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Fernando Mega

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Intervista al segretario della Cgil Basilicata Fernando Mega: «Sanità, Pnrr, Stellantis, trasporti: non siamo indifferenti al clima di sfascio, ma invece di interlocutori abbiamo assessori che fanno i bulli»

MATERA – «Uno sfascio di fronte al quale non si può rimanere indifferenti. Vediamo solo provvedimenti elettoralistici da parte di questo governo regionale ma nessuna attenzione verso i capisaldi produttivi come l’automotive, il petrolio e il turismo».

Fernando Mega segretario generale della Cgil Basilicata in un’intervista concessa al “Quotidiano” traccia un bilancio fortemente critico della situazione lucana e di una prospettiva che sotto molti aspetti diventa evidentemente difficile perché ci si trova a combattere da un lato con “il bullismo istituzionale” di assessori che “non ritengono di doversi confrontare” o che invece non si muovono nella direzione di “unire la regione ma rischiano di dividerla con i loro comportamenti”.

Mega non nasconde le preoccupazioni per un accordo su Stellantis su cui c’è “poco da festeggiare” o per una sanità lucana “allo sfascio” ma “non solo una parte ma tutta quanta insieme che è ormai arrivata in questa situazione perdendo negli ultimi quattro anni tutto quello che si era conquistato”.

Non mancano strali anche per una Università che non sembra funzionare così come si sperava: “mi sarei aspettato ad esempio facoltà legate all’automotive o all’industria estrattiva ma di tutto questo non c’è nessuna traccia”.

Segretario Mega, che Ferragosto sarà per i lucani secondo la Cgil Basilicata?

«Un Ferragosto pieno di incognite. Con la questione Stellantis dove al di là dei festeggiamenti dell’ex assessore Galella vige un’area di crisi complessa. Una situazione per diecimila lavoratori non gradevole. Abbiamo i due poli più importanti del Sud Italia l’Ilva di Taranto e la Stellantis a Melfi in area di crisi complessa. C’è poi una questione della sanità che non dà risposte al territorio. Una situazione drammatica, lunghe liste d’attesa. Un dato inequivocabile sono i 17 direttori generali che si sono alternati nelle varie funzioni. E da una migrazione sanitaria che è arrivata ad un deficit di 64 milioni di euro. Con un assessore dopo sei mesi dall’avvio del mio mandato che non ho mai sentito, mai un confronto.
Atteggiamenti che rasentano il bullismo istituzionale tanto più in una situazione come quella attuale. Poi ancora la questione Unibas con grandi difficoltà e tanti giovani che continuano ad emigrare. Questo è il contesto che ci troviamo di fronte a Ferragosto».

Cosa succede a Melfi dove le ultime vicende di Stellantis sono state accolte evidentemente in maniera diversa dai sindacati?

La situazione di Stellantis a livello sindacale nasce oltre dieci anni fa dalla fuoriuscita dal contratto nazionale di lavoro e dall’instaurazione di un contratto aziendale a cui la Fiom non aderisce denunciando lo smantellamento progressivo dell’automotive in Italia. Questo è il contesto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quindici anni fa avevamo una produzione di 1,5 milioni di auto mentre nel 2022 siamo ad un terzo cioè poco meno di 500mila auto prodotte. Oggi c’è la necessità di fare investimenti, non spostare il problema e non additare ogni responsabilità alla transizione energetica. Però di investimenti alternativi non è stato fatto nulla per l’area industriale di Melfi».

Quindi quale futuro si prospetta per Stellantis?

«C’è una forzatura mascherata dell’azienda che spinge verso gli incentivi all’esodo. Mille e trecento giovani hanno lasciato lo stabilimento, non anziani ma giovani. Come le trasferte verso altre realtà come Pomigliano dove pure sono in cassa integrazione».

Una Regione e un Governo nazionale su questa vertenza cosa potevano fare in più?

«Negli anni i grandi player sono diventati stranieri, oggi il socio di maggioranza di Stellantis è un governo straniero. Ed allora per bilanciare queste situazioni gli effetti possono essere drammatici e queste dinamiche non sono irrilevanti».

Poi cosa poteva farsi di più?

«No la Regione su Stellantis non ha fatto nulla. Ha festeggiato la firma dell’area di crisi complessa. Due sono le aree di crisi complessa in 50 anni di storia lucana una è la valbasento e sappiamo come è andata a finire e oggi c’è Stellantis. La Regione balbetta e dà la colpa alla transizione energetica in atto. Ha la situazione di Stellantis in queste condizioni, la situazione del petrolio che è in una fase calante e che non ha dato i risultati sperati. Con le royalty si danno risorse a Acquedotto Lucano o l’Unibas perchè si utilizzano per la spesa primaria e non per lo sviluppo. Il problema vero è che da questi player importanti non si danno risposte al lavoro per i giovani e non si à un motivo per rimanere in Basilicata ai nostri giovani».

Andando all’origine di alcune questioni che riguardano il lavoro una delle grandi carte da giocare sul fronte di un settore che ben conosce per le sue passate esperienza sindacali come l’edilizia è quello del Pnrr che dovrebbe veder partire una serie di progettazioni grandi e piccole. Cosa succederà in Basilicata sul Pnrr, vedremo sbocciare davvero decine di cantieri nei prossimi 6-9 mesi?

«Quel settore lì dell’edilizia sconta un provvedimento ideologico di eliminazione del 110 e di leggi che sono solo di natura ideologica e non economica. Abbiamo visto una contrazione di cantieri per la scomparsa del 110. Rispetto al Pnrr c’è un problema di progettualità che è di corto respiro. Oggi in Basilicata non c’è un treno ma non per un lavoro di ammodernamento della rete ferroviaria ma per una frana causata da poche ore di pioggia e per alcuni lavori sulla Sicignano-Potenza. Ma dell’alta velocità in Basilicata non c’è alcuna programmazione. La Ferrandina-Matera dovrebbe essere appaltata presto, abbiamo firmato un protocollo di legalità ma è un treno monco se non c’è poi il prolungamento verso Salerno.
Occasione che se non si programma è un’occasione sprecata. Dei tempi del Pnrr noi non abbiamo notizia. C’è una mancanza assoluta di confronto con la Regione che secondo un metodo di centrodestra con i corpi intermedi non discute. Dalla sanità all’automotive fino al Pnrr. Si apriranno i cantieri? Mancando un confronto lo stato dell’arte non lo so. Registriamo e osserviamo potenziali ritardi che potrebbero risultare drammatici ma senza confronto non possiamo dire a che punto è il programma lucano di interventi. Però dalla progettazione si vede essere assolutamente non ambizioso. Per le grandi infrastrutture si aspettava l’alta velocità e non c’è nulla in termini di programmazione e sulla statale 7 Ferrandina-Matera strada più trafficata in regione siamo ancora agli studi di fattibilità».

Teme che sarà un’occasione persa questa del Pnrr?

«Spero di no ma la preoccupazione c’è. Serve un impegno rinnovato che vede la politica al servizio della collettività per cui questi 4 anni estenuanti di manutenzione di una maggioranza non servono. Oggi in Basilicata viene fuori lo studio della Fondazione Agnelli di 30 anni fa perché c’è un forte spopolamento della regione che fa venir meno una prospettiva vera e con l’autonomia differenziata come prospettiva come può reggere l’impatto di alcuni servizi primari? Questo è l’interrogativo. Anche lì sull’autonomia differenziata ci si è assunti una responsabilità senza precedenti da parte di questa Regione che ha dato il placet ideologico senza confronto al provvedimento».

Parliamo di sanità: i tanti cambi alla guida del settore come capi dipartimento ma anche come direzione generale delle aziende sanitarie come si spiegano?

«In queste ore a seguito della vicenda Bortolan la presa di posizione di Fratelli d’Italia sulla sanità sta acclarando lo sfascio generale del settore che viene considerato non più gestibile. Una denuncia che esce fuori dalle vicende grottesche del caso Bortolan che però testimonia come ci sono stati manager catapultati da fuori regione e la debolezza di questo orientamento politico. Si sono alternati manager su manager provenienti tutti da fuori regione, cambiamenti continui con lotte nella stessa maggioranza e una situazione che si è evoluta negativamente. Perdendo anche quanto di buono fatto in passato quando la sanità lucana era considerato per certi aspetti un fiore all’occhiello. E’ stato distrutto tutto e questa è la responsabilità di questi quattro anni. Se cambiano un diciottesimo direttore come pure sembrava possibile sarebbe un risultato che come Cgil abbiamo provato a portare a casa».

Dott. Mega, oltre a essere segretario regionale della Cgil Basilicata lei è anche segretario della Cgil di Matera e allora provo a metterla in difficoltà: c’è davvero una doppia velocità nella sanità tra Matera e Potenza oppure c’è una velocità unica a marce basse?

«Non vado in difficoltà perché Matera fa parte della Basilicata e io considero un onore essere anche segretario della provincia di Matera. Questo andrebbe spiegato a chi ricopre incarichi istituzionali che bullizza e mortifica un intero territorio perché la Basilicata dovrebbe essere unica e indivisibile mentre ci sono atteggiamenti istituzionali che confermano come stiamo raschiando il fondo del barile. Tornando alla questione sanitaria in passato Potenza aveva fatto investimenti significativi con il San Carlo che la proiettavano ad essere punto di riferimento della sanità meridionale ma è stato distrutto tutto. E Matera che tentava investimenti ma non è mai riuscita ad innestare una situazione virtuosa. Oggi è tutto distrutto. Magari potessi dire che a Potenza c’è una situazione migliore mentre invece c’è una situazione generale. Poi una debolezza strutturale come quella di Matera si aggrava ancora di più. Ma quanto di buono era stato fatto risulta essere tutto distrutto».

Una piccola regione come la Basilicata ha ancora la sostenibilità di far fronte alle trasformazioni che ci sono nella sanità oppure è destinata solo a garantire il minimo indispensabile?

«Intanto il problema è che i livelli essenziali non sono garantiti. Perché la migrazione sanitaria è altissima, l’ho vissuta direttamente. Non è garantita l’assistenza primaria poi le alte specializzazioni sono venute meno. Poi è chiaro che si tratta di una difficoltà da strutturare in un ambito nazionale. E’ chiaro che c’è una necessità di fare rete con la Puglia o con la Campania ma l’emigrazione sanitaria attesta uno sfascio vero e proprio nel giro di pochi anni, anche quegli esempi di buona sanità che cominciavano ad esserci in regione. C’è da chiedersi se si può ancora accettare un accesso dei medici a numero chiuso nelle università ma questa è una questione che va oltre la Basilicata».

Serve alla Basilicata una facoltà di medicina?

«Servirebbe un’università che funziona. Io prima di ogni cosa mi sarei aspettato facoltà legate all’automotive o all’industria estrattiva con specializzazioni. Le facoltà o sono degne di ospitare i giovani oppure diventano solo un titolo e in questo senso un riequilibrio territoriale forse sarebbe utile nelle diverse facoltà».

Segretario Mega, nelle ultime settimane c’è stato questo caso di molestie in Regione che ha portato poi alle dimissioni del direttore generale Bortolan su cui la Cgil Basilicata si è già espressa ma diversi sono stati in questi ultimi anni episodi di una sottocultura maschilista che si sono legati al palazzo regionale come se lo spiega?

«È il secondo episodio perché il primo aveva riguardato un assessore donna con la Cgil che ha sempre condannato quanto avvenuto. Al di là delle responsabilità individuali è chiaro che la cultura maschilista è molto presente. Come Cgil abbiamo costituito un coordinamento donna, è un tema di approccio culturale che va oltre il semplice defenestramento dovuto che è arrivato anche con ritardo di Bortolan. Ma è una questione di approccio culturale che deve assolutamente cambiare. Non si può assistere a questo degrado e a questa degenerazione istituzionale. Con tratti di bullismo che tendono a dividere il territorio da parte di assessori e poi atteggiamenti come questi che sono di una gravità assoluta».

Proiettandoci verso le elezioni regionali in Basilicata della prossima primavera, segretario Mega cosa c’è da augurarsi per la Cgil a partire evidentemente da un’idea di continuità e o di cambiamento che si lega ad esempio alla conferma o meno dello stesso governatore. In quale direzione ci si deve muovere?

«C’è un problema di selezione dei gruppi dirigenti della politica a tutti i livelli ed è un problema serio che richiede competenze adeguate. Non può essere solo affrontato in termini elettoralistici, servono persone che studiano e che sono nelle condizioni di poter assumere l’onere e anche l’onore di governare una regione. Il mio giudizio oggi è negativo rispetto ad una compagine politica per la qualità che viene espressa».

Proviamo a pensare invece a Matera e all’amministrazione che la guida come la valuta?

«Mi pare che si è limitata a gestire l’ordinario. Senza infamia e senza lode.
Ci vorrebbe uno slancio che una città come questa merita ma serve anche nell’ambito di un contesto più ampio che deve coinvolgere le politiche di carattere regionale che riguardano la città. Matera anche qui è stata non poco mortificata dalle scelte regionali sotto il profilo sanitario ma anche sotto il profilo turistico. In questo momento ci sono anche difficoltà sul fenomeno turistico che sono ascrivibili a problemi generali di gestione. Una situazione quella del turismo che si aggiunge alle altre che abbiamo sottolineato sull’automotive ma anche sul petrolio e che mostrano come è mancata la capacità di comprendere come andare avanti sotto il profilo turistico in questa regione».

Segretario Mega, si sente di dire che la Cgil Basilicata non sarà parte della prossima campagna elettorale?

«La Cgil ha una sua cultura progressista e riformista che fa della difesa della costituzione e dell’antifascismo il suo vincolo operativo e su questo non c’è dubbio. Noi non possiamo continuare a guardare uno sfascio poi è chiaro che gli iscritti sono liberi di scegliere. Ma difficile restare fuori e guardare lo sfascio che c’è attorno. Vedo con piacere anche i movimenti cattolici che ci sono e si stanno organizzando. La politica deve cominciare a occuparsi dei bisogni degli ultimi e dare una prospettiva di sviluppo per i giovani di questa regione. Per riprendersi il futuro perché così non si può continuare ad andare avanti».

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