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L'ospedale San Carlo di Potenza

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POTENZA – Dall’1 gennaio passeranno da 123mila a 153mila euro lordi all’anno gli stipendi dei direttori generali delle aziende sanitarie di Potenza e Matera, Giampaolo Stopazzolo e Sabrina Pulvirenti, e dell’azienda ospedaliera regionale San Carlo, Giuseppe Spera. Mentre il dg del Centro oncologico regionale di Rionero (Crob), Gerardo Di Martino, dovrà accontentarsi di 150mila euro. Dovrebbero salire da 98 a 122mila euro all’anno, invece, i compensi dei rispettivi direttori amministrativi e sanitari.

È quanto deciso, martedì dalla giunta regionale guidata dal governatore Vito Bardi, dando attuazione a quanto stabilito in uno degli interventi inseriti nel disegno di legge “collegato” alla manovra finanziaria, approvata il 15 dicembre dal parlamentino lucano.

Nella delibera appena approvata si evidenzia che il nuovo livello retributivo dei supermanager sanitari lucani sarà «in linea con quanto stabilito da altre regioni». Con l’obiettivo di: «garantire al sistema sanitario regionale – per le rilevanti sfide future e gli impegnativi processi riorganizzativi in corso – una classe dirigenziale qualificata, motivata e adeguatamente remunerata, ove ne ricorrano le condizioni».

Tradotto: serve conquistare alla causa della sanità lucana professionisti che non accetterebbero di lavorare in Basilicata per meno di quello che guadagnerebbero altrove. Un obiettivo oltremodo impellente per Bardi e i suoi. Qualcuno disponibile a farlo, infatti, s’è sempre trovato. Sia dopo il 2003, quando la retribuzione del direttore generale del San Carlo è stata fissata in 139mila euro. Sia dopo il 2018, quando su indicazione della Corte dei conti è stata applicata una riduzione del 10% di quegli stipendi. Portandoli ai livelli attuali.

La cerchia degli aspiranti agli incarichi in questione, però, spesso si è limitata ai principali esponenti di quella dirigenza sanitaria “autoctona”, che è ancora considerata, in massima parte, troppo legata al cinquantennio di amministrazioni regionali di centrosinistra, interrotto due anni orsono. Di qui l’esigenza di attirare e promuovere anche professionalità di provenienza diversa, come peraltro sperimentato – per motivi simili – anche dalle ultime di quelle amministrazioni regionali di centrosinistra.

Sempre nella delibera appena approvata, Bardi e i suoi evidenziano, altresì, come «gli attuali livelli retributivi» dei direttori generali «determinano a cascata retribuzioni per il top management aziendali», che risultano «prossime se non addirittura inferiori a quello delle apicalità mediche che coordinano, con particolare riferimento a quelle di dipartimento».

Da gennaio quindi, tanto per citare uno dei casi più eclatanti, il vecchio direttore sanitario del Crob, Antonio Colasurdo, e il vecchio direttore amministrativo dell’istituto, Gianvito Amendola, dovrebbero essere raggiunti, a livello retributivo, dai loro successori, che sono entrati in servizio a luglio. Rispettivamente: il salernitano Luigi Mandia, già direttore sanitario dell’ospedale di Polla; e Giovannino Rossi di Sora, in provincia di Frosinone.

L’aumento del monte stipendi per i vertici amministrativi, però, non dovrebbe risolvere l’evidente duplicazione delle mansioni dei secondi e dei primi, dopo l’istituzione delle postazioni di capo dipartimento sanitario e capo dipartimento amministrativo assegnate, a settembre, a Colasurdo e Amendola, entrambi dirigenti di ruolo del Centro oncologico. Per affiancare i nuovi arrivati. Una duplicazione di ruoli, quella tra direttore amministrativo e capo dipartimento amministrativo e tra direttore sanitario e capo dipartimento sanitario, che non esiste nella maggior parte delle aziende sanitarie italiane. Né all’interno dell’Azienda ospedaliera regionale San Carlo, che di posti letto ne gestisce dieci volte tanti sparsi in 5 strutture diverse. Né nelle due aziende sanitarie territoriali di Potenza e Matera, che di posti letto ne gestiscono un altro migliaio sparsi per tutta la regione.

Da gennaio, ad ogni modo, anche questa dovrebbe costare circa 40mila euro all’anno in più. Agli inizi di dicembre l’inserimento nel collegato alla manovra finanziaria del provvedimento sulle retribuzioni dei direttori generali delle aziende sanitarie aveva sollevato critiche sia dalla maggioranza che dalla minoranza.

I consiglieri regionali Pd, Marcello Pitella e Roberto Cifarelli, e il capogruppo di Fratelli d’Italia, Giovanni Vizziello, in particolare, ne avevano contestato apertamente l’opportunità, chiedendone, inutilmente, il ritiro. Ad agosto dell’anno scorso, invece, la giunta aveva già approvato, e inviato al Consiglio regionale, un disegno di legge «urgente», ma poi rimasto lettera morta, per riportare le retribuzioni ai livelli precedenti al taglio disposto nel 2018.

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