L’avviso di seduta sospesa comparso ieri pomeriggio dopo i primi 3 scrutini per il rinnovo del presidente del Consiglio
5 minuti per la letturaPOTENZA – È di nuovo crisi nella coalizione uscita vincitrice dalle elezioni regionali del 2019. È questa l’immagine che è emersa dalla seduta del consiglio regionale convocata per il rinnovo dell’ufficio di presidenza del parlamentino lucano. Col tradimento, in aula, dell’accordo stretto a Roma tra i referenti regionali dei partiti di maggioranza per un secondo mandato del presidente uscente, il leghista Carmine Cicala.
A scatenare l’ammutinamento è stata la dichiarazione di astensione di Vincenzo Baldassarre, tornato “battitore libero”, e unico componente del gruppo Idea, dopo lo strappo con i Fratelli d’Italia, che l’avevano accolto in famiglia a febbraio dell’anno scorso, e l’esperienza come assessore all’Agricoltura nella sfortunata giunta del Bardi bis, varata il 12 marzo e affondata 16 giorni dopo (LEGGI).
Anticipando l’inizio del primo scrutinio a voto segreto, Baldassarre ha comunicato che non avrebbe ritirato la scheda non avendo ricevuto indicazioni sul voto da esprimere da chi di dovere. Un discorso evidentemente riferito alla coordinatrice regionale di Idea, la senatrice Maria Rosaria Rossi, come pure al governatore Vito Bardi e agli altri capigruppo di maggioranza concordi sul Cicala bis.
A seguire, quindi, è arrivata la richiesta del leghista Massimo Zullino, al governatore, per la sospensione del voto e la convocazione a stretto giro di una riunione di maggioranza. Con l’obiettivo di ricucire con Baldassarre e riconoscere a Idea il contributo offerto per la vittoria elettorale di 3 anni fa. Richiesta bocciata un attimo dopo dal neo-capogruppo del Carroccio nel parlamentino lucano, Pasquale Cariello, che ha sconfessato pubblicamente Zullino, peraltro vicesegretario regionale della Lega Basilicata, chiedendo che si procedesse col voto.
Il risultato è stato l’abbandono dell’aula da parte di Zullino e di un altro consigliere regionale leghista, Giovanni Vizziello, salito sul Carroccio meno di 3 mesi fa dopo i contrasti col suo partito di elezione, Fratelli d’Italia, grazie proprio all’intermediazione del primo.
Al momento dello spoglio, quindi, i voti raccolti da Cicala non solo non hanno raggiunto i 16 richiesti per l’elezione nei primi 3 scrutini, ma neanche i 13 di cui godrebbe la maggioranza uscita vincitrice dalle elezioni del 2019. E neppure gli 11 della maggioranza semplice che sarebbe sufficiente per l’elezione dal quarto scrutinio in poi. Il tutto nonostante il ritorno “alla base” dell’ex leghista Dina Sileo, che nei giorni scorsi pareva orientata per la scheda bianca.
Di fatto, al termine dei tre scrutini, le schede con l’indicazione del nome del presidente uscente si sono fermate a 9, mentre i 7 consiglieri d’opposizione presenti hanno optato per la scheda bianca, e una decima scheda riconducibile a un anonimo consigliere di maggioranza è stata dichiarata nulla. Una forma di protesta neanche tanto velata, quest’ultima, per chiarire a tutti, Lega in primis, l’indisponibilità a porre rimedio in continuazione ai problemi creati da altri, e invitare chi di dovere ad assumersi le sue responsabilità. Di qui la preferenza espressa, al primo e terzo scrutinio, per «Postiglione», da identificarsi in una personalità oltremodo ostile a Cicala come l’omonimo editore-imprenditore potentino, referente dell’impresa a cui prima dell’arrivo del presidente uscente era stata affidato l’appalto per l’animazione dei profili social del Consiglio.
Mentre al secondo scrutinio, apparentemente per ragioni di goliardia, il voto dell’anonimo consigliere è andato a un «Amato» identificabile con buone probabilità nello scrivente, tra i cronisti impegnati a seguire la diretta degli eventi.
Con la presa d’atto della situazione è arrivata, pertanto, la richiesta di sospensione della seduta, accolta da Cicala con un’indicazione di durata, al pubblico, di «10 minuti». Ma è soltanto 6 ore dopo che il presidente del parlamentino lucano è riapparso al suo posto per comunicare il rinvio della seduta alle 11 di oggi. Dopo una serie incontri in cui, tra l’altro, Zullino e Vizziello avrebbero recapitato al governatore la richiesta di rimettere mano alla giunta regionale, non sentendosi rappresentati dagli assessori uscenti. Inclusi i due leghisti Francesco Fanelli e Donatella Merra, e con tutto che quest’ultima sia da sempre particolarmente in linea con le posizioni di Zullino.
Respinta, quindi, la richiesta di un Bardi quater, che sarebbe la terza giunta regionale in meno di 2 mesi, è partito il tentativo di recuperare almeno Baldassarre.
Ma anche l’ex assessore ha posto come condizione per il suo voto la concessione di «garanzie» quantomeno sulla conferma come vicepresidente del Consiglio. Garanzie oltremodo difficili da concedere se si considera che nell’accordo raggiunto dai referenti dei partiti di maggioranza era previsto che quella vicepresidenza andasse a Forza Italia, mentre il ruolo di segretario ai meloniani. E che delle 3 presidenze di commissione una fosse assegnata ai meloniani e due alla Lega. Peraltro proprio ai dissidenti Zullino e Vizziello, che ora per qualcuno rischierebbero l’espulsione dal Carroccio. Avendo negato il loro voto a un compagno di partito come Cicala, disubbidendo alle indicazioni ricevute.
Veementi le proteste dell’opposizione che all’annuncio del rinvio della seduta hanno fatto sentire subito la loro voce.
«Tre giunte non sono bastate per risolvere i problemi di questa maggioranza». Ha tuonato l’ex governatore Marcello Pittella in aula. «Siamo a un’ennesima fumata nera e ancora offriamo uno spettacolo non edificante per politica e istituzioni».
Accuse pesanti seguite dall’invito alle dimissioni indirizzato a Cicala se anche oggi non dovesse essere eletto, perché «non possiamo essere ostaggio di questo teatro».
«Chiediamo al presidente Bardi di non cedere ai ricatti; prenda la decisione unica che gli rimane: dimissioni». Così in una nota congiunta, diffusa poco dopo la chiusura della seduta, Movimento 5 stelle, Pd, Italiva viva e Prospettive lucane. «E’ ora di porre fine a questa imbarazzante condizione di paralisi politica ed amministrativa che sta determinando conseguenze devastanti per la comunità di Basilicata».
«Nonostante la terza giunta varata del presidente Bardi non si trova la quadra – hanno aggiunto i partiti di opposizione – e intanto famiglie e imprese lucane sono alle prese con gli aumenti dei costi energetici. Il presidente è messo chiaramente sotto ricatto dai consiglieri della propria maggioranza. Nel frattempo atti amministrativi fondamentali come il bilancio regionale e tutto ciò che ad esso è collegato: dal destino degli enti connessi al pagamento dei fornitori, al nuovo piano sanitario, all’approvazione delle numerose leggi regionali, all’abbattimento delle liste d’attesa, sono cose che sembrano non interessare a questi signori».
Duro anche il segretario regionale del Pd, Raffaele La Regina, che ha evocato «la piazza ed il voto» per contrastare «la mortificazione delle istituzioni» e l’«immobilismo perenne della terza giunta Bardi».
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