniziata dopo l’assunzione, era stato indicato unitamente ad altri, sottoposti poi a colloquio pre-assunzione».
«Dopo molte insistenze – spiega ancora il giudice -, Mastro ammetteva di avere saputo dalla donna che era stata sospesa (e poi licenziata) e che effettivamente aveva ricevuto una telefonata di Forlenza che, a suo dire, avrebbe ringraziato per avergli dato la notizia, in anteprima, della volontà di licenziare la Chieppa».
Quanto all’incontro in prefettura, a Potenza, in cui il primo cittadino di Palazzo chiese un intervento sulla ditta che gestiva il Cpr, il giudice evidenzia come Mastro abbia ammesso di esserci andato, ma «per segnalare delle disfunzioni all’interno del Cpr», senza mai chiedere «un intervento per la compagna o in danno di qualche dipendente del centro, inviso alla stessa».
«In particolare -prosegue il magistrato -, egli avrebbe fatto il nominativo della Chieppa, presentandola come la sua compagna, ma solo per preannunciare che sarebbe arrivata in Prefettura una lettera da parte dell’avvocato, cui la donna aveva conferito mandato».
«Pur non negando di aver letto la contestazione disciplinare – insiste ancora il gip -, Mastro riferiva di non aver piena conoscenza delle motivazioni del licenziamento, e di non conoscere alcun dipendente con il quale la compagna avesse avuto contrasti, salvo poi affermare che aveva accompagnato la donna in Tribunale in occasione della conciliazione che aveva posto fine alla controversia civilistica legata al licenziamento».
Venerdì mattina il primo cittadino dovrà comparire davanti al giudice per l’interrogatorio di garanzia assieme alla compagna e all’ imprenditore edile, Riccardo Di Bari, che lo avrebbe corrotto effettuandogli dei lavoretti, per qualche migliaio di euro, nell’abitazione in cui si è trasferito, nel 2018, in cambio di una commessa da 40mila euro del Comune. Da capire, quindi, c’è se Mastro confermerà le dichiarazioni già resi o cambierà strategia.
Il suo difensore, l’avvocato Teodora Cancellara, al Quotidiano ha parlato di «piena fiducia nella magistratura, che farà emergere i fatti e la piena innocenza del sindaco». Negli atti dell’inchiesta ci sono già anche le dichiarazioni dell’imprenditore Di Bari, che avrebbe ammesso di aver effettuato solo dei «piccoli lavori gratuiti per conto del Comune come forma di gratitudine per il fatto che mi abbia fatto lavorare». Non per il sindaco personalmente quindi. Anche la sua versione, tuttavia, non è stata considerata credibile dagli inquirenti.
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA