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La sanità lucana continua ad essere lontata da standard accettabili, come confermato dall’ultimo rapporto Svimez presentato ieri

AL SUD “i servizi di prevenzione e cura sono più carenti, minore è la spesa pubblica sanitaria, più lunghe le distanze da percorrere per ricevere assistenza, soprattutto per le patologie più gravi”: è la fotografia, in estrema sintesi, del rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”, presentato ieri a Roma in collaborazione con Save The Children e dove la Basilicata non fa certo eccezione. Se non nel monitoraggio Lea (Livelli essenziali di assistenza), che offre un quadro delle differenze nell’efficacia e qualità delle prestazioni fornite dalla sanità lucana: secondo lo Svimez, su questo, la Basilicata – insieme alla Sicilia – risulta “adempiente”, nel senso che, con il 52,9 per cento nel pubblico, riesce a collocarsi al di sopra (ma sempre nella parte finale) della media nazionale, pari al 50,5 per cento.

Gli autori del report, pubblicato nell’ultimo numero di Informazioni Svimez, curato da Luca Bianchi, Serenella Caravella e Carmelo Petraglia, rilevano peggiori condizioni della sanità (non solo lucana), meno prevenzione, mortalità per tumori più elevata nel Mezzogiorno d’Italia.

I DATI SVIMEZ SULLA SANITA’ LUCANA

Per il resto, è una regione dove si registra la spesa corrente più bassa per abitante, ossia 1.941 euro contro una media nazionale di 2.140 euro. Peggio fanno solo Calabria (1.748 euro) e Campania (1.818 euro). La Basilicata è poi terza in Italia quanto alla “fuga” verso il Centro Nord di pazienti oncologici: ammonta al 25 per cento il dato, inferiore solo alla Campania (26,90%) e alla Calabria (42,90%). Ancora: è addirittura ultima, insieme alla Calabria, in fatto di “performance”, con un indice di 30 rispetto al 59 del Veneto, che risulta primo. Infine, la povertà sanitaria: la Basilicata è quint’ultima (meglio solo di Puglia, Abruzzo, Molise e Sicilia) con l’11,8 per cento delle famiglie lucane impoverite a causa delle spese sanitarie e che hanno “rinunciato” alle cure per motivi economici.

LO SVIMEZ E LA SPESA DELLA SANITA’ LUCANA

Dai dati regionalizzati di spesa sanitaria del rapporto Svimez-Save The Children risultano “livelli di spesa per abitante, corrente e per investimenti, mediamente più contenuti nelle regioni meridionali”. A fronte di una media nazionale di 2.140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria (1.748 euro), Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro). Per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), mentre il dato nazionale si attesta su una media di 41 euro.

MONITORAGGIO LEA

I dati sui Lea (Livelli essenziali di assistenza), che offrono un quadro delle differenze nell’efficacia e qualità delle prestazioni fornite dai diversi Servizi sanitari regionali, fanno emergere i deludenti risultati del Sud: 5 Regioni risultano inadempienti.

POVERTA’ SANITARIA

Su 1,6 milioni di famiglie italiane in povertà sanitaria, 700mila sono al Sud. Nel Mezzogiorno la quota la povertà sanitaria riguarda l’8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro).

SPERANZA DI VITA

La speranza di vita risulta essere minore al Sud di 1,5 anni. Ed è più alta anche la mortalità per tumore. Gli indicatori mostrano un differenziale territoriale marcato e crescente negli anni: nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i meridionali era di 81,7 anni, 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 rispetto al Nord-Est.

PREVENZIONE ONCOLOGICA

Secondo le valutazioni dell’Istituto superiore di sanità (Iss), nel biennio 2021-2022 in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa 2 su 3 lo hanno fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti. La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, ma scende ad appena il 58% nel Mezzogiorno. La prima regione per copertura è il Friuli Venezia Giulia (87,8%); l’ultima è la Calabria, dove solamente il 42,5% delle donne di 50-69 anni si è sottoposto ai controlli.

LO SVIMEZ E I VIAGGI DELLA SPERANZA IN SANITA’

E’ fuga dal Sud per curarsi in strutture sanitarie del Centro e del Nord, in particolare per le patologie più gravi. Nel 2022, dei 629mila migranti sanitari, il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un Servizio sanitario regionale del Centro o del Nord. Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso. Save the Children evidenzia numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche dal Sud: l’indice di fuga, nel 2020 si attesta in media all’8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise, il 30,8% della Basilicata, il 26,8% dell’Umbria e il 23,6% della Calabria.

Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, «il nostro Servizio sanitario nazionale è ormai profondamente indebolito e segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali. E con l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità si legittimerà normativamente la “frattura strutturale” Nord-Sud: il Meridione sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute».

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Alessandro Chiappetta

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